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L’ultima zampata di Oliver Stone contro il potere. Il caso Snowden

Ha scelto il tema del controllo di massa da parte del potere e la storia di chi lo svelato il mondo. L’ultimo film di Oliver Stone presentato al Festival del Cinema di Roma racconta la vicenda dell’ex agente della Nsa (Agenzia Nazionale della Sicurezza degli Stati Uniti) Eduard Snowden che denunciò al mondo come gli apparati di intelligence statunitensi spiassero milioni di persone, inclusi i capi di stato degli altri paesi.

 “Penso che le informazioni che Snowden ci ha dato nel 2013 siano molto significative, ma anche molto difficili da capire per gli americani. Io stesso ho iniziato a capirne il significato e la dimensione di quello che facevano solo dopo due o tre incontri con lui” ha detto Oliver Stone. “Qua non si parla solo di spiare cosa uno compra o cosa cerca su Google, ma è una cosa molto più importante e queste informazioni erano così complicate che la maggior parte della gente non ha capito di che si parlava, per cui ho deciso che era bene tornarci su, poter ricreare il suo mondo e la sua presa di coscienza di questa cosa e come è arrivato alla decisione di rivelarlo, in modo che si capisca meglio cosa sta rivelando. Non so se siamo riusciti a renderlo sufficientemente chiaro, ma nel 2013 Snowden non era affatto popolare in America, nel 2013 chiunque rivelasse dei segreti del genere era sospettato di comportamento scorretto e molti americani lo confondono con Julian Assange e non sanno chi sia”.

Snowden ha supervisionato la sceneggiatura del film, lo ha approvato e ha mostrato il suo gradimento. “Lui,come tutti, era, a favore della sorveglianza antiterrorismo: segui un sospetto, lo intercetti e con un buon lavoro investigativo puoi ottenere un risultato. Ma perché la sorveglianza di massa? Ti dicono che viene usata perché andando random puoi beccare le telefonate casuali ma non funziona così, è ridicolo, se fosse così sarebbero stati risulti tutti i casi di terrorismo. Non uniscono i puntini: sull’11 settembre sapevamo cosa facevano i dirottatori, lo sapeva la NSA e non passò le informazioni all’FBI che ci arrivò da sola e non fece nulla, e quando arrivano a Washington si perdono, alla Casa bianca non ascoltano. Perché? Non serve a combattere il terrorismo, ma a controllare tutto e tutti per vedere come ne possiamo approfittare per far avvenire dei cambiamenti di regime come in Iraq, ora in Siria, in Brasile, Venezuela e Libia. Non andiamo in guerra ma cambiamo i regimi in modo molto sottile. Certo nessuno ha i mezzi e i soldi che ha l’America, ma possono imparare rapidamente. Poi c’è stata la guerra cibernetica iniziata nel 2007 in Iraq, immettendo mailware nei sistemi di diversi paesi, come Snowden scoprì in Giappone. So che succede col Messico, il Brasile, l’Austria, il Belgio e io penso anche con alcuni dei nostri maggiori alleati. E' come mettere delle mine. Con i cambi di regime si crea la possibilità di una guerra e questo è quello che vediamo in Medio Oriente".

Oliver Stone ha raccontato di come negli Stati Uniti nessuno volesse finanziare questo ennesimo film scomodo. I finanziamenti li ha trovati in Germania e in Francia. Le riprese sono state fatte a Monaco e non a New York.

Il regista ovviamente non si sottrae da una valutazione sulla prossime elezioni presidenziali negli Stati Uniti: “So che voi in Europa siete terrorizzati dalla possibile vittoria di Trump, ma io non credo che Trump abbia chances, non le ha mai avute. Il problema però è che si vota per Hillary Clinton la quale rappresenta il sistema di pensiero americano: ”o con noi o contro di noi”. La Clinton è più militarista e dura di Obama. E' stata coinvolta nei vari cambi di regime in Libia, Iraq, Siria e Honduras. Non vedo uno spirito riformista in lei”.

(foto di Patrizia Cortellessa)

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