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Caos Calmo. La politica sotto attacco non sa fare altro che tacere

Da mesi la classe politica giuglianese è sotto attacco di una serie di indagini della Procura di Napoli Nord, che vedono coinvolti anche dipendenti della pubblica amministrazione.

A fronte delle accuse gravissime che sono mosse dagli investigatori, l’intero fronte della politica locale tace. In una sana democrazia effettiva, le inchieste giudiziarie avrebbero dovuto quantomeno generare un vasto dibattito politico, mediatico, cittadino. A parte le singole notizie rilanciate da qualche testata locale, invece, nulla più.

La magistratura farà le sue inchieste e i processi i loro corsi. A noi interessano il bene della collettività e gli aspetti politici delle vicende che stanno sconquassando la politica locale.

Siamo convinti che le pratiche di diffusa corruttela che infestano il nostro territorio siano determinate da una pluralità di fattori, alcuni assolutamente dominanti.

Se nella Prima Repubblica la corruzione seguiva per lo più le logiche dei partiti e delle loro correnti interne, negli ultimi decenni, anche per ciò che emerge dalle inchieste giudiziarie, predomina l’affarismo di natura privatistica, di piccoli gruppi (più o meno familiari) che operano per i loro interessi, usando i “contenitori” politici come meri strumenti di legittimazione del proprio operato pubblico.

Oggi, alla scadente qualità della classe politica locale, si combinano anche fattori più “strutturali” che riguardano direttamente le trasformazioni della pubblica amministrazione e lo smantellamento dello “stato sociale” degli ultimi decenni.

In ossequio ai dettami del “libero mercato”, la pubblica amministrazione si è trasformata in una mucca da mungere e null’altro, senza avere alcuna funzione nemmeno più direttiva e di indirizzo. La spesa pubblica – in costante riduzione, soprattutto negli enti locali – è orientata verso il mercato. Un mercato, tuttavia, viziato dalle logiche clientelari.

Numerosissimi servizi sono “esternalizzati”, affidati ai privati (dal “privato sociale” a vere e proprie imprese capitalistiche), il cui unico obiettivo è quello di produrre profitto. Il tutto avviene a discapito del benessere collettivo e dei bisogni delle masse popolari.

Servizi essenziali, che potrebbero essere gestiti dall’ente pubblico, orientato al soddisfacimento dei bisogni e non al profitto, sono affidati a privati, con la conseguenza che si genera concorrenza al ribasso nelle offerte, a discapito dell’utenza e dei diritti dei lavoratori che vi operano (salari bassi, precarietà contrattuale, condizioni lavorative deteriori, ritmi elevatissimi, resistenza alla sindacalizzazione…).

In altri casi, il Comune investe in opere pubbliche, ma poi le strutture vengono affidate a privati, che pagano canoni miserevoli ed estraggono grandi profitti a discapito della cittadinanza, che paga due volte: la prima volta per la spesa pubblica destinata alla costruzione di opere che saranno gestite da privati; la seconda per poter accedere ai servizi dati in gestione a questi ultimi.

La corsa all’accaparramento delle gare non fa altro che incentivare distorte commistioni tra pubblico e privato, tra amministratori/politici locali e imprenditori.

Da ultimo, inoltre, la riforma del 2023 del Codice degli appalti pubblici ha aumentato enormemente le soglie per l’assegnazione diretta di lavori e servizi, senza passare per le gare pubbliche (dai 40.000 euro si è passati, rispettivamente, alle soglie di 150.000 e 140.000 euro). Ciò attribuisce in capo all’amministratore locale enormi poteri decisionali slegati da qualsiasi forma di evidenza pubblica, alimentando le distorsioni già denunciate e la commistione di interessi tra pubblico e privato.

𝑷𝒓𝒆𝒏𝒅𝒊𝒂𝒎𝒐 𝒔𝒑𝒖𝒏𝒕𝒐 𝒅𝒂𝒍𝒍𝒆 𝒓𝒆𝒄𝒆𝒏𝒕𝒊 𝒗𝒊𝒄𝒆𝒏𝒅𝒆 𝒈𝒊𝒖𝒈𝒍𝒊𝒂𝒏𝒆𝒔𝒊 𝒑𝒆𝒓 𝒄𝒉𝒊𝒆𝒅𝒆𝒓𝒆 𝒏𝒐𝒏 𝒔𝒐𝒍𝒕𝒂𝒏𝒕𝒐 𝒖𝒏 𝒑𝒖𝒃𝒃𝒍𝒊𝒄𝒐 𝒄𝒐𝒏𝒇𝒓𝒐𝒏𝒕𝒐 𝒔𝒖 𝒕𝒆𝒎𝒂𝒕𝒊𝒄𝒉𝒆 𝒅𝒊 𝒊𝒏𝒕𝒆𝒓𝒆𝒔𝒔𝒆 𝒈𝒆𝒏𝒆𝒓𝒂𝒍𝒆, 𝒎𝒂 𝒂𝒏𝒄𝒉𝒆 𝒑𝒆𝒓 𝒂𝒗𝒗𝒊𝒂𝒓𝒆 𝒖𝒏 𝒅𝒊𝒃𝒂𝒕𝒕𝒊𝒕𝒐 𝒔𝒖𝒍𝒍’𝒆𝒍𝒂𝒃𝒐𝒓𝒂𝒛𝒊𝒐𝒏𝒆 𝒅𝒊 𝒑𝒓𝒐𝒑𝒐𝒔𝒕𝒆 𝒂𝒍𝒕𝒆𝒓𝒏𝒂𝒕𝒊𝒗𝒆 𝒅𝒊 𝒈𝒆𝒔𝒕𝒊𝒐𝒏𝒆 𝒅𝒆𝒍𝒍𝒂 “𝒄𝒐𝒔𝒂 𝒑𝒖𝒃𝒃𝒍𝒊𝒄𝒂”, 𝒔𝒐𝒕𝒕𝒓𝒂𝒕𝒕𝒂 𝒂𝒍𝒍𝒆 𝒍𝒐𝒈𝒊𝒄𝒉𝒆 𝒅𝒆𝒍 𝒎𝒆𝒓𝒄𝒂𝒕𝒐 𝒆 𝒂𝒍𝒍𝒂 𝒃𝒓𝒂𝒎𝒂 𝒅𝒊 𝒑𝒓𝒐𝒇𝒊𝒕𝒕𝒐 𝒅𝒆𝒊 𝒑𝒓𝒊𝒗𝒂𝒕𝒊.

Siamo consapevoli che un semplice “ritorno al pubblico” non assicuri alcuna risoluzione dei mali denunciati, ma sarà necessario immaginare e costruire delle nuove “istituzioni” di partecipazione democratica alla amministrazione pubblica, che esercitino un costante “controllo popolare”, per evitare che il decisore politico agisca indisturbato.

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