Nell’ Aula Magna del dipartimento di Scienze Politiche e Sociali di Catania si è svolto, a cura del Comitato Rodotà Catania, il convegno sul tema “I beni pubblici oltre la demanialità: la nuova categoria dei beni comuni”.
Con la professoressa Giusy Clarke Vanadia moderatrice, il convegno è stato aperto dal Direttore del dipartimento, professore Giuseppe Vecchio, che, nel salutare relatori e convegnisti, ha sviluppato una profonda riflessione, tra storia e filosofia del diritto, ripercorrendo le tappe del concetto di demanialità, beni pubblici e beni comuni, con esempi legati alla realtà territoriale etnea.
Il primo dei relatori è stato il professore Alberto Lucarelli, che ha illustrato contenuti e finalità della proposta d’iniziativa popolare rivolta ad istituire la nuova categoria giuridica dei beni comuni riformando il Codice Civile nella parte che regola i beni e la proprietà per adeguarli ai principi costituzionali.
Il secondo relatore, il professore Giampaolo Schillaci, ha declinato l’iniziativa per l’istituzione della categoria giuridica dei beni comuni in termini di cittadinanza attiva sul territorio, facendo il punto sull’approvazione dei regolamenti e l’ adeguamento degli statuti nei Comuni siciliani per dar vita a patti tra cittadini e cittadine, singoli o associati per la cura e la valorizzazione dei beni urbani utili a tutta la comunità.
Il Professore Antonio Las Casas, invece, si è soffermato sull’incidenza che la nuova categoria dei beni comuni avrebbe sulla configurazione della proprietà privata intesa nella cultura giuridica liberale come diritto del proprietario di usufruire del bene in modo esclusivo ed escludente. Anche questo è funzionale ad un’utilità collettiva. Il nuovo istituto dei beni comuni attuerebbe in maniera inclusiva la proprietà.
Ai tre relatori hanno fatto seguito alcuni interventi programmati, come quello di Orazio Vasta, della Federazione del Sociale USB Catania, che ha affrontato il delicato e spinoso tema dei beni confiscati alla mafia: “Fra i beni comuni non possiamo non inserire quelli confiscati alla mafia, che vengono gestiti per conto dello Stato, attraverso dei CDA, come se fossero delle proprietà private. DA COSA NOSTRA A COSA LORO! A tutto questo, bisogna aggiungere che il decreto sicurezza del ministro Salvini liberalizza la vendita di questi beni. Quindi, è necessario accendere i riflettori su tutti i beni confiscati alla mafia. È assurdo che beni confiscati alla mafia possano ritornare di nuovo nelle mani dei mafiosi o dei loro prestanomi”.
Il convegno si è concluso con gli interventi da parte del pubblico.
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