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Più della metà dei lavoratori giovani guadagna meno di 7 euro l’ora

Chi parla contro il salario minimo sa di dire un’infamia. A confermare che la situazione dei salari gridi ormai vendetta, è una indagine condotta dalla Federcontribuenti secondo cui “Il 54% dei 30enni italiani guadagna meno di 7 euro netti l’ora e ci sono troppi part-time e apprendisti fini a 29 anni”. Dall’indagine emerge che “il 48% di questi si dice sfruttato da orari fuori busta paga e spesso non pagati come straordinario nemmeno in nero. Questi giovani sono senza un salario adeguato né, tanto meno, continuativo: 6 mesi lavori, 6 mesi no e quando lavorano guadagnano in media 100/120 euro netti a settimana”.

Secondo il rapporto della Federcontribuenti, “l’11% della popolazione italiana, quella fascia di età che va dai 28 ai 35 anni e che dovrebbe essere da traino per lo sviluppo economico e le pensioni future è invece del tutto tagliato fuori dal Paese. Laureati o meno, meritocrazia o meno in Italia, che ricordiamo è il Paese dell’area Ue con gli stipendi più bassi, il lavoratore dipendente viene sfruttato e maltrattato da quegli stessi contratti nazionali voluti e sostenuti da chi proprio non riesce a fare il proprio dovere di politico e garante”.

L’indagine segnala poi come il boom dei contratti part time, 1,3 milioni, vede altrettanti giovani lavoratori e lavoratrici privati della possibilità di affittarsi una casa e mettere su famiglia. “Inutile parlare di decrescita demografica – si legge nella nota dell’associazione dei consumatori – per mettere su famiglia occorre un lavoro stabile e uno stipendio adeguato; i voucher sono uno strumento meschino che piega la dignità del lavoratore stesso” sottolinea la Federcontribuenti.  Se poi si passa ad esaminare agli estratti contributivi, l’impatto su un futuro di miseria diventa decisamente pesante “Quando si fa un estratto contributivo il 60% di chi si presenta è condannato a una pensione sociale misera come misero è il numero di chi si può’ permettere una pensione contributiva, solitamente impiegati statali”.

Ma se il lavoro dipendente piange, anche il lavoro autonomo non ride di sicuro. Esaminando la situazione delle Partite Iva, l’indagine della Federcontribuenti parla “di una vera ed e propria strage degli autonomi in fallimento, in particolare nel nord-est, con un +68%. Nemmeno piu’ l’imprenditore riesce a metter via uno stipendio adeguato e questi tagli sul costo del lavoro o sul cuneo fiscale accrescono la rabbia”. Federcontribuenti si dice, di nuovo, scontenta delle ultime manovre: “Tutti i contratti di lavoro esistenti dovevano servire da fondo per la brace di Pasqua e invece si continua beatamente lasciare che un 29 enne si senta o veda costretto a firmare un contratto part-time per lavorare invece come un mulo e senza potersi permettere nemmeno una stanza arredata. Tutto questo mentre, di nuovo, tornano a crescere gli stipendi per tutti manager pubblici e privati che fanno utili o voti sulle vesti stracciate della popolazione”.

Il 26 maggio l’Unione Sindacale di Base ha convocato uno sciopero generale che rimette al centro proprio la questione salariale, sia in termini di congrui aumenti per chi lavora sulla base dei contratti nazionale, sia per l’introduzione del salario minimo orario per chi è costretto o è stato precipitato nel gorgo del crescente “lavoro povero”. Quella salariale, nel nostro paese, è una emergenza pluridecennale alimentata da un combinato disposto tra scelte dei governi e complicità di CgilCislUil.

 

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1 Commento


  • Daniel MARTIN

    Al posto “da un combinato disposto tra scelte dei governi e complicità di CgilCislUil.”, avrei scrito : “complicità di responsabili, dirigenti, di CgilCislUil.” Non è la base che ha invitato la Meloni al congresso della CGIL.
    Da.

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