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“Ombre rosse”, un orribile film vittimario

Dopo la sentenza pronunciata da la Chambre de l’Instruction della Corte d’Appello di Parigi, che il 29 Giugno ha negato l’estradizione per i dieci ex guerriglieri appartenuti, negli anni ’70, a formazioni comuniste combattenti – e da oltre quarant’anni rifugiati in Francia – l’Eliseo ricorre in Cassazione.

Per motivi squisitamente politici, ma soprattutto su pressione del Governo italiano (che aveva esaurito le possibilità legali).

Va ricordato, infatti, che tanto il Presidente Mattarella quanto la Guardasigilli Cartabia, si erano assunti il compito ‘inderogabile’ di riportare in Italia i dieci dell’operazione Ombre Rosse.

Ovverosia Giorgio Pietrostefani, l’ex membro dei ‘Nuclei Armati di Contropotere Territoriale’ Narciso Manenti, l’ex militante di ‘Autonomia Operaia’ Raffaele Ventura, l’ex militante dei ‘Proletari Armati’ Luigi Bergamin e gli ex brigatisti Enzo Calvitti, Giovanni Alimonti, Roberta Cappelli, Marina Petrella, Sergio Tornaghi, Maurizio Di Marzio.

Tutti ultrasettantenni o quasi, da decenni integrati socialmente nella comunità francese, con lavoro e famiglie. Ma soprattutto, lontani anni luce da quei fatti e da quegli eventi.

Fatti ed eventi che avrebbero dovuto trovare, da tempo, una soluzione politica e culturale. Ma che invece ridestano, periodicamente, vindice sete di sangue, da parte di uno Stato talmente debole sul piano democratico da essere costretto a mettere le manette finanche alla Storia.

Evidentemente, Mattarella e la Cartabia volevano imitare rispettivamente Ringo (nel  film omonimo, Ombre Rosse, interpretato da John Wayne) che, con ostinata volontà, intende compiere la sua vendetta; e Dallas, la donna che il primo sposerà. Ridicolo solo a pensarci.

Al netto delle ironiche allusioni cinematografiche, tuttavia, si tratta di una faccenda piuttosto seria. Che rischia di creare un precedente giudiziario pericoloso e un vulnus alla libertà della persona molto grave.

La Francia, infatti, che si è sempre contraddistinta per la cosiddetta Dottrina Mitterand, studiata al fine di concedere asilo a persone imputate o condannate – non solo italiane – o ricercate per atti di natura violenta ma di natura politica, potrebbe mettere una pietra tombale su un diritto ritenuto oramai inalienabile.

E per tutelare il quale, i giudici della Corte di Appello parigina hanno invocato gli articoli 8 e 6 della Convenzione europea dei diritti umani, sul rispetto della vita privata e familiare e sul diritto ad un “processo equo”.

Insomma, se la Cassazione accoglierà il ricorso, riformando la sentenza di Appello, sarà la sete di vendetta a prevalere. Non la Giustizia!

E la prossima volta, si arresteranno, con ogni probabilità, anche le bare di chi fu condannato, oltretutto in contumacia, per reati politici.

Una vergogna essa sì, senza appello.

E questo perché nel nostro paese, come nei paesi islamisti radicali, dove vige la Shari’a, non è lo Stato di Diritto a regolare il vivere sociale ma lo “statuto di vittima”.

Quello che Daniele Giglioli definisce paradigma vittimario.

Una vera e propria ideologia della vittima che, come scriveva Adriano Prosperi sul Manifesto: «si compone di ingredienti come l’ossessione identitaria in opposizione al mutamento, e il culto della memorialistica in contrasto col divenire della Storia».

Efficace supporto al populismo forcaiolo, questa falsa coscienza «Ha una inconfondibile coloritura affettiva. Si nutre dell’immaginario del dolore e della morte. Esalta l’eroismo del patire, deprime la volontà di agire. Coltiva l’ossessione della Shoah e del fantasma di Hitler come metro di misura e paradigma finale obbligatorio di ogni discorso sul mondo.

