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Lottare contro la nuova base militare a Coltano!

In questi giorni è diventata di dominio pubblico la decisione del Comitato misto paritetico per la regolamentazione delle servitù militari Stato-Regione (COMIPAR) di procedere alla realizzazione della base a Coltano, dove si insedieranno le “teste di cuoio” del GIS e il 1° Reggimento Carabinieri paracadutisti Tuscania, entrambi parte della 2ᵃ Brigata mobile con propensione all’impiego estero, nonché il Centro cinofili.

Circa 73 ettari recintati per costruirci 440 mila metri cubi di edifici tra cui una pista per elicotteri, due poligoni di tiro, caserme, centri di addestramento, laboratori e altre strutture di servizio per i militari.

Questo è il progetto presentato lo scorso aprile al Presidente del Parco regionale San Rossore, in cui sorgerà il complesso che, in quanto “opera destinata alla difesa nazionale”, non sarà sottoposto ai vincoli ambientali della zona, come si legge nel decreto della Presidenza del Consiglio pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 23 marzo e firmato già due mesi fa.

L’area protetta è già caratterizzata da una forte militarizzazione dovuta alla presenza di altri istituti, tra cui la base di Camp Darby, il più importante deposito di armi statunitensi nella penisola e hub strategico fondamentale nel controllo del Mediterraneo, oggi oggetto di lavori per oltre 40 milioni di euro e della costruzione di una ferrovia per il collegamento diretto col porto di Livorno.

I venti di guerra che spirano in Europa sono stati la leva per legittimare non solo l’impegno militare in Ucraina, ma anche l’imponente riarmo deciso in ottemperanza agli accordi NATO, anche se una tendenza in questo senso si può notare almeno dall’inasprirsi delle contraddizioni internazionali con la crisi finanziaria del 2008.

Ma il significato profondo di questa operazione si può comprendere solo guardando proprio alla crisi sistemica del modo di produzione capitalistico e all’accentuata competizione strategica tra aree politico-economiche contrapposte.

I fondi per il finanziamento della nuova sede dell’Arma sono infatti stati stanziati ben prima dell’escalation bellica, e provengono dal PNRR: in sostanza, il progetto di Coltano è parte integrante del piano di investimenti strategici messo a punto a Bruxelles come risposta alla crisi del Covid-19 in funzione della riorganizzazione delle filiere continentali.

Oltre a smascherare la finta transizione ecologica predicata nelle sue pagine, dato l’impatto devastante che la base avrà sull’ambiente della zona, il fatto di aver tolto con un decreto presidenziale vincoli e potere di veto all’autorità del Parco naturale di San Rossore è la rappresentazione plastica di quella necessaria verticalizzazione delle scelte politiche ed economiche dell’edificio europeo nell’accentuata competizione strategica.

Non è un caso che tale definizione si ritrova anche nella “Bussola Strategica per la Sicurezza e la Difesa”, un documento approvato dal Consiglio UE lo scorso 21 marzo che rappresenta sul piano militare ciò che per altri ambiti rappresenta il Next Generation UE, ovvero un salto di qualità dell’imperialismo europeo nell’assunzione di un’autonomia strategica.

Oltre a modellare in maniera più netta il futuro complesso militare-industriale e d’intelligence integrato a livello europeo, la novità di un’unità interforze per l’intervento sul campo si associa a un meccanismo di approvazione delle missioni non più fondato sull’unanimità, richiesta almeno formalmente nei trattati europei, ma nell’astensione costruttiva di chi non vuole partecipare, con un gioco di “geometrie variabili” e gerarchie assodate tra i paesi del continente.

Insomma, dentro un rapporto di complementarità nella NATO, come si legge nel documento citato, in cui far valere un peso specifico differente rispetto a quello avuto fino ad oggi nei confronti dell’asse anglo-statunitense, si vanno costruendo le condizioni per la proiezione militare di quella “Europa del potere” di cui ha parlato nel gennaio scorso il Commissario europeo per il mercato interno Thierry Breton.

L’aumento delle spese militari, lo scaricamento sulle classi popolari dei costi sociali del riarmo e dell’economia di guerra, la prospettiva di un warfare che orienta l’intero apparato produttivo e della ricerca (nonché il restringimento delle agibilità democratiche attraverso ossessive campagne mediatiche, repressione e provocazioni contro i movimenti popolari, studenteschi e il sindacalismo di classe), drenando ulteriori risorse al welfare ormai spolpato dalle privatizzazioni, la militarizzazione dei territori, sono tutti elementi che vanno compresi nella cornice del piano inclinato degli imperialismi, tendente alla guerra come unico strumento di risoluzione dei conflitti generati dalla crisi strutturale di valorizzazione del capitale.

Il compito dei comunisti rimane la lotta al proprio imperialismo, all’attore più prossimo di destabilizzazione e oppressione dei lavoratori, e dunque alle nostre latitudini l’opposizione alle politiche dell’Unione Europea, che guidano l’intero processo descritto.

Con queste prospettive, come Rete dei Comunisti ci faremo promotori attivi e sostenitori dei percorsi di mobilitazioni contro la costruzione della base militare di Coltano, nelle varie declinazioni che assumeranno: devastazione ambientale, militarizzazione dei territori, costi sociali, proponendo una sintesi capace di gettare sabbia negli ingranaggi del nemico principale che per noi è l’imperialismo europeo.

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