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Epidemia. I dati, oltre le speranze

Dato che oramai è praticamente impossibile capire quali siano i reali dati sull’epidemia in Italia, cerchiamo di arrangiarci come al solito, cioè trovando le informazioni da fonti affidabili all’estero. Per fare un discorso semplice, prendiamo i dati del database mondiale della Johns Hopkins University, reperibili e bi-giornalmente attualizzati al sito: www.coronavirus.jhu.edu.

In Italia, infatti, sta emergendo una più che comprensibile “saturazione” dell’opinione pubblica per quanto riguarda le cifre su contagi, malati, morti. I media si sintonizzano, e dopo aver parlato per tutto gennaio di cataclismi da contagio (che non c’erano), ora parlano solo più di “Fase 2”. Comprensibile, ribadisco.
I dati giornalieri per l’Italia parlano ormai di “poche centinaia di malati in più”, frase molto rassicurante dopo le cifre da tregenda che abbiamo visto nelle settimane passate.

La realtà è un’altra. Ogni giorno abbiamo in Italia 3-4mila contagi in più, dato più o meno stabile. Certo, se a questa cifra – persone diagnosticate OGGI – sottraiamo altre persone, in particolare quelle che sono guarite oggi (ammalatesi settimane fa) e quelle morte oggi (anche queste, certo, ammalatesi settimane fa e che non sono più malate) otteniamo questi rassicuranti numeri privi di significato, sul numero degli “attualmente malati oggi”: comunque, in crescita, in più oggi, nonostante le guarigioni e le morti.

C’è una nazione, oggi, che a causa della incapacità, incuria, dabbenaggine criminale del suo governo, ci “batte” come numeri assoluti del contagio: gli USA di Trump.

Pur partiti con un confortevole ritardo, hanno ampiamente scalato i gradini del disastro: ci sono a ieri (sabato 18 aprile, ndr) in USA oltre 700.000 contagi confermati (contro i nostri 172.000) e oltre 37.000 morti (noi, “solo” 22.745).

Se poi guardiamo i dati giornalieri, ieri in USA quasi 32.000 nuovi casi, e 3.857 morti. In Italia, circa 3.500 nuovi casi e 575 morti.

Sono messi peggio, allora, poveri “americani”. Certamente. Bisogna tener però conto che sono una nazione grande: loro quasi 317 milioni, noi 61,5.

Proviamo a fare qualche conto pro-capite, che sono quelli che trovate nei grafici.

Negli USA c’è un rateo cumulativo di contagio di circa 210 persone ogni 100.000 abitanti, in Italia 280 su 100.000

Negli USA c’è un rateo cumulativo di circa 11 morti su centomila abitanti, in Italia circa 38 su 100.000.
Eh, ma loro ADESSO sono messi peggio! Sì, calcolando, ieri (sabato 18 aprile, ndr) hanno avuto circa 100 nuovi contagi per milione, contro i nostri 57 per milione. Ed hanno avuto ieri 12 morti per milione, contro i nostri 9.

Sono messi un po’ peggio. E le loro curve tendenziali sono un po’ più pendenti.

Cosa possiamo concludere? Facile: in USA, solo più Trump farnetica di “riaprire” per “salvare l’economia” (di morti e malati, importa sega). In Italia, sotto il grande vento alitato dai confindustriali, non si parla d’altro.

Senza accennare se non di sfuggita al punto essenziale: dato che – confrontando i dati di letalità del contagio italiani con quelli dei paesi che ne sono usciti – è probabile che i contagiati (asintomatici o quasi asintomatici, guariti con anticorpi, o con infezione in atto) siano forse cinque milioni.

Come è possibile pensare a una ripartenza che – prima regola nel combattere un contagio – non comprenda INNANZITUTTO uno screening a tappeto della popolazione, per sapere chi è stato contagiato e chi no? Chi ha infezione in atto ed è contagioso e chi no?

Dice: ci sono pochi tamponi, poi non sono affidabili. Domando per sapere: se avete avuto un contagio da virus, come avete fatto a scoprirlo? Dai sintomi, certo. E poi? Poi con le analisi del sangue. Epatite, HIV, Mononucleosi, Citomegalovirus, etc. etc. Vi sono test affidabili per tutti questi virus.

Ce ne sono di affidabili anche per il Covid19, contrariamente a quanto affermano alcune immobili cariatidi che consigliano i nostri decisori politici.

Invece di costruire improbabili e rassicuranti castelli in aria sulla Fase 2, fondati sul nulla per quanto riguarda la reale diffusione del contagio, si approvino i test sierologici più affidabili, una buona volta, e si faccia quello che si deve fare.

Non dei “piani di ripartenza” basati su calcoli di probabilità senza statistiche: chiamiamoli – se così è – con il loro vero nome. Giocare a dadi con la vita dei lavoratori italiani e delle loro famiglie.

Si riparta non giocando a moscacieca, ma seguendo un metodo – chiedo scusa per il termine ostico e desueto – scientifico.

Altrimenti, è probabile che i sacrifici degli italiani in queste settimane siano vanificati sull’altare della produzione ad ogni costo, e i nostri numeri sull’epidemia – per ora un po’ meglio degli USA, anche se non troppo – tornino a primeggiare nella “seconda fase” gestita in maniera sciagurata.

Nonostante loro abbiano Trump.

* Scienziato, comunista, disordinatore delle narrazioni tossiche del potere

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2 Commenti


  • Pasquale

    Molto interessante e, se ascoltato, rassicurante.


  • Ottavio Romano

    Sarebbe interessante avere un aggiornamento ad oggi (31 maggio) da parte del compagno Zucchetti

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