Ieri a Genova alla sala del Cap si è tenuta una partecipata assemblea sulla vicenda della nave saudita Bahri Yanbu che doveva imbarcare armi nel porto genovese destinate alla guerra in Yemen. “Se davvero un’altra nave saudita dovesse tentare di attraccare a Genova troverà un’altra mobilitazione per impedire di caricare il materiale lasciato a terra e destinato alla Guardia Nazionale saudita impegnata nella guerra allo Yemen”, è stata la conclusione della lunga assemblea di ieri sera, convocata dal Collettivo Autonomo Lavoratori Portuali, che ha visto la partecipazione di decine di persone in rappresentanza dei camalli e della rete contro la guerra, già mobilitatisi lo scorso 20 maggio per impedire il carico di armamenti sulla nave saudita Bahri Yanbu.
Ma si profila un nuovo braccio di ferro per lunedì, in attesa di conferme sul tragitto che si definirà nei prossimi giorni e che, a oggi, prevede per le sette del mattino del 17 giugno l’arrivo a Genova della nave saudita Bahri Jazan, che avrebbe l’intenzione di imbarcare la merce destinata alla Guardia Nazionale dell’Arabia Saudita a seguito del boicottaggio e dello sciopero dei portuali.
La vicenda solleva una questione molto delicata e molto rognosa. Da un punto di vista formale si tratta infatti di export di materiale autorizzato dal Ministero degli Esteri proprio per uso militare, perché nonostante la legge 185/1990 vieti il commercio di armi con Paesi in guerra, i governi che si sono succeduti non hanno ancora bloccato la vendita di materiali bellici alla coalizione militare capeggiata dall’Arabia Saudita.
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