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Orvieto. L’attivismo antirazzista e antifascista

Proseguono le attività dell’Assemblea Antifascista dell’Orvietano, che si riunisce periodicamente ad Orvieto presso la sede condivisa dell’Associazione “Centro di Documentazione Popolare” e della Confederazione COBAS.

Il presidio da noi promosso lo scorso 10 febbraio ha rappresentato un passaggio importante di quel percorso culturale e politico che da oltre un decennio abbiamo intrapreso in città e nei territori, per denunciare i tentativi di “accreditamento” dell’estrema destra – più o meno dichiaratamente neofascista e neonazista – nel tessuto socio-economico locale.
Mentre a Piazza del Popolo qualche decina di camerati, per la maggior parte provenienti da fuori città e snobbati dalla cittadinanza, si disponevano in una schiera lugubre e pretestuosa, sotto la Torre del Moro il pomeriggio è stato animato dal passaggio di circa centocinquanta antifascisti orvietani di ogni età, che hanno voluto manifestare il loro sdegno per lo sfregio subìto dalla città con l’inaugurazione della sede dei neofascisti a Piazza XXIX Marzo.
Altresì, centinaia di visitatori hanno potuto documentarsi sulle “(…) più complesse vicende del confine orientaleprima e dopo il secondo conflitto mondiale…” attraverso la mostra fotografica allestita al Palazzo dei Sette, dal 7 all’11 Febbraio, con il patrocinio del Comune di Orvieto.

Siamo spiacenti se personaggi più o meno noti, imbeccati a dovere, non abbiano gradito le nostre attività: qualche esponente politico della destra locale o nazionale, qualche giornalista più o meno altolocato, o ancora qualche amministratore di città decisamente distanti, hanno ritenuto opportuno tacciare di “negazionismo” la nostra Mostra e di offendere pubblicamente gli autori della medesima nonché il Sindaco di Orvieto e l’amministrazione comunale. Non solo, essendosi forse accorti che il “negazionismo” nel frattempo è divenuto anche un reato (L. 149/2016) e avendo magari compreso di essere passibili di querela per calunnia e/o diffamazione, i nostri detrattori – ma sarebbe meglio dire i detrattori della storia documentata – cominciano ad inventarsi nuovi neologismi del tipo “riduzionismo” o “giustificazionismo”.

Non ci interessa polemizzare con loro, ma una citazione la merita quell’assessore di Trieste che nella sua invettiva contro Orvieto si è forse dimenticato di dire che dalle sue parti, proprio di recente, è stato intitolato il carcere a tale Ernesto Mari, a suo tempo collaborazionista dei nazisti, a causa del quale tante persone furono deportate nei campi di concentramento in Germania. E che il sempre audace assessore fa parte di una giunta dove il Sindaco che prende una multa, anziché dare il buon esempio e pagarla, inveisce contro la sua polizia municipale minacciando ritorsioni.
E noi ad Orvieto dovremmo prendere lezioni di storia e civiltà da questa gente? Anche no, grazie. Abbiamo decisamente altre preoccupazioni.

Tra le nostre priorità vi è quella di documentare la vera natura di gruppi politici – neri, verdi o a pois, non importa – che si nascondono dietro iniziative demagogiche pur di dimostrare di essere “brava gente” e andare al governo, della Regione o della città.  

Di questi tempi, in Umbria e non solo, la loro unica fortuna è quella di sguazzare nel vuoto sociale e politico lasciato in eredità dalla sinistra “di governo” e dal sindacalismo di mestiere, decisamente responsabili negli ultimi trent’anni di aver pensato più al mantenimento delle posizioni di privilegio piuttosto che a risolvere i problemi delle popolazioni. Chi ha governato l’Italia e la nostra Regione negli ultimi decenni, ha contribuito a precarizzare l’esistenza di milioni di lavoratori, ha privatizzato servizi essenziali come la gestione dell’acqua e dei rifiuti, ha contribuito a trasformare l’Istruzione in una merce, anziché in un diritto.

Come meravigliarsi dunque, se oggi tornano in auge i peggiori arnesi della destra conservatrice?

Individuano vigliaccamente il nemico nel più debole – meglio ancora se immigrato – e sulla base di informazioni spesso false tentano di convincere l’italiano medio (e l’orvietano medio) che il problema risiede nel “diverso” o nel “forestiero”, piuttosto che nel parlamentare che vive dei suoi privilegi alle spalle di tutti noi, o del titolare d’azienda che approfitta di normative compiacenti per licenziare e sfruttare i propri dipendenti. Producono intolleranza e spargono odio a piene mani, che sempre più di frequente qualcuno di loro raccoglie, passando dalle parole ai fatti: sparando contro persone innocenti e talvolta uccidendole. Macerata e Firenze sono soltanto gli ultimi episodi di una serie lunghissima e mai realmente interrotta. 

Non lasciamo che anche ad Orvieto e nei territori circostanti, possano svilupparsi i germi dell’odio razziale e dell’intolleranza.
Riconosciamo ai migranti i loro diritti, quali esseri umani prima di tutto, e riconosciamo anche i loro meriti in termini di fatiche lavorative e di contributo alla crescita culturale ed economica del nostro paese.
Rifuggiamo la trappola della “guerra tra poveri” che in ultima istanza giova soltanto a chi intende comandarci, a tutti i livelli.
Allontaniamo la malsana idea dell’ “uomo forte” in grado di risolvere tutti i problemi con qualche decreto legge, buono soltanto per accontentare i benpensanti e i cosiddetti “leoni da tastiera”.
Respingiamo al mittente ogni tentativo di svolta autoritaria della politica e della società.
Pratichiamo percorsi politico – culturali per l’emancipazione e il rispetto dei diritti, di tutti e di ciascuno. 

Coltiviamo “percorsi di memoria” a partire dalla ricorrenza dell’eccidio fascista dei Sette Martiri di Camorena, il prossimo 29 Marzo. 

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