Dopo meno di 24 ore dal voto, l’Italia si è svegliata nella depressione diffusa della gran parte dei mass media rispetto al voto di domenica. Sembra che il Paese sia improvvisamente in preda a un grande caos da un lato, e destinato all’ingovernabilità dall’altro.
Renzi si dimette senza dimettersi davvero e giurando odio e ostilità al M5S e mandando un chiaro messaggio a chi nel suo partito vorrebbe aprire al partito vincitore di questa tornata elettorale. Di Maio rivendica la sua posizione di vincitore, ma sa bene che per avere poter formare il governo, con qualcuno dovrà parlare. Berlusconi si erge nuovamente a garante del centro destra, che ha visto la Lega diventare definitivamente un partito nazionale. Grasso fallisce miseramente i suoi sogni di gloria ma manda comunque la sua rappresentanza in Parlamento, mentre la Bonino ce la fa per un soffio davvero. Casapound fallisce miseramente (e per fortuna), mentre la sfida di Potere al Popolo non supera lo sbarramento, ma non abbatte il suo morale, e rilancia sull’assemblea nazionale del 18/3 prossimo, a Roma.
Di certo i risultati del voto del 4 marzo, hanno consegnato un immagine di un Paese diviso, non in destra e sinistra, ma in tanti pezzettini che rappresentano le diverse condizioni sociali della società. Ha consegnato un Paese, lo diciamo da ben prima di questa campagna elettorale, ad uno stato di stallo temporaneo che ancora non si sa a cosa porterà, ma con molta probabilità non uscirà da quel sistema di compatibilità con i diktat dell’Unione Europea che stanno causando la frammentazione della società nel nostro Paese.
Sul piano nazionale in assoluto trionfa il M5S, anche se di trionfo non si può davvero parlarle, ma il dato che emerge è, in continuità con altri Paesi dell’UE in crisi, l’avanzata della destra e del populismo.
Nelle diverse regioni, la situazione rispecchia più o meno la stessa situazione.
In Emilia Romagna ad esprimersi è stato il 78,2% degli aventi diritto, contro l’82% di 5 anni fa, confermando il trend dell’astensionismo di questi anni. Un inversione di rotta “storica” della regione rossa, che mostra la crisi definitiva del PD, in continuità con il “devastante” risultato nazionale. Un 11% in meno, in regione, che pesa come un macigno non solo sui vari leader PD nostrani, ma anche sui cugini di LEU, che hanno tentato infelicemente la “rivolta” ma che si fermano intorno al 4.5%, anche se tra gli eletti sono riusciti a rientrare sia Bersani che Errani. Una tendenza che alle scorse ammnistrative aveva già portato il PD a considerare la necessità di “tornare sul territorio” (cosa citata pure da Renzi in occasione delle sue dimissioni), evidentemente senza successo.
La proposta di Potere al Popolo conquista le periferie, e anche se nel dato complessivo cittadino e regionale pesa tra 1 e il 2%, nei quartieri periferici, come la Bolognina, dove la campagna elettorale ha insistito con la ragione e con la forza di molti militanti, raggiunge il 4.2%. Un risultato importante per un movimento nato poco piu di 3 mesi fa. “Un risultato su cui riflettere” scrive in un post Eurostop in merito al risultato “da analizzare con attenzione, ma già da queste prime occhiate ribadisce quello che abbiamo sempre detto sin dall’inizio: la lotta paga. L’organizzazione popolare e la forte operazione verità sugli effetti nefasti delle politiche di austerity che l’UE ha imposto ai territori e alle periferie metropolitane ha ripagato e conquistato il cuore e la mente di molti e molte che ci hanno dato fiducia. Da qui siamo partiti, e da qui ripartiamo oggi. Nelle periferie ogni giorno, verso l’assemblea nazionale di Potere al Popolo del 18 marzo.”
Il primo partito in Emilia Romagna è, come sul piano nazionale, il M5S con il 27,5%, seguito da PD (26.3%) e dalla Lega (19%) alla camera, mentre al senato M5S e PD sono a parimerito. Nel complesso la coalizione di centro destra batte di 3 punti percentuale la coalizione del centro sinistra (33 vs 30%), grazie soprattutto ai voti andati a Salvini a Piacenza (27%) e Ferrara (24%), segnando un ulteriore passaggio storico in una regione come l’Emilia Romagna!
Nessun vero vincitore quindi, segno della profonda frammentazione sociale, della disillusione nei confronti di quel tipo di politica, e della rabbia popolare vittima del populismo e della destra reazionaria.
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