Dopo tanta attesa veniamo informati dalla stampa che incredibilmente l’assessorato alla Sanità, dopo dieci anni, richiede all’ospedale di Lanusei la documentazione relativa ai finanziamenti con i quali è stato attrezzato il reparto di Emodinamica e quali procedure siano state seguite.
Dopo mesi e anni di proteste serrate, dopo un’occupazione, dopo scioperi della fame e dei farmaci, l’assessorato che dovrebbe organizzare il nostro sistema sanitario, brancola nel buio e chiede informazioni su questo reparto fantasma, allestito da dieci anni e mai aperto.
Il disinteresse è tale che i massimi responsabili della sanità sarda non hanno la più pallida conoscenza delle strutture che spetterebbe proprio a loro coordinare. Un disinteresse tale che nella richiesta di chiarimenti lo stesso nome dell’ospedale è errato e vengono chieste informazioni sui fondi che lo hanno finanziato, stampati a chiare lettere nella targa all’entrata del reparto. Se solo ci si fosse mai degnati di metterci piede!
È evidente che non ci sia stata fino ad ora la volontà di trovare una soluzione per la sua apertura, è invece sorprendente che sia stato necessario che pazienti e cittadini, dopo aver percorso tutte le strade possibili, abbiano dovuto intraprendere una forma di protesta eclatante e pericolosa per la salute. Perché da ben 20 giorni i pazienti cardiopatici hanno sospeso l’assunzione di alimenti e farmaci salvavita. A loro si è aggiunta anche Giorgina Secci, Presidentessa della PAVS Urzulei, che da ormai 15 giorni appoggia la loro battaglia con lo sciopero della fame totale.
Queste persone, ogni giorno e sempre di più, stanno seriamente rischiando la vita: si aspetta l’irreparabile per dare loro un pò di ascolto e per dare ai cittadini ciò che spetta loro di diritto?
Auspichiamo che davanti a questa situazione di estrema emergenza ci siano delle azioni concrete, affinché venga urgentemente garantito questo servizio indispensabile.
La condizione di salute è sempre più critica, ma la loro determinazione è maggiore dell’incuria della Giunta Solinas.
E’ possibile che in Sardegna le persone debbano mettere a repentaglio la propria vita per ottenere servizi per cui pagano le tasse?
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