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Da Genova partono i partigiani di pace contro la Guerra

Il messaggio che viene dalla piazza di Genova è un segnale più che positivo che chiama in causa tutti coloro che vogliono costruire un movimento contro la guerra.

Un appuntamento, che come ha ricordato Don Renato Sacco di Pax Christi introducendo l’incontro e la marcia verso Palazzo San Giorgio, sede dell’Autorità Portuale e ricordando chi ha promosso ed aderito all’iniziativa, mette insieme persone diversissime.

Don Renato Sacco cita Don Tonino Bello, vescovo di Molfetta e ex presidente di Pax Christi, per spiegare il senso di questa incoraggiante pluralità di voci, secondo cui la pace è la convivialità delle differenze.

Dai portuali del CALP agli scout cattolici dell’AGESCI, dalla Comunità di San Benedetto di Don Gallo ai focolari, dalla redazione di Contropiano all’osservatorio sulle armi The Weapon Watch per non citare che alcuni degli organizzatori è stato lanciato un messaggio contro la guerra e a favore della pace, facendo vedere come sia possibile costruire un “fronte” più ampio possibile, su parole chiare e non ambigue che non abbiano paura di disturbare i manovratori, cioè l’attuale esecutivo e le forze poiché che ne sostengono le scelte belliciste.

I contenuti esplicitati da tutti gli interventi sono chiari, ed hanno avuto come filo rosso – per così dire – il messaggio che l’attuale pontefice ha lanciato in questi anni ed ha ribadito anche in queste settimane, e nel suo intervento a Malta in questi giorni.

Di fronte a San Lorenzo, nonostante la la pioggia, una piazza colma che si è riempita dalle tre del pomeriggio ha assistito ed applaudito vigorosamente allo scambio ed alla firma della bandiera della pace del vescovo di Genova, padre Marco, dopo la sua consegna da parte di quello di Savona, Don Gero che l’aveva firmata già il 31 dicembre scorso.

Un gesto simbolico accompagnato dal discorso del vescovo di Savona e dalla lettura della preghiera di Papa Francesco da parte di quello di Genova. Quest’ultimo ha voluto ricordare come San Francesco ai tempi delle crociate, nonostante le pressioni contrarie, volle andare ad incontrare direttamente il Sultano.

Una esempio di come gli esponenti della Chiesa, ma non solo possano, nonostante le condizioni avverse, farsi promotori di una possibilità di risoluzione diplomatica dei conflitti.

Una chiara indicazione a chi tra la nostra classe dirigente ha preferito scegliere la strada della co-belligeranza piuttosto che quella della distensione.

Don Renato Sacco di Pax Christi, introducendo le relazioni ha letto un messaggio dell’attuale presidente nazionale della storica associazione pacifista cattolica, Giovanni Ricchiuti, vescovo in Puglia, che si è rivolto ai due vescovi.

Una adesione entusiasta all’iniziativa ed un saluto ai coraggiosi obiettori di coscienza al carico e allo scarico di navi che traportano armi.

Ma monsignor Ricchiuti fa un accenno critico a tutti quei soggetti – USA, Europa e NATO – che pensano che la soluzione al conflitto fratricida scoppiato il 24 febbraio sia l’invio delle armi all’Ucraina.

Una opzione, quella dell’invio alle armi, che ha trovato una maggioranza schiacciante in Parlamento in sostegno al decreto dell’attuale esecutivo, ma che incontra il consenso solo di una minoranza della popolazione così come certificano da più tempo i sondaggi, aggiungiamo noi.

Sintomo di come il Paese Legale vada da una parte, mentre quello reale vada da una altra.

Don Gero, intervenendo chiede un applauso a Papa Francesco perché se uno che sta giocandosi di persona e mettendoci la faccia in tutte le situazioni in questo tempo terrible è esattamente Francesco.