Qui la storia è inattuale, al suo posto si insedia la memoria. Memoria significa soggettività e sofferenza.

Da qui il moltiplicarsi delle giornate della memoria, con l’invito a sentirsi in debito di sofferenza per le vittime: quelle della Shoah, quelle delle foibe, quelle delle mafie, quelle del terrorismo interno e internazionale.

Nel dolore ritualizzato del ricordare, al silenzio delle vere vittime si sostituisce la grancassa delle retoriche commemorative: chi parla in nome delle vittime si appropria della memoria, ne diventa l’eroe sofferente».

Mattarella, Cartabia e altri esponenti istituzionali italiani si ergono dunque a paladini delle vittime di un’epoca che, se ha visto l’uccisione di esponenti dello Stato da parte di Brigate Rosse e altre organizzazioni armate, ha però anche visto spargere sangue civile e innocente.

Non da parte di quelli che la democrazia liberale italica – in questo sostenuta anche dagli ex Pci, i più feroci manettari da sempre – connota come “fanatici sociopatici” rossi (la definizione è del professor Orsini, ora investito dallo stigma di “putiniano” nonostante i servizi resi alla costruzione del “paradigma vittimario”).

Nossignore. Quel sangue fu versato da parte dell’unico, vero soggetto terrorista in campo, durante quella che fu, a tutti gli effetti, una guerra civile a bassa intensità.

Lo Stato Italiano!

Quello stesso Stato che oggi si arroga, proditoriamente e pervicacemente, l’ultima parola sulle vittime. Distinguendone rigorosamente la categoria.

Vittime da ricordare e commemorare. Vittime da relegare tra i buchi neri del Tempo.

Noi qui, pur deprecando il metodo comparativo, per cui si confrontano in peggio i disastri commessi da ciascuno dei due termini di paragone, vorremmo proprio rivolgere un pensiero alle vittime trucidate dallo Stato.

Quelle di cui la società civile è costretta a non avere memoria.

Ci sembra quasi doveroso, di fronte a tanto accanimento giudiziario contro delle persone ormai anziane e pienamente “recuperate alla vita civile” (che è poi il fine di ogni pena, dentro la cultura giuridica liberale).

E allora vorremmo ricordare i morti sventrati dalle bombe di Piazza Fontana, di Piazza della Loggia, dell’ Italicus.

Quelli della Stazione di Bologna, di Ustica, del Rapido 904.

E ancora, quelli della Strage di Battipaglia, dell’ Eccidio di Avola, della Strage di Reggio Emilia, della Strage alla Questura di Milano.

Sangue versato dalla volontà criminale di uno Stato, deciso a fermare, per conto del padronato e delle borghesie – con il contributo della manovalanza neofascista e mafiosa – l’avanzata del movimento operaio e studentesco, le conquiste progressive sul piano dei diritti del lavoro, e il desiderio di trasformazione sociale che prorompeva dalle fila dei movimenti giovanili, a partire dal ’68.

Il tutto, con la sovrintendenza Usa e la collaborazione della Cia.

Vogliamo parlare qui dello stupro di Franca Rame. Ordinato dai vertici della Caserma Pastrengo di Milano, nelle persone dei generali Giovanni Battista Palumbo e Vito Miceli. Quest’ultimo, futuro capo del SID (poi Sisde, ora Aisi).

Vogliamo ancora imprimere nella nostra memoria gli omicidi di Giorgiana Masi, di Saverio Saltarelli, di Roberto Franceschi, di Francesco Lorusso.

Tutti uccisi dalle tanto a(r)mate forze di polizia!

Vogliamo sottolineare, con decisione e con rabbia, le poco “democratiche” modalità di ingaggio, con cui furono assassinati alle spalle Walter Alasia e Margherita Cagol.

Vogliamo, caparbiamente e dolorosamente incidere, con lettere di fuoco, sulle pagine di Storia del movimento operaio e rivoluzionario, gli omicidi commessi da quel macellaio che risponde al nome del generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, nel carcere di Alessandria

E quelli dei compagni trucidati a sangue freddo, dopo essersi arresi, a Via Fracchia, sempre dai di lui valorosiuomini. Annamaria Ludmann, Lorenzo Betassa, Piero Panciarelli, Riccardo Dura.

