Menu

Afghanistan: gli scenari dopo la sconfitta dell’Occidente

Domani, lunedì 18 Ottobre, a partire dalle ore 18:00, presso i locali del Civico 7 Liberato, a Napoli, siti in Piazza Museo sotto i portici della Galleria Principe di Napoli, si terrà un interessante momento di approfondimento e di studio, promosso dalla struttura giovanile comunista Cambiare Rotta e dalla Rete dei Comunisti; la quale, da sempre, ha fatto dell’analisi del processo storico in corso, della valutazione del quadro internazionale e degli equilibri geopolitici attuali, nonché dell’indagine teorica e dell’inchiesta metodologica, il focus della sua ricerca in quanto organizzazione comunista.

Domani -con la partecipazione del compagno Giacomo Marchetti (Responsabile affari internazionali della Rete) di Giuliano Granato (portavoce nazionale di Potere al Popolo) e con l’introduzione del compagno Giovanni Di Fronzo (collaboratore del quotidiano Contropiano sulle questioni internazionali)– la lente si allargherà sulla crisi afghana, determinatasi nella regione dopo la sconfitta dell’imperialismo statunitense e dei suoi alleati euroatlantici, ed il ritorno al potere degli studenti coranici.

Ovverosia, quei Talebani che l’Occidente ha considerato, dopo averli resi strumento della sua sporca guerra antisovietica ed anticomunista, l’ennesimo “male assoluto” direzionato contro il proprio modello culturale ed esistenziale.

Vale a dire, una democrazia ridotta a simulacro di sé stessa dalle ferree leggi del Profitto e del Mercato; e divenuta l’alibi per giustificare qualunque guerra e qualunque massacro -sistematicamente in deroga al diritto internazionale- di popoli e paesi che non condividano uno stile di vita vorace ed avido, classista e guerrafondaio.

Uno stile di vita fondato sul privilegio, sul razzismo e sul colonialismo, retto dalle ricattatorie logiche del debito, e il cui unico obiettivo è la ricerca frenetica di nuovi mercati, ai quali imporre il proprio modo di produzione, ad uno con l’asfissiante paradigma del pensiero unico sul piano culturale.

Dopo quarant’anni, durante i quali l’imperialismo a stelle e strisce e l’occidente capitalista hanno organizzato colpi di stato nel quadrante mediorientale, provocato conflitti e guerre, finanziato i gruppi islamisti più radicali e reazionari; dopo quarant’anni di omicidi e massacri, compiuti direttamente o per interposto esercito; dopo quarant’anni di devastazioni e stupri, commessi altresì desertificando territori e polverizzando la civiltà di una delle culture più antiche al mondo;

dopo quarant’anni in cui si sono buttati fiumi di denaro in un conflitto criminale e surreale: il tutto per ridisegnare la cartina geopolitica del mondo ed accedere alle “vie” degli oleodotti e allo sfruttamento del petrolio; per non dire del business dell’eroina, di cui le megalopoli occidentali sono le prime sacche di consumo, o di quello delle lucrose spese militari;

dopo quarant’anni durante i quali si è coperto il tutto con la menzogna della guerra al terrorismo…

Quest’estate, d’improvviso, il senso di umanità del consesso civile residente nell’ovest del globo , sopito sotto la coltre putrida della democratura liberista, s’indignava nell’assistere alle scene in Tv, mandate in onda dall’aereoporto di Kabul.

Viscida ipocrisia che, in quanto comunisti, non possiamo far altro che rifiutare.

E già, perché prima, quello che i media occidentali ci stanno dando letteralmente in pasto da mesi, trattandoci alla stregua di sciacalli, succedeva a nostra per così dire insaputa. Dal momento che l’ordine della governance, che detta legge nel sedicente mondo libero, tanto per cambiare, cosi imponeva.

In forza del fatto che stragi, stupri, omicidi e violenze erano le nostre democratiche e libere nazioni a compierli. Non i Talebani.

