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La Meloni al Senato “galleggia” sul riarmo europeo. Inaccettabile ipocrisia su Gaza

Intervenendo al Senato, alla vigilia del Consiglio Europeo di giovedì e venerdì prossimi, la Meloni ha presentato le linee guida con cui il governo italiano si presenterà al vertice. “È un momento decisivo per il destino dell’Italia, dell’Europa e dell’Occidente che richiede consapevolezza del tempo grave che stiamo attraversando, che richiede quindi lealtà e responsabilità”.

Che la premier abbia dovuto mediare la sua relazione, all’interno della propria maggioranza di governo tra le posizioni piuttosto divaricanti di Forza Italia e della Lega, è emerso nitidamente da come si è dovuta “barcamenare” nel suo intervento in aula.

La Meloni ha spiegato che “come da tre anni a questa parte, tema centrale del Consiglio europeo in materia geopolitica sarà la guerra di invasione russa all’Ucraina. In questi giorni ho sentito molte ricostruzioni che non ho condiviso e voglio cogliere questa importante occasione per ribadire alcuni punti fermi, e per me centrali”.

A proposito dei negoziati tra Russia e Ucraina, ha affermato di “salutare positivamente questa nuova fase e sosteniamo gli sforzi del presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, in questo senso”.

L’Italia – ha proseguito – considera la proposta di cessate il fuoco concordata l’11 marzo a Gedda da Stati Uniti e Ucraina un primo, significativo, passo di un cammino che deve portare a una pace giusta e duratura per l’Ucraina, con garanzie di sicurezza solide, efficaci e di lungo periodo, per l’Ucraina stessa, per l’Europa nel suo complesso, e per i nostri alleati americani, che non possono permettersi di siglare un accordo di pace violabile”.

“Questo passo in avanti – ha aggiunto – è stato accompagnato positivamente dall’immediato ripristino delle forniture militari e dei servizi di intelligence americani a vantaggio di Kiev”.

Sono giornate delicate – ha sottolineato ancora la Meloni – nelle quali io credo che sia più che mai necessario astenersi dal rincorrere il commento ad ogni singola dichiarazione di ogni protagonista in campo, lavorando invece intensamente sul piano diplomatico, fuori dal clamore, alla ricerca di un difficile equilibrio che possa soprattutto garantire all’Ucraina un futuro sicuro e a noi la serenità che i cittadini vogliono tornare ad assaporare. Ma per farlo, intendiamo continuare a insistere su quello che per noi non è soltanto un pilastro culturale e di civiltà, ma un banale dato di realtà: non è immaginabile costruire garanzie di sicurezza efficaci e durature dividendo l’Europa e gli Stati Uniti”.

Meloni in Senato ha anche ribadito che “l’invio di truppe italiane in Ucraina non è mai stato all’ordine del giorno così come riteniamo che l’invio di truppe europee proposto da Francia e Regno Unito sia un’opzione molto complessa, rischiosa e poco efficace”.

Non chiamatelo riarmo, chiamiamolo difesa… fa meno “brutto”

Quanto al tema del riarmo europeo contenuto nel Piano Von der Leyen, Meloni ha osservato che “rafforzare le nostre capacità di difesa significa occuparsi di molte più cose rispetto al potenziamento degli arsenali”. Occorre quindi un approccio a 360 gradi, perché “senza difesa non c’è sicurezza, senza sicurezza non c’è libertà”.

Furbescamente la Meloni (ma non solo lei, a essere onesti) ha spiegato che avrebbe evitato la parola “riarmo”. “Quando abbiamo proposto di rinominare il piano utilizzando ad esempio le parole Defend Europe, non abbiamo posto una semplice questione semantica o nominalistica, abbiamo proposto una questione di sostanza, di merito”.

La parola “riarmo” ovviamente inquieta l’opinione pubblica (e i sondaggi lo dimostrano), mentre la parola “difesa” appare meno inquietante nella forma. Nella sostanza basta pensare che le truppe israeliane pretendono di essere definite “forze di difesa” ma poi massacrano e bombardano i palestinesi senza pietà.

Ma i soldi per il riarmo dove si prendono? Boh!!

Relativamente al boom di spese militari, la Meloni ha affermato che gli 800 miliardi indicati per finanziare il piano “non sono né risorse che vengono tolte da altri capitoli di spesa né risorse aggiuntive europee. L’Italia si è opposta con fermezza alla possibilità che una quota dei fondi di coesione venisse automaticamente spostata sulla difesa” ed “è una battaglia che abbiamo vinto. L’Italia non intende distogliere un solo euro dalle risorse della Coesione”.

Ovviamente ha negato su tutto il fronte (i soldi non si prendono da qui, non si prendono da là), ma ha glissato sulla questione decisiva: ma allora dove si prendono i soldi per riarmare l’Europa?

Giù le mani da Trump

È giusto che l’Europa si attrezzi per fare la propria parte, ma è nella migliore delle ipotesi ingenuo, nella peggiore folle, pensare che oggi possa fare da sola, senza la Nato, fuori da quella cornice euro-atlantica che per 75 anni ha garantito la sicurezza dell’Europa e che in questi ultimi 3 anni ha consentito all’Ucraina di resistere”, ha detto.

Chi ripete ossessivamente che l’Italia dovrebbe scegliere tra Europa e Usa lo fa strumentalmente, per ragioni di polemica domestica o perché non si è accorto che la campagna elettorale americana è finita, dando a Donald Trump – piaccia o no – il mandato di governare e di conseguenza ai partner occidentali di fare i conti con questa America. Chi per ragioni diverse alimenta una narrazione diversa, tentando di scavare un solco tra le due sponde dell’Atlantico, non fa che indebolire l’intero Occidente, a beneficio di ben altri attori”, ha messo in guardia la presidente del Consiglio.

