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Roma. Ama, si dimette il quinto CdA della gestione Raggi

E sono cinque, in soli tre anni. A Roma salta l’ennesimo Consiglio d’Amministrazione di Ama spa, la municipalizzata capitolina che si occupa (verrebbe da dire, a tratti alterni) della raccolta dei rifiuti in città.

Luisa Melara, presidente, Paolo Longoni, amministratore delegato, e Massimo Ranieri, consigliere d’amministrazione, erano saliti in carica a seguito della cacciata da parte della sindaca della precedente squadra capeggiata da Lorenzo Bagnacani, costretti alle dimissioni dopo soli tre mesi e mezzo di attività.

Parole dure, quelle pronunciate dagli “ultimi” dimissionari per denunciare le motivazioni che hanno portato all’ennesimo cambio guida: «sono deluso e arrabbiato, se il piano per Ama era un altro ce lo potevano dire subito. Il problema dei rifiuti non si gestisce con l’ideologia ma servono azioni concrete». Così Ranieri nel primo pomeriggio, a seguito di un pranzo di commiato con alcuni dirigenti dell’azienda.

A far traboccare il vaso, la “goccia” – per la verità, non più tanto tale – della non-ancora-effettuata approvazione del bilancio consuntivo del 2017, in cui il CdA uscente avrebbe riproposto i 18 milioni dei servizi cimiteriali che già avevano fatto cadere il precedente gruppo dirigente, debito che il Comune (socio unico della municipalizzata) non vuole riconoscere alla sua controllata, a cui vanno aggiunti, spiega Melara, i 104 milioni del contratto di servizio del 2014 e «l’inerzia nel procedere agli iter amministrativi per liquidare 30 milioni incagliati dal 2009 nella gestione commissariale».

Ancora la “monnezza” dunque al centro delle polemiche per l’amministrazione Raggi, che in soli tre anni di governo ha decretato l’incapacità non solo politica di gestione da parte (dei vari) entourage pentastellati di una città comunque, doveroso dirlo, problematica per una serie di fattori (ampiezza, commissariamento, inettitudine della Regione a guida Pd-Zingaretti nei settori di competenza che hanno impatto sulla città stessa), ma l’inesistenza di un piano, di una visione generale e organica della città che possa far emergere l’indirizzo di fondo delle scelte del Campidoglio. Questo, dai palazzi del Comune, non è mai emerso, e se a ciò si aggiunge anche l’incompetenza nell’affronate i problemi specifici, il fallimento è un certificato incontestabile.

Su questo, provano a marciare il Partito democratico dello, post-emigrazione di Renzi dal partito, scomparso Casu e dei sindacati confederali in coro, i quali tutti insieme appassionatamente provano a far pagare immediatamente ai 5stelle il ritrovato protagonismo politico assunto sul piano nazionale. Come dire, “i buoi che dicono cornuta all’asina”.

Ciliegina sulla torta di questo paradossale balletto – che tutto smuove tranne il pattume, se non a cicli alterni, dalle strade della città, specialmente da quelle borgate fuori dal circuito virtuoso di accumulazione di profitto incentrato sul turismo e sulla rendita di posizione (immobiliare, finanziaria, ecc.) –, la nomina per la guida di Ama affidata a Marcello De Vito, ancora agli arresti domiciliari, in attesa della sentenza del Riesame, a seguito dello scandalo corruzione nell’ambito dell’inchiesta sullo stadio della Roma.

Nulla di nuovo, dunque, sotto il sole. Stessi nomi, stessa mala-gestione, e c’è da scommettere stessa ciclica riesplosione della questione in città, con buona pace dei cittadini che pagano per un servizio che si non vedono tramutarsi in pratica.

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