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Napoli. Omicidi sul lavoro, il ricordo di Luana

E’ stato estremamente forte nei contenuti ed emozionante nella ricezione collettiva l’accorato intervento di Alberto Orandi – il compagno della lavoratrice toscana Luana D’Orazio “assassinata dal lavoro” in un opificio toscano nei mesi scorsi – intervenuto, a Napoli, all’incontro organizzato da Potere al Popolo e Unione Sindacale di Base.

Alberto ha ben rappresentato un atto – il suo pezzo di tragedia umana e sociale – di un dramma che, purtroppo, si consuma quotidianamente nel nostro paese nel complice silenzio delle istituzioni e nella palese omertà dei cosiddetti organismi preposti ai controlli della sicurezza del lavoro e dei lavoratori.

Ascoltare come in una giornata normale di fatica – all’improvviso – perdi la tua compagna, il tuo marito, il tuo amico o tuo figlio è stato un potente corroborante per segnalare la urgente necessità di rilanciare, dappertutto, la raccolta di firme per introdurre nel nostro ordinamento penale il reato di Omicidio sul Lavoro.

Una raccolta di firme – una vera e propria campagna politico/sociale – che fino a fine gennaio 2024 (termine ultimo per la raccolta firme) dovrà vedere il massimo impegno, nei posti di lavoro, nei quartieri e nell’intera società, degli attivisti politici, sociali e sindacali.

Nel corso del dibattito sono interventi le compagne Maria Pia Zanni e Francesca Borgese, due lavoratrici, nonché dirigenti sindacali USB, che hanno evidenziato le variegate condizioni di degrado e di palese illegalità che in molti posti di lavoro si registra a proposito delle condizioni di salubrità di sicurezza e di rispetto dei già “disinvolti” protocolli di sicurezza.

Le compagne hanno sottolineato che, frequentemente, questa condizione non è limitata esclusivamente ad alcuni comparti economici e produttivi oppure al solo vasto universo del lavoro “nero e grigio” ma – oramai – anche in segmenti “più accorsati” delle filiere economiche si palesano omissioni e aggiramenti delle norme di sicurezza. 

Anzi – con l’incrudirsi dei fattori di crisi e delle accresciute esigenze della competizione selvaggia in atto nel mercato – gli omicidi sul lavoro non sono più ristretti ad alcune aree territoriali ma hanno una loro diffusione omogenea al Nord come al Sud, nell’agricoltura come nell’edilizia fino a comparti come i trasporti, la grande distribuzione o il terziario.

L’apprezzato intervento di Potere al Popolo, svolto dal portavoce nazionale Giuliano Granato, oltre a denunciare il recente varo, da parte del governo, di un nuovo “Pacchetto Sicurezza” dove – ovviamente – non c’è nulla di utile per fermare la strage sui posti di lavoro ha collocato l’iniziativa della Legge di Iniziativa Popolare per introdurre il reato di Omicidio sul Lavoro nell’ambito della “campagna d’autunno” di Potere al Popolo che, proprio nei giorni scorsi come Unione Popolare, ha consegnato al Parlamento 70.000 firme per una LIP che imponga un Salario Minimo di almeno 10 Euro l’ora.

Due raccolte di firme, due campagne politiche che sono, naturalmente, intrecciate tra loro e che, anche dopo il deposito formale delle firme, avranno bisogno necessariamente di una importante spinta sociale che ponga al centro dell’agenda politica e del dibattito pubblico il sacrosanto tema delle condizioni di vita e di lavoro nel nostro paese.

Condizioni di vita e di sfruttamento che vanno aggravandosi in tutte categorie e in tutte le sfaccettature con cui si configura la moderna gamma dello sfruttamento capitalistico come è dimostrato anche dall’ultima Legge di Bilancio.

L’iniziativa napoletana – organizzata volutamente nell’atrio della Galleria Principe – un luogo centrale ma anche un significativo bene pubblico della città che l’amministrazione comunale di Napoli intende svendere e privatizzare nell’ambito di una ulteriore ristrutturazione del Patrimonio Pubblico Comunale è servita a dare nuovo slancio alla raccolta firme ad alla generale mobilitazione per porre fine alla mattanza di lavoratrici e lavoratori nel nostro paese.

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