Non è un tempo facile quello nel quale ci è stato dato il compito di guidare questa Nazione. Il quadro è in continua mutazione, e le nostre certezze continuano a diminuire. Ma c’è una certezza che per me non viene meno. Con una visione chiara, un po’ di coraggio, concentrandosi solo sulle cose davvero importanti, e mantenendo come principale bussola di riferimento il suo interesse nazionale, l’Italia ha tutte le carte in regola per attraversare anche questa tempesta.”

Su Gaza ipocrisia a piene mani

Nel passaggio del discorso sulla ripresa del massacro dei palestinesi a Gaza, la Meloni ha eseguito un capolavoro di – inaccettabile – ipocrisia: “Seguiamo con grande preoccupazione la ripresa dei combattimenti (???) a Gaza che mette a repentaglio gli obiettivi ai quali tutti lavoriamo: il rilascio di tutti gli ostaggi e una fine permanente delle ostilità così come il pieno ripristino di una piena assistenza umanitaria nella Striscia”, ha affermato la premier in Senato.

I combattimenti a Gaza li ha visti solo la Meloni, tutto il resto del mondo ha visto dei bombardamenti israeliani nella notte che hanno provocato centinaia di vittime tra i palestinesi.

L’Italia – ha detto ancora – accoglie con favore il Piano di ricostruzione presentato al vertice del Cairo lo scorso 4 marzo dai Paesi arabi. Per poter muovere verso una sua applicazione, nella prospettiva più ampia di una pace stabile e duratura e della soluzione politica a due Stati, è però necessario che Hamas rilasci gli ostaggi e deponga le armi”. Le responsabilità israeliane che in una sola notte hanno ammazzato centinaia di palestinesi sono del tutto scomparse.

Ma se la Meloni si è arrampicata sugli specchi per tenere insieme il servilismo a Trump e la lealtà alla Ue, per non indicare dove si prenderanno i soldi per il riarmo europeo, per edulcorare le parole e per rendersi ancora una volta complice del terrorismo di stato israeliano, i suoi oppositori non sono da meno.

Le contorsioni del Pd: il libro bianco sul riarmo va “revisionato radicalmente”…. ma in fondo va bene

Dopo una mediazione all’interno del proprio partito, la risoluzione presentata dalla segretaria Elly Schlein ha attestato il Pd sulla linea della richiesta di una “revisione radicale” del piano von der Leyen.

Nel gioco di equilibri, anche la minoranza favorevole al Piano Von der Leyen può sventolare un risultato raggiunto: quello di definire il Libro bianco un «avvio del percorso di discussione per la costruzione di una difesa comune». Era stato proprio sul voto sul Libro bianco che si era consumata la frattura in Europa nella delegazione dem.

Il nodo è il punto 8 della risoluzione. Da una parte c’è la richiesta di una «radicale revisione» del ReArm che va «nella direzione di favorire soprattutto il riarmo dei 27 Stati membri» perché «non risponde all’esigenza indifferibile di costruire una vera difesa comune» e di «un percorso di investimenti comuni in sicurezza realizzati non a detrimento delle priorità sociali, di coesione e sviluppo dell’Unione».

Dall’altra, appunto, il giudizio positivo sul Libro bianco della difesa europea. «Siamo soddisfatti perché la parte sul libro bianco contiene le nostre indicazioni sull’utilizzo di strumenti già disponibili per gli investimenti in difesa». Tutto e il suo contrario.

Draghi e Von der Leyen: “L’Europa deve prepararsi alla guerra”

Poco prima della Meloni, nelle aule parlamentari era intervenuto Mario Draghi di fronte alle commissioni riunite di Camera e Senato. L’autore del rapporto che la Von der Leyen ha trasformato in un manifesto politico/strategico per l’imperialismo europeo, aveva chiarito che “occorre definire una catena di comando di livello superiore che coordini eserciti eterogenei per lingua, metodi, armamenti e che sia in grado di distaccarsi dalle priorità nazionali operando come sistema della difesa continentale” e che “Dal punto di vista industriale ed organizzativo questo vuol dire favorire le sinergie industriali europee concentrando gli sviluppi su piattaforme militari comuni (aerei, navi, mezzi terresti, satelliti) che consentano l’interoperabilità e riducano la dispersione e le attuali sovrapposizioni nelle produzioni degli Stati membri”.

Intervenendo alla Royal Danish Military Academy la Von der Leyen ci ha fatto sapere che “Se l’Europa vuole evitare la guerra deve prepararsi alla guerra”. La presidente della Commissione europea ha lanciato lo slogan “Readiness 2030” (“Pronti per il 2030”) che significa “aver riarmato e sviluppato le capacità per avere una deterrenza credibile. ‘Readiness 2030’ – sottolinea la Von der Leyen – significa avere una base industriale della difesa che costituisca un vantaggio strategico. Ma per essere pronti per il 2030 dobbiamo agire ora… E domani presenteremo una tabella di marcia per la ‘Readiness 2030”.

Le furbate della politica italiana ormai hanno vita breve. Occorre scegliere tra pace e guerra, non si galleggia più.

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1 Commento


  • m

    è facile capire la “democrazia” sui giornali online:
    quelli che definiscono senza elucubraioni il concetto di pace, nonché quelli che danno libero spazio ai commenti degli utenti, sono senza dubbio quelli più propensi all’esercizio della democrazie, più che alla sua propaganda strumentale

    Brovi quelli di Contropiano

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