Ha fatto rumore, ma non ancora il rumore che merita, la notizia riportata in un articolo de Il Fatto Quotidiano di domenica 12 ottobre. L’articolo riferisce infatti sia la rivelazione di una fonte dentro la polizia sull’esistenza di un numeroso gruppo di picchiatori all’interno della comunità ebraica romana, sia l’elenco aggiornato delle aggressioni e attentati dei gruppi sionisti a Roma da dopo il 7 novembre 2023.
L’aggressione più clamorosa delle ultime settimane è quella contro gli studenti del Liceo Caravillani a Monteverde, dove una ventina di squadristi maggiorenni ha picchiato studenti e docenti della scuola colpevoli di solidarizzare con la Palestina ma anche di condividere gli spazi con il vicino tempio ebraico. Sulla vicenda il ministero, i mass media e le istituzioni si sono affrettate a gettare sopra quintali di sabbia, anche perché la dinamica dei fatti e i personaggi coinvolti erano decisamente “imbarazzanti” per la comunità ebraica romana.
Quanto avvenuto è però conferma di quanto andiamo denunciando con sistematicità da più di venti anni – vedi il dossier aggiornato al 2024 – , ma che non ha mai visto misure legali di polizia e magistratura contro questi squadristi sionisti – trattamento invece riservato con solerzia a chi li contrasta – né un adeguato livello di denuncia da chi è rapidissimo nello starnazzare sull’antisemitismo alla prima scritta su un muro ma volta sempre la testa quando ad aggredire sono i picchiatori appartenenti ai settori più fanatici della comunità ebraica romana. Un livello di impunità che molto ricorda quello di cui hanno usufruito per decenni i crimini di guerra dello Stato di Israele, e con i risultati che adesso tutti hanno sotto gli occhi.
Quella romana è una realtà ben individuabile e circoscritta che per ora non ha termini di comparazione con la situazione di altre città italiane.
Infine, e non certo per importanza, resta sempre aperto il rognoso dossier dei militari con doppio passaporto – in questo caso italiano/israeliano – che hanno preso parte alle operazioni militari a Gaza che si configurano come genocidio.
Da tempo denunciamo questa “convenzione” tra Italia e Israele che consente di fare il militare in Israele pur essendo cittadini italiani. Incautamente, il ministro Tajani a ridosso del 7 ottobre 2023 confermò che circa 1000 italiani con doppio passaporto erano andati a combattere in Israele e alcuni dunque anche a Gaza.
I cittadini italiani/israeliani coinvolti, qualora emergano le prove, sono perseguibili penalmente dal Tribunale Internazionale dell’Aja che sta procedendo nella causa per genocidio parallelamente alla Corte Penale Internazionale.
Prima o poi tale questione si aprirà anche nel nostro paese così come sta avvenendo in Belgio, Francia ed altri paesi.
Ma in attesa che “la giustizia faccia il suo corso”, sarà bene che le autorità tengano d’occhio centinaia di persone che hanno preso parte a combattimenti e crimini di guerra a Gaza e che sono rientrati nel nostro paese con un curriculum e un portato psicologico niente affatto rassicurante.
Ripubblichiamo qui sotto l’articolo de Il Fatto Quotidiano.
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Tra gli ebrei della capitale ci sono cento picchiatori
di Vincenzo Bisbiglia – Alessandro Mantovani (Il Fatto Quotidiano del 12 ottobre)
L’elenco comincia dalla sera del 24 ottobre 2023, poco dopo gli attacchi del 7 ottobre e l’avvio della sanguinosa reazione israeliana che ha seminato morti a Gaza fino a tre giorni fa. Comincia a Fiumicino dove atterra Karem Rohana, classe 1988, logopedista italo-palestinese che sui social si chiama Karem_from_Hai – fae per molti ebrei anche civilissimi è “un provocatore”. Sui social quella sera mette pure l’ora di arrivo del suo aereo perché qualcuno vada a prenderlo. Lo seguono presumibilmente dall’aeroporto, quando si ferma in via Ostiense per bere qualco
C’ è “un centinaio di picchiatori” tra gli ebrei romani, gente “che sa picchiare, a volte agisce spontaneamente e a volte in modo più organizzato”, ragiona un investigatore. Dall’interno della Comunità li ridimensionano a 40, qualcuno a “25 psicopatici, che hanno memoria se non della violenza politica degli anni di piombo almeno degli anni Novanta”, quando nel 1992 gli ebrei chiusero a suon di botte la sede dei neofascisti di Movimento Politico in via Domodossola.
Sono ambulanti, autisti, commercianti, tassisti e anche ragazzi delle scuole ebraiche e universitari. Qualche ultrà dell’Olimpico, più romanisti che laziali.
