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Ater di Roma, come succhiare il sangue degli inquilini!

In questi giorni moltissimi inquilini dell’Ater di Roma si sono visti recapitare una lettera di diffida per presunte morosità da parte dell’Ente stesso. Ingenti somme (in alcuni casi superano i 200.000 euro) per presunti mancati pagamenti riguardante anche l’arco di decenni.

Spaventati dagli importi richiesti molti di questi inquilini si sono rivolti a questo Sindacato per capire quale sia la situazione e che cosa sta succedendo all’Ater, ente che sempre più rapidamente sta mutando pelle e che, a noi sembra, sta puntando a una gestione più economica che sociale e di servizio, invece di contribuire ad affrontare la grave emergenza abitativa che vive la nostra città.

Intanto sappiamo che molte morosità mostruose derivano dall’applicazione iniqua del canone sanzionatorio, e questa cosa comporta affitti che in quartieri come Tor Bella Monaca, Vigne Nuove, Ponte di Nona etc… raggiungono importi elevati (fino 1000 euro al mese).

Ma ciò va aggiunta anche la volontà, sia della Regione che dell’Ater stesso, di non porre rimedio a questa situazione. Da una parte la Regione non ha mai rivisto la Legge sulle indennità, dall’altra l’Ater nell’applicazione dell’art. 22, comma 142 e 144 della LR n. 1/2020, ha scelto di non fermarsi agli ultimi 5 anni di arretrati per chi regolarizza la propria posizione (visto che la legge non lo disciplina in modo univoco, ma si presta all’interpretazione).

Responsabilità totalmente a carico dell’Ater è stata quella di inviare le lettere anche a chi sta presentando la domanda di regolarizzazione e quindi la sua posizione contabile sarà oggetto di nuova revisione.

Non è possibile infatti chiedere importi sanzionatori due volte per lo stesso periodo di tempo né tantomeno chiedere due volte il costo dei servizi ed oneri accessori.

Con questi meccanismi si corre il rischio che alla regolarizzazione amministrativa non acceda nessuno, vista che è subordinata alla questione debitoria che spesso è non provata e gonfiata.

Ma il problema delle morosità riguarda anche regolari assegnatari, che ora rischiano di perdere il titolo, cui sono arrivati importi elevatissimi perché magari non hanno inviato correttamente un censimento, oppure perché non hanno pagato l’affitto in modo costante nel corso di decenni.

È vero però che un Ente gestore ha il dovere di intervenire tempestivamente e capire perché non si sta riscuotendo l’affitto, accertando se ci siano problemi economici o sociali di vario tipo, ed approntando misure ad hoc per fronteggiare la situazione, anche coadiuvato dai servizi sociali territoriali, nello spirito del Regolamento Regionale n. 2 del 2000.

Infine sorgono dubbi anche sulla attuazione della transazione, modalità di rientro dei debiti riaperta dalla Regione Lazio ma di cui ancora non si conoscono soglie e percentuali di abbattimento.

Soprattutto non si capisce perché non possa essere applicata a tutti i debiti di una certa consistenza e perché debba essere applicata solo alla condizione di accettazione del debito intero, senza revisione. Che senso ha applicare la transazione su debiti prescritti, laddove non vi siano i termini interruttivi?

Se è vero che la questione dei crediti che Ater vanta nei confronti dei suoi inquilini è cosa seria, occorre affrontarla in modo realistico e pragmatico e non con l’invio massivo di lettere che riportano somme di cui l’inquilinato che rientra nei parametri economici dell’Edilizia Residenziale Pubblica mai disporrà.

Lettere che stanno facendo dormire sonni poco tranquilli a regolari assegnatarie e inquilini in fase di regolarizzazione. Tutto questo con una pandemia in corso e con la crisi economica e sociale che ne consegue.

Premesso che per l’ASIA-USB gli Ater vanno riportati a tutti gli effetti ad essere enti pubblici, cancellando questo obbrobrio della trasformazione in enti economici, va fermata la campagna contro gli inquilini che li vede additati come morosi, tutto per giustificare la loro incapacità di svolgere la funzione che le norme sull’edilizia pubblica gli assegna quello dello sviluppo del patrimonio pubblico e della sua gestione sociale.

Avere come scopo principale il pareggio di bilancio, quando si gestiscono case che vanno alle persone più fragili, è un non senso. Soprattutto tenendo conto che il suo bilancio è in rosso solo perché lo stesso ente deve pagare l’IMU al Comune, altra cosa veramente assurda.

Alla fine dal nostro punto di vista la questione morosità va affrontata secondo principi generali fermi e, crediamo, seri:

– Va rivisto il calcolo delle indennità in base ai redditi realmente percepiti negli anni e va stabilito un criterio equo, in seguito va ricalcolato tutto.

– Non possono essere sottoscritti piani di rientro non realistici. Fra rate e affitto corrente non si può superare una certa soglia del reddito del nucleo.

– Si applica la transazione su somme esigibili dimostrabili e non prescritte, secondo il principio della legittimità del debito.

– Si gestisce il patrimonio in modo corretto e non aspettando anni prima di chiedere conto agli inquilini di eventuali mancanze, che sia una firma su un modulo o un canone non pagato.

Chi ha ricevuto una diffida ed ha dubbi sulle somme o sulla modalità di riscossione, può rivolgersi ai nostri sportelli ove troverà assistenza.

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