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Inquisiti D’Alema e Profumo. Tutto lo sporco, prima o poi, viene al pettine

Lo so bene che, in Italia, giusto o meno che sia, il giudizio definitivo circa le responsabilità penali di un qualsiasi cittadino/a arriva dopo tre gradi di giudizio. Dunque, se sia stato o meno, Massimo D’Alema ad offrire i 40 milioni ai funzionari colombiani perché quest’ultimi comprassero costosissimi e raffinatissimi armamenti dalla italiana Leonardo Finmmeccanica, il cui AD, all’epoca era il suo amicone, Alessandro Profumo, allo stato attuale, è solo un ipotesi accusatoria della Procura di Napoli che sta svolgendo queste indagini e non da ieri.

Tuttavia, quel che fa specie è che, sempre secondo quella procura, nell’affare con i colombiani con al centro una colossale vendita di armamenti di vario tipo, è un fatto già accertato che D’Alema «si poneva quale mediatore informale nei rapporti con i vertici delle società italiane, ossia Alessandro Profumo quale amministratore delegato di Leonardo e Giuseppe Giordo quale direttore generale della divisione navi militari di Fincantieri».

Certo, da chi, in qualità presidente del Consiglio, insieme ai paesi di quella alleanza di banditi internazionali ancora in piedi quale è la #NATO, tra il 24 marzo 1999 ed il 10 giugno 1999, autorizzò il bombardarmento della ex Jugoslavia che andò avanti per due mesi e mezzo di fila, facendo strage di civili e distruggendo tutte le principali infrastrutture del paese, c’era d’aspettarselo che avesse mantenuto nel tempo una spiccata passione per il settore.

Meno facile capire chi, fino all’altro ieri, continuava a tenerlo come interlocutore privilegiato per un fantomatico progetto di rilancio di un’area politica di sinistra in Italia. Peraltro non ho mai capito se costoro fossero in malafede o soltanto parecchio smemorati visto che il governo che guidò D’Alema tra il 1998 ed il 1999 era sostenuto da una maggioranza di cui facevano parte il CDU di Rocco Buttiglione e, udite udite, l’UDR di Francesco Cossiga.

Per chi all’epoca non c’era oppure era un bambino, Cossiga, da ministro dell’interno, il giorno dopo l’assassinio da parte della polizia dello studente Francesco Lo Russo, avvenuto l’11 marzo del 1977, inviò a Bologna i carri armati (ripeto, i carri armati). Non ancora contento, il 12 maggio del 1977, a Roma, sguinzagliò, invece, le sue particolarissime squadre speciali a sparare su un corteo pacifico indetto per sfidare il divieto di manifestare, in occasione dell’anniversario della vittoria referendaria sul divorzio uccidendo Giorgiana Masi, una giovane compagna scesa in piazza insieme a tante e tanti altri.

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1 Commento


  • Claudio

    E menomale che secondo la Costituzione l’Italia ripudia la guerra come mezzo di soluzione delle controversie internazionali. ……Ma forse Italia è scritto con la i minuscola

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