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Roma. Il debito comunale? Doccia “Scozzese”. Per il 60% è verso “ignoti”

Su Roma incombe sempre la spada di Damocle del debito accumulato dal Comune. Ogni volta che è stato posto il problema su dove e come investire risorse, ci si trova davanti il “muro” del debito. Da mesi le reti e i movimenti sociali della città hanno chiesto una radiografia (audit) e una rinegoziazione del debito proprio per dare una “smossa” a questo macigno. Finora non sono arrivate risposte, neanche dalla Giunta Raggi che pure era stata sollecitata alla coerenza con quanto annunciato in campagna elettorale proprio sulla questione del debito. Poi in una sede diversa da quella del Consiglio Comunale, è arrivata una doccia scozzese, anzi della commissaria Scozzese, contenuta in una relazione inviata tre giorni al Parlamento. In un’intervista al “Messaggero”, l’ex assessora Silvia Scozzese, oggi commissario straordinario per il debito del Campidoglio, ha spiegato che “per il residuo debito non finanziario il lavoro è ancora in fieri, anche perchè dagli atti a disposizione della gestione commissariale non risulta possibile individuare il 60 per cento dei creditori. Stiamo lavorando affinchè il Comune di Roma fornisca gli elementi per completare questi dati, per poi poter pagare tutti i debiti pregressi”. “Oggi ci troviamo con un debito finanziario ancora da pagare di circa 9 miliardi e con un debito commerciale, ossia nei confronti dei privati, di circa 3,1 miliardi. Nel residuo debito non finanziario sono ricompresi i debiti da contenzioso e quelli da espropri, che sono i due capitoli per i quali non ci sono ancora dati definitivi”.

Il commissario straordinario Scozzese sottolinea poi come “nel 2019 potrebbero concentrarsi scadenze soprattutto di natura finanziaria, che potrebbero creare delle esigenze particolari di liquidità, ma stiamo mettendo a punto strumenti adeguati per farvi fronte. In ogni caso dal punto di vista finanziario non ci sono rischi perchè il valore attuale è positivo per più di 600 milioni”. Quello di cui si sta parlando è il cosiddetto "debito storico", anteriore al 2008, e che è stato accumulato negli anni dalle varie amministrazioni capitoline ma che non riguarda gli ultimi tre inquilini del Campidoglio (Virginia Raggi, Ignazio Marino e Gianni Alemanno). Una montagna di debiti distinti in finanziari (circa 9 miliardi ancora da pagare) e commerciali (quelli cioè nei confronti dei privati, pari a 3,1 miliardi). Insomma una situazione che un serio audit del debito avrebbe visualizzato con largo anticipo e che, se impugnato, avrebbe magari consentito una discussione e decisione sul bilancio meno appiattito e in continuità con quelli delle giunte precedenti.

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