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Draghi, il “commissario euro-atlantico” che si mangia i partiti

Occuparsi della politica italiana comporta diversi rischi. Il primo, e più comune, è quello di immergersi e restare nel gossip. Ossia in quella ridda di parole, dichiarazioni, ammiccamenti, smentite, che fanno diventare “la politica” un succedersi di faccende personali tra individui chissà perché piovuti in Parlamento o al governo.

Il secondo – certamente più grave – è quello di non vedere la realtà dei rapporti di potere che sovrintendono alle dinamiche politiche nazionali.

Bisogna perciò in qualche misura ringraziare il sociologo Domenico De Masi che, intervistato da Il Fatto, ha reso nota la pressione di Mario Draghi su Beppe Grillo affinché facesse in qualche modo fuori Giuseppe Conte da “capo politico” dei Cinque Stelle.

Per la cronaca, la smentita di Draghi è arrivata solo 12 ore dopo, quando lo “scandalo” era ormai esploso. Il che, per le abitudini di qualsiasi governo o partito, equivale ad un’ammissione, più che a una smentita. “Atto dovuto”, insomma, ma non convincente…

Come i nostri lettori sanno non siamo mai stati teneri né con i Cinque Stelle, né con Giuseppe Conte, né con Beppe Grillo. Ma certo quel movimento aveva raccolto – in modo deviato e banale, “populista” nel senso più deteriore – una domanda di rappresentanza politica di interessi sociali che gli altri partiti non potevano coprire.

E quel pochissimo che erano riusciti a fare nei due governi presieduti da Conte – un reddito di cittadinanza ampiamente al di sotto delle necessità, un “decreto dignità” che non ha neanche sfiorato lo strapotere delle imprese sui lavoratori, ecc – è stato comunque vissuto con un fastidio immenso dal mondo delle imprese e dai poteri europei.

Nel nostro piccolo, avevamo visto subito che “l’ascesa di Draghi a Palazzo Chigi” era il suggello di un’operazione di restaurazione, condotta dalla borghesia europea – che comprende anche la fascia più “elevata e internazionalizzata” di quella italiana – con l’obiettivo esplicito di “ridisegnare” il modello produttivo italiano in funzione delle filiere produttive continentali.

Nonché di revisionare pesantemente la struttura istituzionale dello Stato a suon “riforme” collegate agli obiettivi del Pnrr.

Era stato quindi abbastanza facile vedere in Draghi un “commissario” che avrebbe cercato fra l’altro di selezionare una nuova classe politica, pescando tra i più “affidabili” e “disponibili” delle varie formazioni in sfacelo, cui affidare il compito di mantenere la nave sulla rotta fissata.

La stessa ricostruzione che fa oggi Marco Travaglio di quest’ultimo anno e mezzo parla giustamente di “operazione golpista”, elencando come e quando Pd, Lega e Cinque Stelle sono stati smontati e rimontati nel modo più adatto allo scopo.

Per questi ultimi, in particolare, lo smontaggio deve arrivare fino all’eliminazione. Facile capire che Luigi Di Maio è stato “convinto” piuttosto rapidamente, e che anche Grillo – in crisi di idee – oscilla continuamente tra continuità e liquidazione di un’esperienza troppo “tenera” per reggere nel mare infestato di squali.

I punti che ci sembrano rilevanti, per un’opposizione popolare degna di questo nome, sono almeno due.

Il primo è come funziona il potere, in questo continente. Telefonare a Grillo perché si liberi di un suo “collaboratore” prestigioso (due volte presidente del consiglio, comunque lo si giudichi) rivela un metodo. Che consiste nel rovesciamento completo tra poteri esecutivi, decisionisti, e dialettica politica, quella che dovrebbe esistere tra popolazione e Parlamento, per il tramite di partiti, ecc.

La frase agghiacciante con cui Draghi si è rifiutato di subordinare le sue scelte sull’invio delle armi in Ucraina al voto dell’aula, né ora né in futuro («Impossibile: vorrebbe dire che il governo è commissariato dal Parlamento»), è l’esplicitazione di una cultura tecnicamente golpista. Che esclude categoricamente che possano esser fatti valere interessi diversi da quelli dominanti.

E’ la dichiarazione di morte per quella “democrazia parlamentare” di cui ci si riempie la bocca ogni volta che, non a caso, bisogna fare la guerra a un nemico.

Il secondo punto, fondamentale nei prossimi mesi, è che non ci può essere nessuna contaminazione possibile tra qualcuno dei “partiti” che si riconoscono nell’”euro-atlantismo” capitanato da Draghi (tutti quelli presenti in Parlamento, a parte alcune frange sparse dell’ex galassia grillina) e il movimento sociale-politico che va componendosi faticosamente per creare un’alternativa pacifista, ambientalista, di giustizia sociale.

E se, a sinistra, è per tutti scontato che non si possa né debba interloquire con il fascioleghismo, è meno chiaro – per alcuni – che questo non può avvenire neanche con il Pd. Ossia con il comitato elettorale che più di tutti è profondamente sintonizzato sull’euro-atlantismo guerrafondaio.

Siamo in tempi di guerra, il potere che sorride lo fa per nascondere la dentatura da predatore.