Polizia e carabinieri sembrano conoscerli uno per uno. Anche nella Comunità sono preoccupati, almeno in privato. A Roma la tensione è alta e non svanirà solo per il primo accordo su Gaza. “Se non facciamo tutti un passo indietro c’è il rischio che ci scappi il morto” è la frase che ti senti ripetere.
Gli ebrei sono spaventati, si sentono “stuprati sui muri di Roma” per dirla con uno di loro che più moderato non si può, ora anche intimiditi e indispettiti dalle manifestazioni oceaniche per i palestinesi. Senz’altro tendono a vedere l’antisemitismo pure dove non c’è, spesso in buona fede. E allora, come si dice a Roma, chi mena per primo mena due volte. Questo centinaio di esagitati l’abbiamo visto il 25 aprile del 2024 a Porta San Paolo, luogo storico della Resistenza romana dove ogni anno c’è tensione perché un pezzo della sinistra non vuole gli ebrei, troppo legati a Israele.
Arrivarono in trecento, lanci di bombe carta e di scatole di legumi (piene) sui manifestanti, grida feroci tipo “ti devono stuprare come a Gaza” rivolti alle ragazze pro palestinesi, almeno un paio di armi improprie (un martello) sequestrati.
Quest’anno per fortuna la Questura ha separato le due manifestazioni. Qualche giorno dopo, il 7 maggio 2024, alla Sapienza vicino alla facoltà di Fisica hanno vandalizzato la targa in memoria di Sufian Tayeh, rettore dell’Università islamica di Gaza, ucciso in un bombardamento: identificati dalla polizia dieci appartenenti alla Comunità, tra i 20 e i 24 anni.
Gira da giorni un elenco di fatti e fatterelli per lo più non gravissimi, attribuiti con certezza variabile a persone della Comunità.
Si conclude col noto episodio del 2 ottobre al liceo artistico Caravillani, che ha l’ingresso in comune con una sinagoga a Monteverde, quartiere a forte presenza ebraica. I ragazzi gridano “free Palestine” e venti adulti, che sono al Tempio Beth Michael in un giorno per noi feriale per lo Yom Kippur, vanno ad affrontarli, poi addirittura tornano all’uscita: insulti alle ragazze, “puttana”, spintoni e manate, perfino una ciocca di capelli strappata a un ragazzino, peraltro ebreo.
Poi le scuse di Riccardo Pacifici, ex presidente della Comunità, che non sarà un capo militare ma è un punto di riferimento dell’ala oltranzista. Il giorno stesso tocca ad Andrea, uno dei Medici per Gaza, aggredito da tre persone non identificate dopo un’iniziativa pro palestinese allo Spallanzani.
È al Portuense, che confina con Monteverde e Marconi dove pure gli ebrei sono tanti – è tutto relativo, gli ebrei sono sempre pochi – e dove sulla saracinesca del panificio kosher di uno di loro è poi comparsa la scritta “ebrei di merda bruciate tutti”. Chissà chi l’ha fatta, ci saranno antisemiti anche a sinistra, ma a Roma i fascisti non mancano.
L’elenco comincia dalla sera del 24 ottobre 2023, poco dopo gli attacchi del 7 ottobre e l’avvio della sanguinosa reazione israeliana che ha seminato morti a Gaza fino a tre giorni fa.
Comincia a Fiumicino dove atterra Karem Rohana, classe 1988, logopedista italo-palestinese che sui social si chiama Karem_from_Haifa e per molti ebrei anche civilissimi è “un provocatore”. Sui social quella sera mette pure l’ora di arrivo del suo aereo perché qualcuno vada a prenderlo. Lo seguono presumibilmente dall’aeroporto, quando si ferma in via Ostiense per bere qualcosa con un’amica, lo raggiungono da dietro e lo pestano, lo prendono a calci pure a terra: 10 giorni di prognosi, poi scoprono una frattura alla mano, devono operarlo e i giorni diventano, racconta Rohana, 61. Se ne vanno su due Smart, nessuno prende le targhe.
La Procura ha chiesto l’archiviazione del fascicolo, iscritto per lesioni aggravate dalla finalità di discriminazione o di odio etnico, nazionale, razziale o religioso. Le indagini della Digos non sono bastate.
Si indaga invece a 360 gradi per il pestaggio, pesantissimo, di Gabriele Rubini detto Chef Rubio, avvenuto il 14 maggio 2024 ai Castelli Romani. Roba da professionisti, almeno sei o sette. Frattura dell’orbita facciale e una profonda ferita al cranio provocate pare da una martellata.