È la cifra dell’ indecenza massmediologica democratica, la narrazione tossica!

Quella narrazione che, da quel momento in avanti, sta coinvolgendo anche Cina, Iran e Russia. Nuovi nemici delle nostre luminescenti patrie demoliberali.

D’altra parte, assistiamo inermi, da tempo, ad un’ irrimediabile colonizzazione dell’immaginario da parte del Capitale, che ci detta le coordinate cui noi, acriticamente, aderiamo.

Laddove, invece, i Talebani sono, piaccia o no, l’espressione anche di parte -ancorché quella forse più reazionaria- dei ceti subalterni afghani.

Quei ceti subalterni che trovavano un punto di riferimento nel governo comunista e filo sovietico di Najibullah. E che da quarant’anni, oramai, hanno subito, sul terreno socio-politico e socio-culturale, una chiara torsione teocratica e premoderna!

Ma il governo di Najibullah era, a dire dei soloni demoliberal, una feroce dittatura comunista, di cui tutto l’Occidente salutò, con fervida emozione, la sconfitta e la caduta.

Così potendo finalmente trionfare la libertà, la democrazia e i diritti.

La libertà di comprare ed essere comprati. La democrazia del mercato e del profitto. E i diritti del più forte. Da imporre semmai con le armi.

E allora, è necessario ristabilire un minimo di verità!

Quei comunisti, pur tra mille conflitti intestini e mille difficoltà, verso la fine degli anni ’60 e nel decennio ’70, avevano portato -con laiuto, ovviamente, della pur contraddittoria Unione Sovietica- un paese arretrato culturalmente ed economicamente feudale come l’Afghanistan, sulla strada di riforme progressiste e laiche.

Giusto per fare qualche esempio concreto e significativo:

divieto per le donne di indossare il burqa; divieto di matrimoni forzati e limite di età per il matrimonio stesso; riforma agraria di ridistribuzione delle terre per passare da un sistema feudale ad uno socialista; industrializzazione; introduzione di scuola e sanità pubblica sia per i maschi che per le femmine.

Poi però, arrivò l’amico americano (al quale potremmo anche dare il nome reale di Charles Wilson, senatore a stelle e strisce) che nel segno dell’ anticomunismo viscerale e pur di vincere la Guerra Fredda, finanziò, con centinaia di milioni di dollari, quei mujahideen che sconfissero, certo, un’ Armata Rossa già in dissesto. Ma aprirono le porte al nuovo Stato teocratico e ai Talebani.

Nel tripudio idiota e poco lungimirante di una sinistra già allora sempre più indirizzata sulla strada dello smantellamento ideologico, annacquata e compatibilista.

Una sinistra che preferiva il berlingueriano “ombrello della Nato” alla possibilità rivoluzionaria di sovvertire quel Modello di Produzione Capitalista – tanto caro alle democrazie liberali anglosassoni ed europee- che è poi la causa prima, esso sì, di conflitti, guerre e impoverimento di larghi strati della popolazione mondiale.

E dunque, conseguentemente, del rinnovato potere degli Studenti Coranici.

Una sinistra che oggi, ipocritamente frigna per le sorti delle donne afghane e che rimpiange, con i suoi campioni dei cosiddetti diritti civili -uno per tutti, Concita De Gregorio i tempi delle minigonne a Kabul.

Minigonne portate da quella libertà che nasceva con l’avvento del comunismo.

Se ne facciano una ragione le borghesie, così profondamente toccate dai disastri umanitari!

Di tutto questo e di altro ancora, dunque, si parlerà domani, durante il dibattito promosso da Cambiare Rotta e dalla Rete dei Comunisti.

Al Civico 7 Liberato. A partire dalle ore 18:00.

- © Riproduzione possibile DIETRO ESPLICITO CONSENSO della REDAZIONE di CONTROPIANO

Ultima modifica: stampa

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *