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Trump, Johnson, Bolsonaro: primavera disastrosa

Contrariamente a quanto i politicanti di tutto il mondo vogliono farci credere, l’emergenza COVID-19 non è arrivata improvvisamente fra capo e collo a tutti i paesi occidentali, sorprendendo incolpevolmente a brache calate i nostri governi.

Ovvero: ci ha sorpreso a brache calate, sì, ma dopo aver suonato così tanti campanelli di allarme che neanche l’irrompere di un mandria di cavalli in una cristalleria poteva essere più rumorosa. Come avremo modo di verificare con i crudi numeri e le date, se il lettore avrà la pazienza di seguirci.

A dire il vero, due paesi sono stati colti di sorpresa, e se la sono vista abbastanza brutta, squassati da un’epidemia virale inizialmente sconosciuta: la Cina e la Corea del Sud.

Il signor Trump continua a dar la colpa ai Cinesi di tutto, accusati di aver celato la gravità dell’epidemia e di non aver avvertito in tempo gli altri paesi, oltretutto con la complicità di una organizzazione chiaramente comunista, ovvero la OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità).

Va da sé che la sua definizione di “comunista” è la stessa che utilizza sempre, ad esempio con UNESCO o gli enti internazionali ONU che studiano il disastro climatico: comunista = non completamente spalmato sulle opinioni di Donald Trump.

E’ anche un peccato che Mr. Trump non guardi la televisione, specie quella italiana. Per tutti i mesi di gennaio e febbraio non si è visto altro che servizi sempre più ampi e spaventevoli sull’emergenza COVID in Cina e poi in Corea del Sud, lockdown, militari per le strade, ospedali stracolmi di ammalati, morti a centinaia, poi a migliaia.

Nel frattempo, qui in Europa il virus contagiava qualcuno qua e là, ma i numeri restavano a piccole cifre: forse gli italiani si sono già dimenticati di quando anch’essi diedero la colpa ai cinesi, disertando negozi e ristoranti gestiti da orientali purché fosse, magari residenti qui da decenni e che ti parlavano con accento milanese o romanesco. Sassaiole e insulti all’uscita di scuole frequentate da orientali. Ricordate?

Il manzoniano “dalli all’untore”, oltre ad una moderata pietà per quei poveri cinesi di Wuhan che crepavano come mosche, ci tenne occupati per almeno sei settimane.

A quasi nessuno venne in mente di prepararsi “al peggio”: qual era lo stato della ricettività ospedaliera in caso di un’epidemia di polmonite virale? Quanti erano i posti in terapia intensiva? I medici di base e le unità di assistenza medica sul territorio erano stati preparati? E le mascherine? (proprio l’abc anche per chi soltanto aveva visto un qualunque film catastrofico nello stile di Contagion del 2011, o mille altri: MASCHERINE!).

Era possibile predisporre un sistema di diagnosi massiva e veloce per individuare i contagiati? Nulla di tutto questo, se non in qualche lodevole eccezione che menzioneremo in seguito.

Eppure, nel frattempo, i cinesi ci facevano vedere – con il lockdown “estremo” – che l’epidemia si poteva non soltanto contenere, ma stroncare proprio. I coreani, invece, ci facevano vedere che con i test e il tracciamento, senza adottare gli estremi rimedi cinesi, l’epidemia si poteva contenere ugualmente bene.

Ma quale “sorpresa”, di grazia, parlano i nostri politicanti? In Europa le morti hanno iniziato a fioccare quando in Cina era già tutto finito o quasi. Prima in Italia, tanto è vero che – ricordate? – i cari vicini di casa europei hanno fatto in tempo a trattare gli italiani allo stesso modo con il quale – un mese prima – gli italiani trattavano i cinesi: come untori.

Ma la globalizzazione se ne frega dei confini: ed in breve l’Europa è ritornata “comunitaria”, comunitariamente investita dall’epidemia.

Con alcune piccole differenze: la Germania, l’Austria e pochi altri stati, favoriti da una eccellente situazione di partenza della sanità, non erano del tutto impreparati, hanno tenuto botta a volte con una certa difficoltà, ma se la sono cavata.

Potrà poi sembrare gretta e senza cuore, ma ha una sua meschina razionalità, la loro riluttanza ad aiutare economicamente altri paesi europei altrettanto ricchi che però, per fare un esempio a caso, avevano preferito smantellare la sanità pubblica per investire in Grandi Opere inutili e dannose. Ogni riferimento all’Italia e al TAV è puramente causale.

Ma vediamo – scopo di questo articolo – di esaminare, una volta chiarite le nefandezze di casa nostra, anche tre gravissimi disastri avvenuti sul nostro povero pianeta, a causa del grande ingegno nocchiero di tre personaggi.

Appena fuori dall’Unione Europea, la Gran Bretagna soccombeva a partire da marzo alla dabbenaggine di un onesto, persino simpatico nella sua cazzoidalità, ma ignorante ed incapace Primo Ministro. Il buon Boris Johnson, si sa, è primo ministro per caso, miracolato dalla comprensibile repulsione dei britannici per la UE: chiunque, purché implementasse la Brexit, sarebbe stato eletto.

