Menu

Sardegna, altre devastazioni coloniali sui litorali del nord-ovest. Fermiamoli!

A poco più di un mese dai fatti dell’hotel Capo Caccia, per i quali Liberu aveva organizzato una manifestazione di protesta sul posto, siamo di nuovo di fronte all’ennesimo scempio ambientale, questa volta nella pineta di Platamona.

La differenza fra i due episodi sta nel fatto che mentre per il primo non c’erano autorizzazioni di nessun genere per il taglio degli alberi, per il secondo pare ci siano, anche se chi ha eseguito i lavori è andato ben oltre quanto previsto e autorizzato.

Le affinità invece sono sicuramente di più. L’hotel Capo Caccia si trova all’interno del Parco Regionale di Porto Conte, un’area a vincolo paesaggistico integrale, entro i 300 metri dal mare, di proprietà di una società veneta.

L’area di Platamona, con chilometri di spiagge e pineta , uno stagno, un sistema dunale molto esteso, con al proprio interno insediamenti turistici già a partire dagli anni ‘60, meta di migliaia di persone in estate e non solo, soprattutto in questi ultimi anni in cui è stato oggetto di opere di valorizzazione, si trova all’interno di un Sic (Sito di Interesse Comunitario); una parte di essa è pubblica, un’altra gran parte è proprietà privata.

La parte in cui stiamo parlando è, secondo quanto scrive La Nuova Sardegna, di Accademia Sgr società di gestione di fondi immobiliari, con sede a Milano.

Anche quest’area, come già quella di Capo Caccia, dopo l’intervento del Corpo Forestale, è stata posta sotto sequestro.

Le modalità di attuazione, una senza autorizzazione al taglio, l’altra prendendosi il doppio di quanto autorizzato, le consideriamo arroganti entrambe.

Ad accomunare le due vicende sono gli stessi inquietanti fattori: due cordate italiane che hanno investito nel settore turistico in Sardegna, con sorprendente tempismo si dedicano velocemente al disboscamento di aree di litorale proprio in epoca di discussione sulla rimodulazione delle volumetrie.

Ed è la seconda volta, peraltro, che la Forestale interviene a mettere i sigilli a devastazione conclusa, in entrambi i casi in aree di massima tutela ambientale. E, si presupporrebbe, di massima sorveglianza.

Non si possono tollerare cordate di “prenditori” senza rispetto per regole e luoghi, così come non si possono accettare continue e sistematiche devastazioni dei litorali, portate avanti con modalità che non abbiamo nessuna remora a definire coloniali.

Esigiamo che si faccia celermente chiarezza sulle vicende in questione, senza cadere nelle proverbiali prescrizioni, e che a Capo Caccia come a Platamona queste cordate italiane – che evidentemente pensano che in Sardegna le regole siano un optional e l’ambiente un ingombro – si facciano carico del danno arrecato al nostro ecosistema e risarciscano anche con il ripristino dei luoghi.

Invitiamo tutti i cittadini a tenere alta l’attenzione ed a tenersi sempre pronti a difendere il territorio.

 

 

- © Riproduzione possibile DIETRO ESPLICITO CONSENSO della REDAZIONE di CONTROPIANO

Ultima modifica: stampa

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *