«Abbiamo semplicemente spiegato ai bambini perché è importante celebrare la bandiera». Il sindaco di Gioia del Colle, Giovanni Mastrangelo, si era difeso così sui giornali locali, dopo che Elisabetta Piccolotti, deputata di Alleanza Verdi Sinistra (Avs), aveva annunciato la presentazione di una interrogazione sul caso che ha riguardato le scuole della cittadina ai ministri dell’Istruzione, Valditara, e della Difesa, Crosetto.
Lo scorso 24 gennaio, durante una iniziativa dell’Esercito organizzata dal Reggimento logistico «Pinerolo» e alla presenza delle istituzioni, bambini e bambine sono stati invitati a partecipare a percorsi di «military fitness» (e cioè una rimodulazione dell’allenamento che fanno nell’esercito) e alla cerimonia dell’alzabandiera, hanno visto da vicino mezzi militari e indossato giubbotti anti-scheggia.
«Vergognoso – aveva commentato Piccolotti – una specie di campagna di arruolamento in cui sono stati distribuiti opuscoli su come si diventa soldati. Davvero viene considerato normale che i bambini e le bambine imparino a giocare alla guerra? Che prendano confidenza con strumenti di morte? La scuola dovrebbe essere un luogo in cui si educa alla pace e alla risoluzione pacifica dei conflitti».
Il caso sollevato dalla parlamentare Avs è l’ultimo di una lunga serie. Come puntualmente riportato dall’Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università, sono diversi gli episodi simili accaduti nell’ultimo anno scolastico.
Più o meno eclatanti ma, in ogni caso, tutti segno di una ideologia militare pervasiva, sostenuta dalla retorica sulla patria, dal piglio autoritario del governo e dal tentativo di imitare modelli di scuola del ventennio.
Questi episodi sono anche una normale conseguenza della progressiva aziendalizzazione dell’istruzione che ha comportato l’ingresso delle industrie, anche militari, nelle scuole.
Gli armamenti e le guerre sono ormai considerati, anche nell’orientamento, uno “sbocco di lavoro”. Tant’è che sono anche diversi gli istituti, da nord a sud, che hanno attivato percorsi di alternanza scuola-lavoro (Pcto) nelle caserme.
È lo stesso esercito, dal suo sito, a illustrare ai presidi le tante attività per le scuole. «L’esercito italiano, in accordo con il Miur – si legge – organizza conferenze rivolte agli studenti degli Istituti scolastici di primo e secondo grado».
Gli incontri sono tenuti da «personale militare specializzato/formato per informare gli studenti circa le opportunità professionali e gli sbocchi di carriera». Ci sono anche le gite di istruzione «presso gli enti della forza armata finalizzate a far conoscere direttamente la vita di tutti i giorni dei reparti dell’esercito».
Le scuole dunque hanno cominciato ad adeguarsi, alcune con zelo. Come il liceo Gatto di Agropoli che ha aperto l’anno scolastico con il reggimento artiglieria terrestre Pasubio e l’alzabandiera prima dell’ingresso a lezione.
Anche a Cutro, in Calabria, la consegna provvisoria di 12 appartamenti dell’esercito vuoti a una scuola priva di strutture si è trasformata in una cerimonia militare per 230 scolari.
Gli alunni di alcune scuole medie napoletane, a ottobre scorso, hanno visitato la sede del Comando militare strategico Nato per l’Europa orientale e meridionale.
In Toscana, il 9 gennaio scorso, l’Ufficio scolastico regionale ha invitato gli studenti degli ultimi anni delle superiori a partecipare alla presentazione del calendario dell’esercito italiano 2024.
Tema: «Per l’Italia sempre, prima e dopo l’8 settembre 1943», seguito dalla frase ambigua «omaggio ad ufficiali, sottufficiali e soldati, per gli atti eroici compiuti dopo l’armistizio e/o che si sono distinti anche nel periodo precedente». Tutto nello stesso mucchio: soldati che si sono uniti alla Resistenza e fascisti encomiati dal regime.
Un revisionismo storico manifesto propinato agli studenti insieme a prospettive di carriera all’estero. Anche il marketing si è lanciato su questa tendenza, ma fino a ora senza successo: gli zainetti scolastici marchiati Folgore e Alpini e prodotti dal marchio Esercito sono stati subito ritirati dall’azienda distributrice, la Giochi Preziosi.
L’azienda si è dovuta arrendere al successo della campagna di boicottaggio lanciata dall’Osservatorio contro la militarizzazione, dopo aver fatto anche retromarcia sulla campagna promozionale «Per sentirsi sempre in missione».
* da il manifesto
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