Nessun dubbio sulla matrice ebraica per l’aggressione del 4 agosto dell’anno scorso a Giovanni Barbera, dirigente di Rifondazione. Sfondata la vetrina della federazione romana del partito in piazzale degli Eroi al Trionfale: l’uomo, 40 anni, portava una kippah e brandiva un manganello, i carabinieri l’hanno identificato e denunciato.
Nessun dubbio anche sulla matrice del raid notturno del 21 febbraio 2025 al Liceo Manara di Monteverde, a due passi dal Caravillani: uno striscione “Fate gli antifascisti ma avete reso la scuola juden free”, le stelle di David sui muri e il cancello sigillato col silicone. Con tanto di rivendicazione della Brigata Dario Vitali, intitolata – ha scritto il giornalista Valerio Renzi, esperto della destra romana – a un giovanissimo soldato ebreo “che si fregiò di gesti di ‘eroismo’ nella Grande Guerra, ma anche un fascista della prima ora”.
Quella stessa notte, sempre nella zona Ovest di Roma, c’è anche il primo attacco alla Garbatella: divelto il monumento Handala che raffigura un bambino palestinese in via delle Sette Chiese, dove ogni anno commemorano l’attivista statunitense Rachel Corrie, uccisa a 23 anni a Gaza da un bulldozer israeliano nel 2003; danni anche al centro sociale “La Strada”.
Garbatella e La Strada sono stati presi di mira altre tre volte nell’aprile 2025 con lo sfregio a un altro monumento e poi a maggio e ancora la notte del 13 settembre con le bombe carta contro l’ingresso, accompagnate da scritte contro Alessandro Di Battista. Non è una zona di particolare presenza ebraica come Monteverde, Marconi o piazza Bologna, dove peraltro si segnalano inseguimenti di ragazze con la kefiah vicino alla sinagoga di via Padova. È un quartiere in cui la sinistra nata nel movimento governa da anni l’VIII Municipio, un tempo con Massimiliano Smeriglio oggi assessore in Campidoglio e ora con Amedeo Ciaccheri.
Lì c’è La Strada e anche Casetta Rossa, dove ogni anno decine di ebrei romani festeggiano la loro Pasqua anche con i palestinesi, ci sono percorsi comuni sulla memoria della Shoah e dell’antifascismo, il ponte nuovo che collega il quartiere a Ostiense e intitolato a Settimia Spizzichino, l’unica ebrea romana sopravvissuta ai lager.
Si direbbe che prendono di mira chi è stato più vicino agli ebrei, quasi li considerassero traditori. Ci sono poi minacce e insulti sui social contro Maya Issa, 25 anni, studentessa di Scienze Politiche nata in Italia da una coppia di palestinesi, il volto più noto dei Giovani palestinesi che due anni fa manifestavano con qualche centinaio di romani per Gaza e pian piano si sono tirati dietro mezza città.
“Nel 2024 mi minacciavano, messaggi come ‘ti aspettiamo sotto casa’ o ‘ti ammazziamo’, ora mi insultano nei commenti sui social: ‘Terrorista, ti devono revocare la cittadinanza’”, racconta. Non ha ancora sporto denuncia, “lo farò” assicura, ma la polizia, che interloquisce abitualmente con lei in piazza, sa tutto. Chi passa all’atto in genere non lo scrive sui social, però c’è il rischio di far venire l’idea a qualcun altro.
Nel quartiere ebraico, che tutti ancora chiamano Ghetto o ex Ghetto, non è successo nulla, il Gruppo sicurezza della Comunità fa il suo lavoro e certo non controlla le bande. Di tutto questo avremmo voluto parlare col presidente degli ebrei romani, Victor Fadlun, uomo di pace appartenente alla componente tripolina – gli ebrei scacciati dalla Libia dopo che Muhammar Gheddafi prese il potere nel 1969 – che nella memoria hanno più il conflitto con gli arabi che l’antifascismo europeo.
Fadlun è stato eletto nel 2023 e rieletto, trionfalmente, nel 2025, con una maggioranza che comprende anche amici di Pacifici e ha emarginato altre componenti democratiche. Non è stato possibile, Fadlun ha riflettuto un po’ sulle domande del Fatto e poi venerdì è calato il sole. Shabbat. Ci saranno altre occasioni.
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Paolo DP
Fadlun non è uomo di pace e più volte ha appoggiato affermazioni di sostegno sionista o ha accusato di antisemitismo quando invece erano critiche del genocidio sionista.
già che ci sono e a beneficio di sionisti che leggono l’articolo e i commenti relativi,
IL SIONISMO È LA NEGAZIONE DELL,’EBRAISMO PERCHÉ È IDEOLOGIA RAZZISTA ESTREMA E È IDOLATRIA DELLO STATO SIONISTA CHE HA SOSTITUITO DIO COME PER IL VITELLO D’ORO SOTTO IL MONTE SINAY