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Il debito della SNCF arricchisce i mercati finanziari, a scapito di lavoratori e utenti delle ferrovie

In Francia, continua la protesta dei lavoratori delle ferrovie e il calendario degli scioperi, concordato dai quattro sindacati rappresentativi del settore, va avanti secondo quanto preventivato. Oltre ai disagi alla mobilità (sempre cari ai media mainstream), cresce la tensione sociale e politica che sta alimentando questa nuova primavera francese, dopo quella del 2016 caratterizzata dal vasto ed eterogeneo movimento contro la Loi Travail (il Jobs Act alla francese). La protesta dei ferrovieri è la vera chiave di volta dell’intera mobilitazione, che ha visto aderire e partecipare alle manifestazioni e agli scioperi anche lavoratori di altri settori, quelli di imprese nazionali a rischio privatizzazione e gli studenti colpiti dalla riforma selettiva e classista dell’università.

Questa inchiesta, condotta dalla giornalista Nolwenn Weiler e pubblicata sul sito del media indipendente Basta!, fa luce sulle cause relative alla crescita del debito della SNCF, l’azienda nazionale di trasporti ferroviari in Francia al centro delle riforme ultraliberali del governo Macron. La ricetta è particolarmente nota anche alle nostre latitudini: utilizzare le imprese nazionali per l’interesse particolare di alcuni gruppi industriali e finanziari, accrescere il debito verso le banche e i mercati finanziari mentre si esternalizzano i servizi, e alla fine attaccare i lavoratori e i loro diritti fatti passare come “privilegi”.

Come viene giustamente sottolineato nell’inchiesta, il debito non è causato da salari troppo alti o dai “privilegi” dello Statuto dei ferrovieri, ma da una gestione fallimentare e privatistica fatta ricadere sui lavoratori e sugli utenti del sistema di trasposto ferroviario. E proprio adesso che il governo Macron sta spingendo verso la privatizzazione della SNCF è necessario fare chiarezza sulla situazione attuale e sulle scelte passate fatte dell’azienda e dello Stato.

Gli elementi di analisi e le criticità ci sono tutte: attacco ai diritti e taglio dei salari dei lavoratori, disinvestimento e definanziamento del servizio pubblico, debito con banche e istituti finanziari, rigore di bilancio imposto dai vincoli di Maastricht, condizioni di sfruttamento e conseguenze sulla salute dei lavoratori. Riprendendo le parole di Noam Chomsky: “Questa è la strategia standard per privatizzare: togli i fondi, ti assicuri che le cose non funzionino, la gente si arrabbia e tu consegni al capitale privato”.

Traduzione dell’articolo originale a cura di Andrea Mencarelli

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Con il pretesto di salvare la SNCF, indebitata di quasi 50 miliardi di euro, il governo Philippe sta preparando una profonda riforma del settore ferroviario, aprendo di fatto le porte alla sua privatizzazione. Presentato come la conseguenza di una performance insufficiente della società, questo debito risulta tuttavia in gran parte dovuto a precedenti scelte politiche e organizzative. Lontano dalle chiacchiere sullo Statuto dei ferrovieri, Basta! ripercorre la storia di questo debito, che rappresenta anche una rendita annua di oltre un miliardo di euro per i mercati finanziari. Per superare tutto questo, sono possibili altre soluzioni.

In occasione dell’inaugurazione della linea ad alta velocità tra Parigi e Rennes nel mese di luglio, Emmanuel Macron aveva evocato un’offerta: lo Stato potrebbe assumere il debito della società delle ferrovie in cambio di un “nuovo patto sociale” all’interno dell’impresa pubblica, che vorrebbe sopprimere gradualmente lo statuto dei ferrovieri. Emmanuel Macron aveva fatto implicitamente il collegamento tra il debito colossale di SNCF – 46,6 miliardi di euro – e il “costo dello statuto” dei ferrovieri, che dà loro in particolare la possibilità di andare in pensione prima. Il rapporto Spinetta, consegnato il 15 febbraio al governo in vista di una legge di riforma della SNCF, ha ripreso questa tesi del costo del lavoro troppo elevato che aggraverebbe le finanze del sistema ferroviario francese.

