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A Roma chi decide la politica nella capitale è sempre e solo il malaffare

Potere al Popolo – Roma: con l’arresto di Marcello De Vito nulla di nuovo sotto al sole.

Ancora una volta la politica al servizio delle grandi opere inutili si nutre del sostegno della peggiore corruttela. L’arresto di Marcello De Vito del M5S, Presidente del Consiglio Comunale di Roma, coinvolto sulla inchiesta delle tangenti per sostenere la cementificazione di Tor di Valle con annesso lo stadio, insieme alla costruzione di un albergo presso la ex stazione ferroviaria di Trastevere e alla speculazione sulll’area degli ex Mercati Generali di Ostiense, è la prova provata che nulla è cambiato e che tutto prosegue nel solco dei soli interventi speculativi e inutili nella capitale, che ingrassano sempre i soliti, ora con l’aggiunta di qualcuno nuovo.

A Roma occorre il rilancio delle periferie, un trasporto pubblico che funzioni e che risponda alle esigenze di chi ci lavora e di chi ci viaggia, una mobilità sostenibile e sicura per i pendolari e non l’autostrada Roma-Latina, la sicurezza delle scuole pubbliche, un piano virtuoso dei rifiuti con l’estensione ovunque della differenziata spinta porta a porta, la liberazione dal diffuso lavoro nero e precario che vive dei mancati controlli ispettivi.

Potere al Popolo non smetterà di denunciare e lottare per un progetto che veda finalmente Roma libera dalla corruzione e rispettosa dei suoi abitanti, per una vera riqualificazione urbana e per un pieno riscatto di chi oggi in questa città è sfruttato ed emarginato.

La novità millantata del M5S era un bluff e come tale deve essere smascherata.

Da Roma abbiamo un motivo in più per partecipare alla manifestazione nazionale di sabato 23 marzo contro le grandi opere inutili e per il clima.

Potere al Popolo propone una assemblea in piazza del Campidoglio – la prossima settimana –  per ribadire la necessità di un cambiamento di priorità e di rotta nelle scelte politiche di governo della città.

Roma, 21 marzo 2019

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Roma, cacciare il reprobo non basta

Paolo Berdini

da il manifesto

A conclusione dell’ultima edizione di Roma moderna, la più approfondita storia dell’urbanistica della capitale, il grande Italo Insolera si chiedeva se si potesse parlare di modernità in un città che aveva fatto degli scandali urbanistici e delle speculazioni fondiarie la cifra principale della sua vita. Insolera fece appena in tempo a non vedere l’inchiesta su Mafia Capitale e lo scandalo dello stadio della Roma. Ora siamo a un’altra tappa del gorgo che rischia ormai di inghiottire la città.

Tappa interpretata dai 5Stelle che dopo aver ottenuto un grande consenso elettorale con il refrain «onestà, onestà», devono fare per la prima volta i conti con l’arresto eccellente del presidente del Consiglio comunale Marcello De Vito.

Il paradosso è che i grillini non possono incolpare un oscuro destino. Devono solo assumersi di fronte all’opinione pubblica la responsabilità politica e morale di aver gettato in tutta fretta il lavoro avviato per riportare l’urbanistica romana nella più assoluta legalità, per tornare al comodo porto delle nebbie dell’urbanistica contrattata.

Nel mese di agosto 2016 il Consiglio comunale votò una deliberazione in cui, accogliendo un’osservazione di un comitato di cittadini, si riportavano le cubature generosamente concesse dal sindaco Ignazio Marino alla società proprietaria della ex Fiera di Roma di via Cristoforo Colombo, a quanto stabiliva il piano regolatore, e cioè a quanto prevedeva la legge.

La sindaca Virginia Raggi aveva dunque inviato alla città un messaggio chiaro: quello della fine delle opache contrattazioni sulle dimensioni degli edifici da costruire che è il male oscuro che sta corrodendo la legalità a Roma e in molte altre città italiane. Con l’urbanistica contrattata, si accetta infatti di intavolare con la proprietà fondiaria un defatigante percorso in cui si possono facilmente inserire facilitatori e malversatori di ogni specie.

L’amministrazione Raggi è ancor più colpevole perché il voto di quel lontano agosto provocò l’ira funesta degli speculatori seriali e il comune di Roma fu sottoposto alla consueta raffica di ricorsi amministrativi. Ebbene, quelle deliberazione era congegnata così bene che è uscita indenne da quel fuoco di sbarramento.

Con quel voto i 5Stelle avevano dimostrato che si potesse colpire al cuore la contrattazione urbanistica nel pieno rispetto della legge. Un messaggio straordinario perché veniva dalla città degli scandali urbanistici a ripetizione. La svolta che ha invertito questo inizio promettente avviene a dicembre 2016 con l’arresto di Renato Marra, braccio destro della sindaca. Il comune di Roma viene di fatto commissariato con due esponenti del gruppo di Di Maio, Bonafede e Fraccaro, oggi ministri della Repubblica. Evidentemente, si scelse consapevolmente di ritornare alle vecchie epoche dell’urbanistica contrattata e solo in questo modo si comprende la chiamata di avvocati che dovevano velocizzare le pratiche più delicate e scottanti.

È in tal senso un gioco inutile quello di scaricare il reprobo De Vito. Ripeto, la svolta incomprensibile del movimento 5Stelle romano avvenne quando la sua guida era saldamente in mano al gruppo dirigente nazionale. Non bastano dunque espulsioni o richieste di dimissioni. I 5Stelle hanno solo una possibilità per uscire indenni da questo enorme scandalo. Quella di chiedere scusa ai romani stanchi del degrado e delle ruberie. Prendere il solenne impegno di cancellare per sempre la speculazione dello stadio della Roma a Tor di Valle.

Costruire all’ex fiera un quartiere modello che dia abitazioni almeno ad alcune delle migliaia di famiglie che vivono nel disagio abitativo. Prevedere che nell’area degli ex mercati generali ci siano le aree a verde pubblico che gli abitanti chiedono da decenni e non l’ennesima colata di cemento. La giunta Raggi deve insomma, se ne è capace, governare l’urbanistica romana con rigore etico e strenua difesa del bene comune.

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