Che la parabola di Matteo Salvini fosse sempre più vicina all’impatto sulla terra, era chiaro da tempo. Passare dal 40% circa dei voti ad appena l’8% non sembra in nessun caso un successo. Se poi pensiamo che nel comune di Bologna, alle recenti elezioni regionali, la Lega (3,01%) ha ottenuto meno voti di un Potere al Popolo in crescita (3,44%) abbiamo un reel che descrive a che velocità è arrivata la caduta libera.
La certificazione della fine del Salvini tonitruante e vincente è arrivata con il congresso regionale in Lombardia. Ieri, infatti, si è imposto come nuovo segretario lumbard Massimiliano Romeo, attuale capogruppo al Senato, che non ha certo lesinato le critiche chiedendo – di fatto – che la Lega torni alle origini, a Umberto Bossi, perché “se non parliamo più del nord, al nord i voti non li prendiamo”. La standing ovation della sala ha incenerito il “tonitruante”, che ha poi parlato con i toni soliti ma senza trascinare più neanche i suoi.
Di più, Romeo ha buttato alle ortiche l’intera linea politica leghista degli anni salviniani: “Nell’immaginario collettivo, la destra sarà sempre rappresentata dalla Meloni. È inspiegabile questo continuo cercare un posizionamento politico nuovo e dimenticarci di coltivare il nostro spazio politico. La Lega rappresenta il movimento del territorio agli occhi dei cittadini, noi i voti li prendevamo dappertutto. Questa deve essere l’idea: riprendiamoci la nostra identità, la vera identità, poi possiamo parlare di temi di destra, sinistra o centro”.
Addio “Lega Nazionale”, insomma, tutta concentrata sulla demonizzazione dei migranti e dei sindacati, della magistratura e dei cantanti… Si vede e si sente che quel tanto di base operaia che negli anni scorsi aveva scelto i leghisti abbandonando Cgil e Pd – responsabili della distruzione del potere contrattuale dei lavoratori e dello smantellamento dei diritti – sta vivendo l’ennesima delusione.
Il pur minimo neo-movimentismo della Cgil, sfociato nel primo sciopero generale da tempo immemorabile, deve aver fatto presa lì dove era cominciata la frana. E la smania di precettare i lavoratori, anche quando era chiaramente senza alcun appiglio legale, ha contribuito non poco a far spezzare il ramo che aveva scambiato per un trono.
Persino il pallido presidente regionale, Attilio Fontana, ha mollato sul ciocco l’ex “capitano”. “Io se sono qui, sono qui per combattere a favore della Lombardia e a favore del Nord. Perché’ il problema del Nord c’è, ed è sempre più presente. Non possiamo far finta che sia una cosa superata”. E “qualche nemico c’è anche nella Lega perché quando vedo certi emendamenti, firmati da alcuni rappresentanti di altre zone, che vanno a danno della Lombardia, io mi incazzo come una bestia”.
Il riferimento esplicito è quei presidenti meridionali di centrodestra che hanno larvatamente appoggiato la richiesta di referendum popolare contro la legge sull’autonomia differenziata.
Salvini aveva fatto i suoi conti già prima e, per evitare una conta che lo avrebbe messo in forte minoranza, ha fatto ritirare il “suo” candidato alla segreteria, quel Luca Toccalini messo a capo dei “ggiovani”.
Ma è in ogni caso una sconfitta storica, e proprio in casa sua.
La strada ora sembra tutta in discesa verso una defenestrazione definitiva. Forse non sarà in occasione del processo per il sequestro di una nave della Marina militare che trasportava migranti, ma non mancheranno altre occasioni.
Il precettatore è dimezzato. Il governo Meloni si prepara perciò ad altre turbolenze. Diamoci da fare perché siano devastanti…
- © Riproduzione possibile DIETRO ESPLICITO CONSENSO della REDAZIONE di CONTROPIANO
Ultima modifica: stampa