E’ ora di liberarsi delle subculture dei decenni passati. Quelle fermentate sull’illusione che la Storia fosse finita e che restasse solo da “aggiustare” le storture più evidenti.

Chi si illude, non ha futuro.

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6 Commenti


  • Pasquale

    Il progetto di commissariare l’Italia da parte dell’alta borghesia internazionale partorisce sul panfilo ‘Britannia’. Ma prima di dare esecuzione al disegno bisognava addormentare le coscienze e addomesticare la classe politica e sindacale per azzerare il conflitto sociale. Ora sono pronti.


  • Sergio

    Scusa Pasquale ma quindi secondo te il ‘potere’ è in grado di “addormentare” le masse? Questo vuol dire che la lotta di classe non è ‘inevitabile’ in sistemi capitalisti…queste letture non mi hanno mai convinto; sono più legato all’interpretazione che l’umanità agisce indipendentemente dalla sua coscienza. Saluti


  • Giovanni

    La coscienza di classe non e’ indipendente dal grado di consapevolezza che le masse possono avere circa la condizione storica esistente.
    Dopo 30 anni di deregulation socio- economica e culturale, adesso il Capitale affonda la lama in un popolo allo sbando, facilmente ricattabile e corruttibile.
    E anche questa e’ storia d’ Italia….


  • Eros Barone

    Due osservazioni all’articolo di Dante Barontini, che leggo sempre con interesse anche quando mi trovo a dissentire dalle sue tesi o a correggere taluni suoi errori. La prima concerne il caso penoso di un ‘partito-marmellata’ quale è il Movimento 5 Stelle, coacervo interclassista, più qualunquista che populista, espressione di un generico malcontento verso la cosiddetta “casta” dei politici, di cui ben presto ha finito col fare le spese a parti invertite, come accadde al suo omologo storico, il Fronte dell’Uomo Qualunque, fra la metà degli anni Quaranta e l’inizio degli anni Cinquanta del secolo scorso. Pur presentandosi come forza di rottura con il sistema, il Movimento 5 Stelle ha dimostrato infatti di essere totalmente incapace di condurre una lotta organizzata contro il regime borghese e perciò non è stato in grado di risolvere nessuno dei fondamentali problemi economici, sociali e politici del paese, cosicché dopo l’esperienza compiuta alla direzione o all’interno degli ultimi governi borghesi la sua intrinseca natura trasformista l’ha portato inevitabilmente a disintegrarsi diventando, nel migliore dei casi, il serbatoio di un nuovo, anche se scadente, personale di servizio per l’oligarchia finanziaria (cfr. Di Maio). Ben diverso è invece il caso del partito neofascista Fratelli d’Italia, la cui crescita si sviluppa a ritmo esponenziale in corrispondenza con il ciclo reazionario che è proprio del nostro paese, in cui gioca un ruolo importante non solo il declassamento di vasti strati della piccola borghesia tradizionale, ma anche l’orientamento sempre più duramente reazionario e brutalmente repressivo di nuovi strati della media e della grande borghesia: un ciclo reazionario che, in nome della progressiva limitazione dei diritti economici e sociali della classe operaia e all’insegna della utilizzazione del neofascismo in chiave di controrivoluzione preventiva, si dispiega anche e soprattutto a livello europeo. Il nazionalismo, il sionismo, il neofascismo, il nazismo e il socialfascismo, come dimostra la guerra in Ucraina, costituiscono oggi, per i gruppi dirigenti del capitalismo monopolistico e per le relative istituzioni (Stati europei, NATO e UE), un arsenale di armi utili per ingannare, intimidire, colpire e reprimere i movimenti popolari e di classe, dovunque questi si manifestino: dal Donbass all’Ecuador, dalla Francia all’Italia, dalla Polonia ai Paesi baltici, dagli USA alla Turchia, dalla Siria alla Palestina.


  • Giancarlo staffo

    Alla prova dei fatti le sinistre europee, Siryza, Podemos e Rifo si sono sempre sottomesse al ricatto euroatlantico. Ora serve rottura traumatica per ripartire.


  • Claudio

    Le analisi politiche sono spesso corredate da personalismi , del mettiamoci noi al posto degli altri dato che siamo migliori . Occorrono risposte concrete a problemi concreti :
    1. Corruzione.
    2. Mafie
    3. Diseguaglianze
    (Un esempio di tanti : il 110 ha favorito i più ricchi )
    4 Pensioni
    5. Catasto ( frequentavo ,come tecnico ,gli uffici già quaranta anni fa , sostenevo che le pratiche erano per lo più assurde ,e costavano al cittadino almeno il triplo )
    6. Lavori precari
    7. Inflazione
    8. Guerra in Europa – egemonia mondiale – sovrappopolazione – ambiente
    9. Salute pubblica ( chi ha i soldi si cura gli altri no )
    10 Debito pubblico

    Va be , un elenco infinito .
    Non vorrei sembrare qualunquista , da giovane ho partecipato a mille riunioni dove scaturivano mille analisi , alla fine un parlare a vuoto ,. quel Catasto è rimasto quello che era tranne l’uso del computer che migliora l’esecuzione delle pratiche ma se le pratiche erano assurde tali rimangono .
    Rileggendo il commento cambierei la critica sulle analisi ma al momento lo invio così .

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