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Catania. Fiaccolata per chiedere la riattivazione dell’ospedale Vittorio Emanuele

Manifestazione con fiaccolata domenica 22 novembre a Catania per chiedere alla Regione siciliana la riapertura dell’OVE- Ospedale Vittorio Emanuele chiuso da qualche anno. L’appuntamento è alle ore 18 in via Plebiscito davanti all’ingresso centrale dell’OVE. Di seguito, in ordine cronologico i comunicati-documenti realizzati dai promotori della fiaccolata, dall’USB Catania, dal CSP G.Giuffrida-FGC Catania- PaP Catania.

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Il comunicato di Sanità al collasso. Riattivare il Vittorio Emanuele

“La riattivazione degli ospedali dismessi è una delle opzioni su cui stiamo lavorando.” diceva così il 6 marzo, mezzo stampa, l’assessore Regionale alla Salute Ruggero Razza, parlando di alcuni ospedali catanesi. Cosa si è fatto da quel giorno?
A Catania sono ben 4 gli ospedali che negli scorsi anni sono stati dismessi o radicalmente depotenziati: Ferrarotto, Santa Marta, Santo Bambino e proprio il Vittorio Emanuele.
Oggi, a ben dieci mesi dallo sviluppo della pandemia, a ben oltre 35mila casi in Sicilia e con quasi 300 decessi, i presidi ospedalieri sono saturi ed al collasso, dottori e dottoresse, gli infermieri e infermiere, operatori e operatrici delle ditte di pulizie sono sfiniti/e.
Proprio qualche giorno fa la Regione lo metteva nero su bianco nella “rimodulazione delle rete ospedaliera Covid-19”, operativa dopo il via libera del Comitato tecnico-scientifico: oggi «non è derogabile», si legge nella relazione, attivare «una più adeguata e diversa gestione della attuale, crescente curva epidemica presente sul territorio regionale», con un’offerta fondata su «un numero sufficiente» di ospedali «con adeguata distribuzione territoriale» per assicurare «un idoneo e consistente numero di posti letto nelle diverse discipline che caratterizzano il percorso del paziente Covid».
Eppure appare evidente come ancora una volta gli interventi siano miopi o troppo timidi.
Se oggi la Sicilia si trova in Zona Arancione non dipende solo dall’ aumento dei contagi ma soprattutto da come la Regione non ha saputo gestire la sanità nel nostro territorio.
L’utilizzo di una parte dell’ospedale Vittorio Emanuele come polo museale, l’abbattimento di parte dell’ospedale Santa Marta per la realizzazione di una piazza (al costo di 2 milioni e 330 mila euro) sono interventi lodevoli, per carità, ma forse alla Regione hanno smarrito le priorità.
Dagli ospedali escono costantemente gridi d’allarme:”Ho chiesto un congedo ma ho deciso, lascio la sanità pubblica. Così non è più possibile andare avanti”. Maria è un medico. Uno di quei “medici eroi” che ogni giorno vivono l’inferno del Covid nei reparti degli ospedali pubblici stremati dopo turni di lavoro massacranti. “Da tempo assisto a scelte che compromettono l’efficacia del nostro lavoro”, continua la specialista nel suo racconto tagliente a Repubblica.
E’ il momento di schierarci al fianco di tutti gli operatori e operatrici sanitari che da tempo ormai denunciano una pessima gestione del Sistema Sanitario, che chiedono interventi senza essere ascoltati.
Per rinforzare la sanità pubblica, renderla sempre più accessibile e vicina alle persone.
Contro lo smantellamento del sistema sanitario e le continue privatizzazioni.
Per riattivare gli ospedali in disuso.
Cittadini e cittadine, operatori sanitari e operatrici sanitarie, pulizieri e puliziere, associazioni, gruppi, organizzazioni e sindacati per una Fiaccolata davanti l’ingresso dell’ospedale Vittorio Emanuele (via plebiscito 628)”.

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Il comunicato stampa dell’USB Federazione di Catania

