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Napoli. Giustizia e verità sulla morte di un ragazzo di 15 anni

Una storia da chiarire. E’ una sconfitta della nostra città il fatto che quel ragazzino sia andato a fare una rapina con una pistola giocattolo, ma anche il fatto che un carabiniere, che dovrebbe essere ben addestrato, spari in petto e alla nuca.

E’ indagato per eccesso colposo di legittima difesa il carabiniere di 23 anni che nel corso di una rapina a Napoli, ha sparato a Ugo Russo, 15 anni, ferito gravemente e morto poi all’Ospedale Vecchio Pellegrini. La famiglia del ragazzo ha chiesto alla che Procura di acquisire le immagini delle telecamere di videosorveglianza presenti nella zona di Santa Lucia per la ricostruzione dei fatti. Una storia da chiarire. E’ una sconfitta della nostra città il fatto che quel ragazzino sia andato a fare una rapina con una pistola giocattolo, ma anche il fatto che un carabiniere, che dovrebbe essere ben addestrato, spari in petto e alla nuca. Ugo Russo viveva nei Quartieri Spagnoli ed era incensurato come il suo complice, un 17enne che viveva nello stesso quartiere. Lavorava come fruttivendolo e si era iscritto a un corso del Comune per imparare un lavoro. Il padre del giovane ha fatto sapere – tramite il legale, l’avvocato Antonio Mormile – che il ragazzo sarebbe stato colpito da due proiettili: uno al torace ed uno alla nuca e parla di “omicidio”: “So bene che anche il carabiniere è un ragazzo – ha affermato il papà della vittima – che possa aver avuto paura. Dico però una cosa: dopo il primo proiettile sparato al colpo, giustificato dallo spavento, perché non ha approfittato per andarsene? Voleva fare l’eroe e bloccarlo per arrestarlo? Perché, allora, non sparargli a una gamba? In testa no, in testa è un’esecuzione. Siamo distrutti – continua – mia moglie non riesce nemmeno a parlare, io ho trovato la forza perché voglio giustizia”. Immediate le reazioni in Città.  “Nessun oggetto vale la vita di un essere umano, che sia bello o brutto, buono o stronzo. Non possiamo accettare che si spari in petto e alla nuca senza essere in preda di uno scontro a fuoco, ma, invece, di una minaccia con una pistola giocattolo evidenzia in una nota Potere al PopoloSe si è un membro delle forze armate si presume che, per avere un’arma da fuoco – che tra l’altro non si capisce perché la si porta in giro anche quando non si è in servizio – sai essere lucido, ponderato e razionale nell’utilizzo. Troppe cose in questa storia sono ancora poco chiare”.

Duro il commento su Facebook di Gaetano Di Vaio regista, produttore cinematografico, sceneggiatore e attore.  “Muore a Napoli per tentata rapina un ragazzino di 15 anni. Una tragedia immensa accompagnata da commenti ignobili sui social contro il ragazzino ucciso. Io sono padre, e per me quel ragazzo è anche figlio mio – afferma Di Vaio –  Figlio di Napoli e del sud Italia intero lasciato nella povertà e nell’ignoranza. Io piango questo ragazzo che voi tanti chiamate “camorrista” “criminale”“delinquente” come piango tutti i giovani che muoiono in questa Città per mano di quella malavita che queste istituzioni sanno “combattere” solo con le armi della magistratura, (“giustizia”) e non con le armi della cultura, del lavoro, dell’emancipazione. Io penso a quel ragazzino, ma anche a quel ragazzo carabiniere che ha sparato – aggiunge ancora Di Vaio –  Sono vite distrutte solo perché non siamo mai riusciti a cambiare le sorti di Napoli e dell’intero sud italiano. A mio figlio dico: “frequentali questi ragazzi”. Non stare lontano da loro. Hanno bisogno di giovani come te”.

Articolata la posizione assunta dal collettivo Ex Opg, un laboratorio, un riferimento sociale sul territorio nella difesa dei diritti dei senza voce. “Nessun rolex e nessun diamante al mondo, per quanto raro o prezioso, valgono quanto o più di una vita, ormai spezzata, come quella della sua famiglia. La devastazione del pronto soccorso del Pellegrini, per quanto orribile e sicuramente da condannare, non è la vera notizia di stanotte. Questa reazione di rabbia non può e non deve ribaltare la gravità di una morte, la morte di un ragazzo che aveva tutta la vita davanti. Ancora una volta la nostra città ha perso un altro figlio giovanissimo – puntualizza il collettivo ex Opg – Impegniamoci per sanare la condizione delle classi popolari, per portare buoni esempi, per far funzionare le scuole, i servizi di prossimità. Diamo risposte, non accuse, non segregazione materiale o spirituale. Restiamo umani. Bisogna restare umani, e capire il dolore e immedesimarsi con tutte le parti. Bisogna fare politica, e capire che bisogna potenziare scuola, buoni modelli, inclusione sociale, dare lavoro, dare servizi, recuperare alla cittadinanza consapevole tutti. C’è un pezzo di Napoli che vive – a ragione – la delinquenza come un’ingiustizia, che è stanca di subire angherie – dichiarano i militanti del collettivo – Noi lo capiamo, le subiamo anche noi. Ma proprio per questo non crediamo che la risposta sia spararli tutti, o più galera. La risposta sta in quello che facciamo ogni giorno. Lavorare con i bambini, con il doposcuola, essere presenti sul territorio per includere i cittadini, offrire servizi, fare capire che la criminalità non è una via. Costruire una politica che si occupi delle classi popolari, che le renda protagoniste e non le abbandoni. Crediamo che chiunque oggi sia colpito dall’ennesimo episodio, invece di schiumare sui social dovrebbe impegnarsi per trasformare le cose in positivo – sottolineano ancora – Speriamo che si possa aprire un ragionamento serio a partire dal fatto che è morto un ragazzino di 15 anni, che non doveva stare lì, che doveva stare a casa o con gli amici, che doveva avere altre opportunità, altri valori. E che il fatto che sia successo tutto questo non è colpa della sua “natura” o della sua famiglia, ma di tutta la collettività.

In una nota Severino Nappi dell’associazione Il Nostro Posto scrive “Accanto alla richiesta di verità circa la dinamica dell’accaduto, la tragedia della notte scorsa ci interroga su come sia possibile che nella capitale del Mezzogiorno possa accadere che un quindicenne metta a rischio ciò che ha di più prezioso, la sua stessa vita, per una rapina. L’abbassamento dell’età dei ragazzi e delle ragazze che si dedicano all’illegalità deve far riflettere sulle condizioni drammatiche nelle quali versano la Campania e tutto il Sud, dove, evidentemente, si perde la speranza troppo presto. Casi drammatici come questi si possono evitare con la repressione del crimine e con tanta prevenzione: non soltanto di carattere culturale, ma, soprattutto, creando occasioni di riscatto per tutti attraverso la scuola, lo sport e, soprattutto, il lavoro”.

Ildesk.it

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