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L’Italia aderisce alla coalizione USA nel Mar Rosso. Cambia la rotta dei flussi di petrolio

Sembra prendere forma in maniera più definita la coalizione lanciata dagli Stati Uniti, tra marine militari, per difendere il traffico marittimo commerciale nel mar Rosso.

Lloyd Austin, segretario alla difesa statunitense, ha annunciato l’operazione “Prosperity Guardian” annunciando che a farne parte saranno le marine militari di Stati Uniti, Gran Bretagna, Canada, Francia, Olanda, Norvegia, Italia, Bahrain, Spagna e Seychelles.

Il ministro della Difesa Crosetto ha annunciato ufficialmente ieri che l’Italia farà parte di questa coalizione “per contrastare l’attività terroristica degli Houthi, garantire la libertà di navigazione e il diritto internazionale”.

La maggior parte dei paesi europei coinvolti ha una tradizione marittima e un interesse economico concreto nel funzionamento ottimale del passaggio Mar Rosso/Canale di Suez.

Per i paesi mediterranei, compresa l’Italia, si prospetta la possibilità concreta che i propri scali portuali vengano saltati nella rotazione delle compagnie marittime con conseguente forte calo del traffico e dei servizi di collegamento nella loro direzione nonché di un aumento dei costi di trasporto.

La partecipazione dell’Olanda potrebbe essere correlata al tentativo di posizionarsi sullo scacchiere internazionale con un ruolo di maggiore controllo dei traffici marittimi, ospitando a Rotterdam il primo porto europeo per traffico di container.

La Norvegia potrebbe essere coinvolta, oltre che per mera ubbidienza al blocco statunitense, per la difesa dei traffici energetici di gas naturale e petrolio.

Sebbene il segretario USA abbia sostenuto che daranno appoggio (probabilmente di intelligence) anche paesi che rimarranno nell’anonimato, ufficialmente il Bahrain sarà l’unico Stato arabo a farne parte.

L’Egitto, la Giordania, l’Arabia Saudita e gli Emirati Arabi erano nomi comparsi nelle liste girate in questi giorni, sia per il loro interesse sul funzionamento a pieno regime del traffico nel mar Rosso, sia per il loro coinvolgimento pregresso in missioni antipirateria nella zona.

Sebbene per l’Egitto il canale di Suez rappresenti una importante entrata per le casse dello Stato, l’anno scorso ha fruttato circa 8 mld di dollari tramite i pedaggi, una sua partecipazione attiva sarebbe però probabilmente stata una palese contraddizione rispetto alle posizioni per il cessate il fuoco nella striscia di Gaza ed un tradimento troppo esplicito verso la causa palestinese. Un tradimento probabilmente in grado di causare non pochi problemi politici interni.

Le forze Houthi dal canto loro non sembrano farsi intimidire da questa coalizione. Tramite l’agenzia giornalistica Iraniana Tasnim un alto funzionario militare Houthi ha dichiarato infatti che le forze militari hanno le competenze per affondare i sottomarini e le navi da guerra della coalizione, avvertendo la coalizione che “il Mar Rosso sarà la vostra tomba”.

Gli effetti della strategia delle forze yemenite, intanto, si fanno sempre più duri. Negli ultimi due giorni sono state almeno due le navi bersaglio di attacchi con missili o droni nonostante l’amento della presenza militare nell’area.

Intanto anche la COSCO, colosso dello shipping cinese finora fuori dai radar degli attacchi Houthi, lunedì ha dichiarato la sospensione del proprio traffico per il Mar Rosso. La ormai totalità delle compagnie portacontainer ha quindi dichiarato di dirottare la propria navigazione su Capo di Buona Speranza.

Oltre al traffico container si è poi unito dall’ inizio di questa settimana, anche quello energetico, il colosso petrolifero British Petroleum ha anch’esso dichiarato la sospensione del traffico nell’area, seguito da altri importanti operatori del settore. Annuncio che ovviamente ha influito sul rialzo del prezzo del petrolio sui mercati internazionali.

I paesi occidentali stanno nuovamente puntando quindi verso una gestione militare della questione potenzialmente capace di produrre l’ennesima pericolosa escalation militare nell’area con chiare ripercussioni globali.

Ancora una volta al posto di intraprendere la via diplomatica per porre fine al massacro in corso a Gaza, i governi occidentali, colgono la palla al balzo per affermare la propria forza militare. I risultati, tuttavia, sono tutt’altro che scontati e la chiusura di quello spazio marittimo potrebbe mostrare i suoi effetti più a lungo termine di quello che si pensi.

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