“Nel marzo scorso, all’inizio dell’emergenza Codiv19, l’assessore regionale alla Salute Ruggero Razza, nella eventualità, anche in Sicilia, di potenziali scenari emergenziali causati dalla pandemia, aveva preannunciato l’ipotesi che venisse riaperto – come Centro Covid – uno dei 4 ospedali dismessi dalla stessa Regione siciliana con eccessiva premura, facendo un evidente favore alla sanità privata.
Gli ospedali a cui faceva riferimento Ruggero Razza erano l’Ospedale Vittorio Emanuele (OVE) o il Santa Marta, quest’ultimo dismesso alla fine nel 2019. Ovviamente, nulla di tutto ciò è mai accaduto, tutto perfettamente in regola con la coerenza che contraddistingue l’assessore Razza.
Intanto il Centro Codiv19 a Catania si trova a Librino, presso l’ ospedale San Marco, ma prima di essere ricoverato al San Marco, il malato di Covid deve passare dal Pronto Soccorso del Policlinico, che non è un pronto soccorso esclusivo codiv19, e dopo l’avvenuta accettazione sanitaria e burocratica, in ambulanza, viene trasportato al Centro Covid.
Attualmente negli ospedali di Catania non risultano reparti chiusi, ci sono reparti al Policlinico (Ostetricia, Ginecologia, Pronto Soccorso Ostetrico, Sala parto) e al San Marco (Ginecologia, Ostetricia, Cardiologi, Neurochirurgia) in semi emergenza; gli stessi reparti che a ottobre sono stati chiusi (infermieri, operatori sanitari, medici risultati positivi) o dove sono state ridotte drasticamente le attività, come i ricoveri estranei al coronavirus.
– Per la salvaguardia e la tutela della salute delle lavoratrici e dei lavoratori della sanità pubblica;
– per la salvaguardia dal coronavirus dei ricoverati per altre patologie;
-per il diritto alle cure per tutte e tutti qualunque sia la patologia;
– per sanità pubblica e assunzioni stabili;
– l’USB Catania chiede l’avvio immediato dei lavori che possano permettere la riapertura intanto di tutti quei padiglioni dell’Ospedale Vittorio Emanuele idonei per affrontare l’attuale emergenza. Domenica 22 novembre alle ore 18 è stata organizzata una fiaccolata per chiedere la riapertura dei nosocomi”.

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Il comunicato a firma del Comitato di Solidarietà Popolare – Graziella Giuffrida, del Fronte della Gioventù Comunista – Catania e di Potere al Popolo – Catania in seguito a dei presidii realizzati davanti agli ospedali dismessi di Catania

“SANITÀ AL COLLASSO: RIAPRIAMO IL VITTORIO E TUTTI GLI OSPEDALI DISMESSI.
Questa mattina abbiamo manifestato davanti a tutti gli ospedali chiusi del centro storico per rivendicare una sanità gratuita, di qualità e accessibile a tutti.
Il Sistema Sanitario Nazionale è al collasso, ma questa non è affatto una casualità, un condizione dettata esclusivamente dall’emergenza che stiamo attraversando. La debolezza del nostro SSN è dovuta ad anni e anni di tagli alla sanità pubblica che hanno prodotto la chiusura di reparti o, in alcuni casi, di interi ospedali; la mancata assunzione di personale che ha determinato l’assenza di turn-over tra chi andava in pensione e chi veniva assunto (anche a causa del numero chiuso a Medicina e dell’impoverimento delle borse di specializzazione); le agevolazioni alla sanità privata che anche in una situazione emergenziale come questa continua ad interessarsi dei propri guadagni e non della salute di tutti e tutte; il modello di aziendalizzazione e regionalizzazione della sanità pubblica stessa, che verte su logiche imprenditoriali e guarda la salute non più come un diritto ma come merce, un settore sul quale investire per ottenere più profitto; un modello che ha causato lo smantellamento del sistema di medicina territoriale e il sottofinanziamento della prevenzione: oggi non si punta a non far ammalare le persone, ma a costruire pochi e grandi centri d’eccellenza per curarle. Cure che grazie ai tagli al Servizio Sanitario Nazionale, se non si vogliono aspettare tempi infiniti, vengono fornite da cliniche private, voraci dei soldi del paziente.
Negli ultimi 10 anni sono stati sottratti alla Sanità 37 miliardi di euro. Nello stesso lasso di tempo, abbiamo perso 70 mila posti letto e 359 reparti ospedalieri. Secondo le associazioni di categoria mancano in organico 50 mila infermieri e decine di migliaia di medici. Questi sono numeri che hanno un peso rilevante, e che in una situazione come questa avrebbero fatto la differenza!
In assenza di interventi concreti del Governo nazionale e regionale negli scorsi mesi sulla questione, pretendiamo:
-L’immediata riapertura dei presidi ospedalieri chiusi, o parzialmente funzionanti;
-La requisizione delle cliniche private che devono essere messe a disposizione dei bisogni del popolo;
– l’assunzione immediata del personale sanitario necessario e la stabilizzazione dei contratti precari.
Tutte queste misure devono essere finanziate tagliando le inutili spese militari e prendendo i soldi necessari dalle tasche di padroni e speculatori che persino durante la pandemia hanno visto crescere i loro patrimoni.
La Sanità è un diritto che ci siamo conquistati con la lotta e lo difenderemo allo stesso modo!”.

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1 Commento


  • Aldo

    Vittorio Emanuele , sarebbe il caso di cambiare nome visto i massacri di Casa Savoia!

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