Una predicazione inclusiva che pone l’accento sulla giustizia sociale e l’attenzione agli ultimi, quella del pontefice, di cui ne sono testimonianza due encicliche come la Laudato Si e la Fratelli Tutti in cui è esplicitata non solo il rifiuto delle armi ma la costruzione di una cultura della pace, ricorda Don Gero. Una pace che deve partire dall’ascolto dei fragili e delle vittime.

Don Bruno Bignami, direttore dell’ufficio della CEI nazionale per la Chiesa italiana per la giustizia sociale ed il lavoro, porta il saluto del vescovo presidente di quella Commissione Don Luigi Renna, arcivescovo di Catania proprio sul tema delle armi.

L’antico motto latino, afferma amaramente Renna, si vis pacem para bellum evidentemente fa ancora scuola e ricorda alcune pagine della dottrina sociale della Chiesa a riguardo che anela ad un disarmo generale e controllato.

Don Luigi Renna ricorda come l’aumento delle armi minacci la stabilità e la pace. La produzione, la vendita e l’accumulo di armi crea solo una strategia del terrore ed una cultura della deterrenza che scoraggia ogni lungimirante tentativo di accordi, dice Renna.

Parole come pietre.

José Nivoi delegato della USB e membro del CALP, Carlo Cefaloni del movimento dei Focolari e di Economia Disarmata, Carlo Tombola di The Weapon Watch,  ed infine Daniela Ferrara dell’Agesci, hanno completato gli interventi.

Nivoi, ricorda le tappe di questa lunga lotta contro il traffico di armi, a cui tutte le autorità interpellate per il rispetto della legge – tra cui la 185/90 – nonché l’applicazione dell’articolo 11 della Costituzione che ripudia la guerra – , non hanno di fatto risposto rimpallandosi le responsabilità l’uno all’altro.

E rammenta anche l’inchiesta per associazione sovversiva, tutt’ora in corsa, che ha al centro la lotta dei canali contro il traffico d’armi.

Critica la scelta dell’aumento delle spese militari e dell’invio alle armi con parole chiarissime, ricevendo gli applausi più lunghi e sinceri.

Cefaloni cita La Pira secondo cui: se non andiamo ad incidere sulle leve finanziarie ed economiche, non ci resta altro che la magra podestà delle prediche.

Un economia che uccide in tanti modi, quella attuale, che compie scelte strategiche per cui si investe in armi piuttosto che articolari pozioni importanti per il nostro territorio.

Cefaloni poi ricorda come sia il frutto di scelte politiche precise a Genova l’avere smantellato pezzi strategici di settori produttivi moltiplicatori di occupazione e di sviluppo tecnologico prediligendo la filiera militare, che non ha lo stesso impatto occupazionale.

Carlo Tombola, fondatore dell’osservatorio The Weapon Watch, che ha svolto un lavoro fondamentale per disvelare il flusso di merci militari in costante contatto con i lavoratori, annuncia la prossima iniziativa dei Fari di Pace a La Spezia dove c’è un importante produzione militare, c’è una sede dell’arsenale militare e della marina militare italiana e reitera la promessa di monitorare i flussi di armi nei porti.

Ricorda i contenuti della lettera che verrà consegnata poi, con la marcia, all’Autorità Portuale: rispetto della 185/90 ed il rispetto del trattato internazionale sulle armi convenzionali, informazione pubblica per la sicurezza dei lavoratori e dei cittadini che abitano  vicino al porto sulla natura del carico delle navi che trasportano armi ed esplosivi di grande quantità e di grande potenza.

Ha concluso gli interventi prima della marcia, Daniela Ferrara, capo guida dell’Agesci venuta a Genova per partecipare a questo momento, che ha ricordato come tale associazione si ritiene responsabile per gli effetti che tale situazioni ha per i bambini e le bambine per un futuro non soltanto di pace ma di assenza di conflitto.

Da Genova, quindi parte, anzi prosegue, un movimento contro la guerra plurale e chiaro nei suoi contenuti che è un pugno nello stomaco a quelle politiche, anche locali, che hanno messo l’elmetto.

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