Il Dipartimento di Scienze politiche e sociali, su dati dell’Istat, sentenzia che Catania è una città dove 313.000 abitanti, cioè la metà della popolazione, vivono con un reddito inferiore ai 15mila euro l’anno. In particolare, su 165.000 cittadini, 61.000 (il 37%) può contare solo su un reddito inferiore ai 10mila euro l’anno, e altri 21mila (il 13%) su un reddito da 10mila a 15mila euro l’anno. Dai 15 ai 74 anni i disoccupati sono il 41,6% della popolazione, e il 40% dei giovani, tra i 15 e i 29 anni, non studia e non lavora, mentre c’è un 18% dei catanesi che vive senza reddito .
Tutto questo determina sfratti per morosità: nel 2016 le richieste di esecuzione di sfratto sono state 8.478, ai primi del 2018 sono previsti 4000 sfratti esecutivi. In questo panorama, ecco la massa di domande per accedere al Reddito di Inclusione Sociale (REIS), ne sono attese circa 25mila. Ma, nella realtà , il REIS non è una misura per combattere la povertà o l’esclusione sociale ma un modo per generalizzare un sistema di bassi salari ed estendere l’area dei working poor. Anche la proposta dei grillini (Reddito di Cittadinanza), che pure partiva da presupposti assai diversi, è viziata dalla impostazione del REIS e se dovesse essere introdotta rischierebbe di produrre gli stessi tragici effetti che già si conoscono in altri paesi del Nord Europa.
C’è in atto la proposta REDDITO DI BASE dell’USB, attraverso la Federazione Del Sociale, di svincolare l’erogazione del reddito da ogni condizionalità, prendendo come riferimento i singoli individui. Ciò rappresenterebbe anche un’arma potente contro la ricattabilità del posto di lavoro ed in favore dell’autodeterminazione dei soggetti: il Reddito di base deve essere individuale e non familiare.
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