Bisogna riconoscere come ci sia una discreta coerenza di contenuti tra fogli e fogliacci dei liberal-reazionari italici, mutando soltanto, in ragione di una certa innegabile divisione dei compiti, linguaggio e riferimenti “politici”.
Se, per quanto riguarda la “corposità ideologica”, la distinzione tra i primi e i secondi fa capolino qua e là, ma non è poi così appariscente, è invece sfacciatamente manifesto il comune apparato di “idee” da cui discendono i diversi rigurgiti biliosi, pur afferenti a distinti strati “culturali” borghesi.
Prendiamo il caso de Il Riformista e dell’editoriale del 20 gennaio, attribuito a Matteo Renzi, diretto in maniera perentoria contro Elly Schlein (ogni incosciente riferimento a una presunta “indole di sinistra” della segreteria PD è categoricamente privo di logica), ma mirante in realtà a ben altro.
Se quella pericolosa «estremista» si arrischia a dire, in particolare davanti a una melensa assemblea PD, che il «fascismo non è un’opinione ma è un reato», o che «la destra sociale non esiste. Colpiscono i più deboli perché non hanno voce», prontamente gli italiani-vivi le ricordano che sì, va bene, «Il fascismo va combattuto, sempre», ma non c’è bisogno di scaldarsi troppo.
Anzi, ora «che l’abbiamo detto e che siamo tutti d’accordo, almeno si spera, possiamo affermare con nettezza che il fascismo oggi si presenta sotto le forme dei terroristi ed estremisti di Hamas che decapitano bambini, uccidono civili, violentano donne senza alcuna pietà? Il fascismo oggi è Hamas. Per contrastare i nazisti, i nostri partigiani non giravano con la cerbottana».
Ricordate? Per tanto tempo hanno continuato a sproloquiare con parole identiche anche a poposito della “resistenza” dei nazisti di Azov in Ucraina; e in quel caso non hanno mai avuto alcunché da recriminare l’un l’altro.
Dunque, accertato (secondo Renzi…) che il fascismo debba oggi identificarsi con una delle diverse organizzazioni di resistenza di un popolo schiacciato da ottant’anni da una potenza razzista e colonialista, cane da guardia occidentale in Medio Oriente, appare logico che i “loro partigiani” siano senz’altro oggi da immedesimarsi con chi si è militarmente evoluto e «non gira con la cerbottana», ma “resiste” con aerei, artiglierie, carri armati e missili a quei «terroristi ed estremisti di Hamas».
Vale a dire che i “loro partigiani” oggi sono invece raffigurati in quella che è (guai a dubitarne…) «l’unica democrazia del Medio Oriente», non a caso rappresentata in Italia dal “compagno d’affari” del signor Renzi, che risponde al nome di Marco Carrai, console onorario della bandiera con stella di david tra i due fiumi (dal Giordano al Nilo).
Dunque, se colei che pronuncia «Parole da estremista» di fronte a un’impaurita e un po’ seccata assemblea PD si spinge a porre «la questione di evitare di alimentare questi conflitti. Bisogna evitare l’invio di armi e l’esportazione di armi verso i conflitti, verso il conflitto in Medio oriente, in particolare in questo caso ad Israele» (ma non si deve smettere di mandarne ll’Ucraina: ci mancherebbe!), per non rischiare che con esse si commettano «crimini di guerra», ecco che a spron battuto le si ricorda di «essere a capo di quello che un tempo era un grande partito riformista e atlantista» e non di un «centro sociale occupato».
Parole chiare, non c’è dubbio… Non scordiamoci che essere “riformisti e atlantisti” sottintende il fermo schierarsi dalla parte delle armi occidentali, “democratiche” per definizione e, per proprietà transitiva, “antifasciste”: s’intende, atte a difendere «l’unica democrazia del Medio Oriente» e la «civiltà contro l’inciviltà» (Draghi) in Ucraina.
Tra l’altro, se proprio si vuol parlare di fascismo in casa nostra e si intenda «sconfiggere Giorgia Meloni… non serve evocare la minaccia del fascismo. Il lupo cattivo non è alle porte… L’Italia non corre alcun rischio fascista. Se vuoi mandare a casa il Governo non devi inventarti un lupo che non esiste. Il fascismo oggi è a Gaza, non a Roma». E questi, perdio, sono altri dividendi assicurati, in arrivo da Tel Aviv…
Quanto al fascismo, intendiamoci, siamo “italianivivi”, mica degli «estremisti» che lo identificano con una dittatura di classe, sempre pronta a ricorrere ai metodi squadristici quando i tradizionali sistemi “liberali” di sottomissione delle masse divengano insufficienti, ma in nessun modo necessariamente travestita con camicie nere. E che diamine!
Dunque, si diceva, a certi livelli di “riferimenti politici”, cambia per lo più il modo di presentare i propri “benefattori”, rimanendo stabile il perno del “comune apparato di idee”.
Ecco allora che un “realista politico” quale Angelo Panebianco, sul Corriere, non potendo negare la disfatta sul campo ucraina, ne fa discendere conseguenze «in termini di credibilità, e quindi di prestigio» anche per quelle potenze che «avevano sostenuto e aiutato la parte perdente nella guerra».
Perché riconosce che «le cose non vanno bene in nessuna delle due guerre in cui gli occidentali sono coinvolti, in Ucraina e in Medio Oriente». E, nel secondo caso, Israele «ha già perso su un piano cruciale: quello della propaganda».
Perché «dalla parte di Hamas e dell’Iran stanno non solo le grandi potenze autoritarie, Cina, Russia, l’opinione pubblica del mondo islamico, nonché tutti i Paesi che identificano Israele con l’odiato Occidente. C’è anche una parte non irrilevante dello stesso Occidente»…
Oltretutto, con Panebianco, pur con il vomitevole ritornello dell’antisemitismo, si mira al nucleo del ragionamento che Renzi non può arrangiare (anche per ovvi motivi di “vicinanza” amicale con alcuni soggetti di nota lochescion) che in maniera appena rabberciata: «Gli israeliani sono ebrei e sono alleati dell’Occidente. Il che ha generato la saldatura delle due correnti dell’antisemitismo, mai scomparso (e che sogna una seconda Shoah) e dell’antioccidentalismo».
Insomma, se l’uno (s)ragiona in termini di bottega – soprattutto la sua e quella del suo “compagno d’affari” -, ecco che l’altro, il “politologo”, procede in grande e avverte che, con due sconfitte pressoché sicure (almeno una), il mondo intero potrebbe trovarsi in balia delle «grandi potenze autoritarie» e allora, addio sacro Occidente, addio “valori liberali”, addio «civiltà contro l’inciviltà».
Dunque, per mettere qualche pezza, almeno nei punti più sdruciti, ecco che Francesco Verderami, sempre sul Corriere, impartisce le direttive, a questo punto obbligate, per ovviare al rischio che «i paletti dell’Europa sui conti» possano «bloccare gli aiuti a Kiev».
E allora, non si può tollerare che «mentre l’Ucraina è sotto il fuoco dei russi, il rigorismo economico di certe capitali fa[ccia] il fuoco di sbarramento sui principi occidentali minacciati da Mosca». Ancor meno ammissibile che, in termini di finanziamenti all’Ucraina, se «in Lituania la spesa procapite è di 168 euro, 163 in Finlandia», possa essere di «solo 14 in Francia e 12 in Italia»!
È in questo modo, con questa “miseria di aiuti italiani” che «la ferita dell’Ucraina non è stata sanata e ora il pus dilaga» (Guido Crosetto). Dove e come dilaga?
Lo spiega Verderami: «Il riferimento è all’effetto domino internazionale: dal pogrom di Hamas in Israele, alla guerra di Gaza» – proprio così, “pogrom” di Hamas e “guerra” su Gaza; anche qui viaggiano i dividendi con la stella di david – «alle tensioni nel mar Rosso, ai lanci di missili tra Iran e Pakistan, all’azione di accerchiamento cinese su Taiwan».
Gente, qui si ragiona in grande… Altro che battibecchi tra ex soci di una stessa consorteria demo-affaristica: qui sono in gioco “i destini del mondo”. Quello Occidentale, ovviamente. La soluzione? Concretizzare alcune idee, lanciate da un «autorevole ministro italiano»: vale a dire, dirottare in armamenti per la junta nazigolpista di Kiev una parte dei 50 miliardi previsti per la ricostruzione dell’Ucraina. Tanto, in un modo o nell’altro, sono comunque soldi che ritornano, e con gli interessi.
Ma, per definizione, «L’Italia non corre alcun rischio fascista»: sostenere una junta nazi-banderista è far valere «la civiltà contro l’inciviltà»; affamare le famiglie dei lavoratori, sprangare gli operai e gli studenti, privatizzare tutto il possibile e l’impossibile, inginocchiarsi ai piedi dei padroni è cosa che tutti fanno o hanno fatto: gli uni e gli altri. È “semplice” reazione alle esagerate pretese delle masse!
Al dunque, «nel mar Rosso gli Houthi spadroneggiano e l’Europa non si è ancora messa d’accordo sulla spedizione navale da inviare in quelle acque strategiche».
Che si aspetta ad allagare la rapida? A salpare le ancore? Non vi rendete conto che è tempo, prima che sia troppo tardi per i destini dell’Occidente, di «Andar pel vasto mar, ridendo in faccia a monna Morte ed al Destino»?
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