Il povero Johnson ha perso settimane preziose farneticando dietro l’immunità di gregge, senza capire che il gregge, prima di raggiungere l’immunità, avrebbe avuto – diciamo – un milioncino di pecorelle morte. Salvo poi ricredersi, correre ai ripari in ritardo, beccarsi anche il virus e restarci quasi secco.

Nel grafico qui sotto, accomunati con gli USA, possiamo vedere la bella riuscita della tattica attendista della Gran Bretagna: quasi 34.000 morti.

Come si vede dal grafico, fino a oltre metà marzo, i decessi in Gran Bretagna erano assai contenuti. Fino al 23 marzo, erano morte laggiù, in tutto, meno persone di quante ne sono morte in un giorno il 14 maggio.

E nel frattempo, negli Stati Uniti? Gli USA sono rimasti quasi intoccati, come decessi, fino quasi a fine marzo. Sebbene il primo caso di COVID sia stato segnalato il 23 gennaio, la partenza dell’epidemia è stata così lenta che persino George W. Bush junior, proprio per citare il peggio, con due mesi di tempo avrebbe trovato il modo di mobilitare le enormi risorse di quel paese.

Questa amministrazione, invece, ha fatto questo, nell’ordine: dire che era poco più che un’influenza e che comunque non sarebbe stato un loro “business”, pensare a comperare petrolio dato il basso prezzo, lasciare che gli stati più colpiti si arrangiassero, dichiarare nel pieno del decollo dell’epidemia di voler “riaprire tutto” per Pasqua, pompare enormi quantità di denaro per tenere in piedi aziende già bollite da prima dell’epidemia, chiamare il COVID “virus cinese”, incolpare la Cina, chiedere danni e minacciare sanzioni, incoraggiare le manifestazioni della destra più becera che irresponsabilmente chiede di riaprire tutto.

Tralasciamo le battute sulla varechina, che sono soltanto triste folklore dell’ignoranza più crassa.

Guardiamo un attimo il grafico qui sotto, con i morti ogni giorno in USA: a colpi di alcune migliaia di morti al giorno, ci si avvia tristemente, nel giro di una settimana, a raggiungere i 100.000 morti.

Non vi sono segnali certi di rallentamento dell’epidemia, come fortunatamente si hanno in molti stati europei: con quale coraggio criminale l’amministrazione USA farnetica e non solo, procede anche, a riaprire tutto, nonostante gli appelli sempre più inascoltati anche dei loro stessi consulenti ed esperti?

Trump parla sempre di “guerra”, nei suoi discorsi sul COVID. Non lo è: si tratta di strage. Ed è il governo federale il serial killer.

Veniamo in ultimo al fascista Bolsonaro del Brasile. Questo ometto è forse il più ripugnante dei tre. Ha inanellato perle su perle: ha iniziato col deridere con compatimento la popolazione italiana, vittima del virus in quanto debole e piena di vecchi, contrariamente ai popoli giovani e con “rassa potente”.

Poi ha detto che “i veri uomini il virus non lo prendono”, continuando a sprezzare le stesse minime norme di sicurezza che il suo governo ha implementato.

I risultati, purtroppo, sono visibili in questo ultimo grafico qua sotto: per tutto marzo il Brasile era quasi indenne, e fino a metà aprile l’epidemia era a sviluppo talmente lento che non appariva impossibile contenerla.

Ora, invece, non sono solo i numeri – si è comunque arrivati a quasi 15.000 morti – a spaventare, ma la “tendenza”. Cosa significa? Non c’è bisogno di essere dei fini statistici o degli epidemiologi di chiara fama, per capirlo: basta guardare la forma delle due curve nella figura qui sopra, che confronta il Brasile con la Spagna, uno degli stati europei più colpiti.

La curva dei decessi per la Spagna ha ora la concavità rivolta verso il basso. Ovvero: la pancia in alto. Se non succedono guai, dà vistosi segnali di rallentamento e di saturazione. Ovvero: dovrebbero morire sempre meno persone.

Per il Brasile, invece, è il contrario: pur con numeri già grandi, il grafico ha una forma esponenziale con una pendenza elevatissima. Davvero spaventosa. Purtroppo, se non succede qualcosa, in Brasile moriranno sempre più persone. Ed è una nazione grandissima, con grandi agglomerati urbani.

Contrariamente a Bolsonaro, noi – atei militanti – facciamo appello a qualunque divinità, incluso Marte dio della guerra e patrono dei militari, affinché aiuti il popolo brasiliano.

Ci dispiace dover scrivere sempre degli articoli così poco incoraggianti. Ma almeno su un punto vorremmo consolare il lettore. Non crediamo che dietro questa strage mondiale legalizzata vi sia un qualche complotto, o comunque una volontà malvagia. Si tratta di un misto di due fattori:

  1. Anteporre il denaro e i beni materiali alla vita umana. Risparmiando su risorse essenziali come la sanità, ascoltando gli industriali che non vogliono chiudere le fabbriche e poi che vogliono riaprire prima del dovuto, eccetera.

  2. La stupidità, l’ignoranza, l’incompetenza. Diceva Gianni Brera, parlando di cose molto più futili: “Il calcio italiano è pieno di ruggente pistolaggine!”. Esattamente.

Ma il problema è a questo punto principalmente uno. La stupidità umana, in questo caso dei nostri governanti, è infinita, come asseriva Einstein. Fino a che punto si spingerà nei prossimi mesi, non è dato saperlo.

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