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Ancora bloccati i reporter italiani in Ucraina. Meloni e Farnesina fanno finta di niente

“Sono ormai diversi giorni che i due reporter italiani, Andrea Sceresini e Alfredo Bosco, sono bloccati a Kiev senza gli accrediti stampa, necessari per potere lavorare e muoversi nelle zone del conflitto. Non è accettabile che a giornalisti vengano tolti gli strumenti di lavoro senza neanche fornire adeguate spiegazioni. Auspichiamo che – grazie anche all’impegno dell’Ambasciata italiana in Ucraina – si arrivi quanto prima ad una rapida soluzione in modo da poter garantire loro, nostri connazionali, condizioni di sicurezza e agibilità per poter svolgere il loro lavoro”.

A scriverlo, in una dichiarazione congiunta, sono  Carlo Bartoli, presidente del Consiglio nazionale dell’Ordine dei giornalisti, Alessandra Costante segretaria della Federazione Nazionale della Stampa Italiana, e Vittorio Di Trapani, nuovo presidente della Fnsi.

Ma i giornalisti italiani bloccati dai servizi di sicurezza ucraini (il famigerato SBU) sono più numerosi dei soli Alfredo Bosco e Andrea Sceresini. Ci sono infatti anche Salvatore Garzillo e Lorenzo Giroffi, ma pare che nella blacklist di Kiev ci siano almeno otto giornalisti italiani. Salvatore Garzillo, stava per entrare in Ucraina dalla Polonia e ha scoperto di essere in una “black list” che non gli consentiva di entrare nel Paese per i prossimi cinque anni, senza motivazioni ufficiali.

In diversi casi sono giornalisti freelance dalla comprovata esperienza, che hanno raccontato il conflitto dal lato ucraino ma anche – ed è questa probabilmente la loro imputazione da parte degli apparati di Kiev – dal lato delle repubbliche indipendenti del Donbass.

Le Tv e i giornali italiani ci hanno abituato al fatto che la  guerra vada raccontata da un lato solo del fronte – quello di Kiev – ma in quel caso è diventata mera propaganda. L’informazione, al contrario, è bene che sia riportata da entrambi i lati del fronte. Non solo è più interessante, è anche più utile.

 

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