Vogliamo parlare di Carlo Giuliani, Stefano Cucchi, Giuseppe Uva, Federico Aldrovandi.

Non intendiamo sorvolare sulle torture – già ricordate da molti militanti delle formazioni comuniste combattenti, anche in un documentario andato in onda su Sky poco tempo fa – compiute sui corpi inermi di donne e uomini, compagne e compagni principalmente delle Br, con metodi da Gestapo, da parte dei nuclei speciali della Polizia.

Elettrodi sui genitali, mazze nella vagina, capezzoli strappati, bruciature di sigarette, waterboarding.

Non tralasceremo le violenze praticate dai Gom nelle “lussuose e progressiste” carceri italiane. E nella Cella Zero di Poggioreale.

Come non intendiamo, ovviamente, fare sconti o chiudere gli occhi sulle migliaia di morti sul lavoro. Di cui, chiaramente, nessuno risulta responsabile, in questo barbaro sistema capitalistico!

Come pure, non dimentichiamo le democratiche e amorevoli missioni di pace che, in giro per il mondo, il nostro governo compie, massacrando migliaia di innocenti.

Ovvero, i lager in cui chiediamo di rinchiudere, a dittatori la cui crudeltà varia a seconda dei nostri interessi, eventuali migranti. Che lì, trovano poi morte, dolore e stupri.

Dimentico sicuramente molto. Omicidi, torture, violenze, stragi, attività repressive, guerre; il tutto compiuto in punta di diritto e con democratico afflato umanitario!

Soprattutto, orrori per cui quasi mai nessuno ha pagato. O, se ha pagato, è stato un prezzo irrisorio.

Lo Stato, si sa, si autoassolve!

Ecco. Il mio, il nostro pensiero va a queste vittime.

Evidentemente, vittime di serie C, D, fino alla Z (mi scuso per il segno grafico all’indice: andrebbe estradato dalla Russia e incarcerato anch’esso) che la buona borghesia e le anime belle di questo paese non contemplano.

Anzi c’è chi, per difendere la richiesta di estradizione avanzata dallo Stato italiano nei confronti della Francia, blatera ad minchiam penis, asserendo che chi non ritiene il nostro ordinamento conforme alle regole, dovrebbe deferirci agli organi internazionali preposti.

Ebbene, ci hanno deferito. E così l’Alta Corte di Strasburgo per i Diritti Umani ha condannato l’Italia per il 41 bis.

Un dispositivo giudicato disumano e anticostituzionale. Considerando che la Carta, sulle finalità della pena, prevede ben altro. Come, ad esempio, il reinserimento nel consesso sociale e produttivo.

La verità, in definitiva, è che siamo un Paese sadico e perverso.

Un Paese cattolicamente ipocrita e viscido, che non è mai uscito dall’epoca dell’Inquisizione e dei Torquemada. Di cui molti nostri concittadini, e la quasi totalità dei rappresentanti istituzionali, costituiscono una perfetta reincarnazione.

Ergo, ci facciano e si facciano un favore, costoro. Prima di emettere sentenze o parlare a vanvera, contino fino a 10. Riflettano, studino, prendano lezioni di filosofia morale e di etica del diritto.

Si interroghino sull’etica politica e la democrazia. E poi, alla fine, si tacciano.

La Storia ha le sue macerie che neanche il Tempo può ricomporre.

Se non, forse, un barlume di raziocinio e di verità. Verità, di solito, non contemplata nei salotti dei vincitori!

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1 Commento


  • enzo+guida

    tra i tanti ricordati giustamente , ricordiamo l’inizio del ‘900 con i cannoni di Bava Beccaris in piazza a Milano ,ma dopo 20 anni ci fù la nascita del partito comunista italiano , oggi nel 2022 , per il futuro si vede solo una palude politica.Enzo Guida

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