“Pensarla in questo modo è una frode intellettuale”, protesta Jean-René Delépine, rappresentante del sindacato Sud-Ferrovie al consiglio d’amministrazione di SNCF-Réseau, il ramo che gestisce le ferrovie. “Questo debito è prima di tutto il controvalore di un bene comune: una rete ferroviaria. È visibile perché è in capo a una singola azienda. Se una società da sola fosse responsabile per il mantenimento e lo sviluppo della rete stradale, il suo debito sarebbe infinitamente superiore! Lo Stato, che si presenta come vittima dell’indebitamento incontrollato della SNCF, è in effetti il ​​primo responsabile dell’esplosione del debito”.

Un debito “messo sotto il tappeto” da venti anni

Negli anni ’80, la politica del “tutto TGV” [Train à Grande Vitesse, ovvero Treno ad Alta Velocità, ndt], verso la quale gli investimenti sono stati principalmente diretti, si è tradotta in una continua riduzione delle risorse per la manutenzione e il rinnovamento del resto della rete – collegamenti tra aree urbane, linee rurali, linee interurbane – che ha portato a uno stato di allarmante decadimento di una parte dei binari. “Nel 2005, un audit sullo stato della rete francese diretto dal Politecnico Federale di Losanna (Svizzera) su richiesta di Réseau Ferré de France [Rete Ferroviaria di Francia, ndt] e SNCF allertava seriamente sull’invecchiamento della rete e indicava la responsabilità dello Stato”, afferma la CGT in una recente relazione sul futuro del servizio ferroviario pubblico. Più di 9.000 chilometri (su un totale di 30.000) sono considerati obsoleti o addirittura pericolosi [1]. In alcuni punti, i binari sono così rovinati che i treni devono rallentare. Tutto ciò costrinse lo Stato a intraprendere un ampio e costoso programma di lavori nei primi anni 2000.

Nel 1997, per soddisfare i criteri del Trattato di Maastricht che determinavano il passaggio all’euro per il controllo il deficit pubblico, la Francia scelse di allocare il suo debito ferroviario in una nuova entità pubblica, separata dalla SNCF: Réseau Ferré de France (RFF, ribattezzata SNCF-Réseau nel 2014). “Questo è stato un modo per nascondere il debito pubblico”, ha dichiarato Jean-Rene Delépine. “Allo stesso tempo, la Germania aveva deciso di riprendere in consegna il debito del sistema ferroviario, proprio in piena riunificazione!”.

Il debito di 46,6 miliardi di euro che attualmente affossa il sistema ferroviario è quello SNCF-Rete, nascosto sotto il tappeto da venti anni [2]. “RFF e poi SNCF- Réseau si trovano a farsi carico, individualmente, di investimenti che dovrebbero normalmente ritornare allo Stato”, continua Jean-Rene Delépine. “Eppure è lo Stato stesso che prende le decisioni degli stanziamenti!”.

Dieci miliardi prelevati dai mercati finanziari

Alla fine degli anni 2000, il governo di Nicolas Sarkozy decise di lanciare un vasto programma di lavori, ma senza stanziare le risorse necessarie. Oltre alla riabilitazione delle vecchie linee ferroviarie, sono state costruite quattro nuove linee ad alta velocità [3]. Nel 2010, SNCF-Réseau ha investito 3,2 miliardi di euro ricevendo 2,2 miliardi di sussidi. Quindi fu costretta a prendere in prestito dai mercati il miliardo mancante.

Nel 2012 gli investimenti ammontavano a 4,3 miliardi di euro, mentre i sussidi statali scendevano a 1,2 miliardi di euro. Nuovo prestito. Nel 2015, si ripete: mentre SNCF-Réseau doveva pagare 5,3 miliardi, riceveva solo 1,1 miliardi dallo Stato. Quell’anno, le sovvenzioni statali non coprivano che il 23% del fabbisogno di investimenti. Il ricorso all’indebitamento è aumentato ulteriormente.

Da allora, le sovvenzioni concesse dallo Stato sono rimaste ben al di sotto dell’ammontare dei lavori… ancora più che richiesti a gran voce! “Nel 2017 sono stati investiti 5,4 miliardi di euro per la rigenerazione della rete. 2,2 miliardi sono stati pagati dai sussidi. Il resto è stato preso in prestito”, illustra Jean-René Delépine.

A questo sistema strutturalmente deficitario si aggiunge il fatto che “SNCF-Réseau deve pagare gli interessi sul suo debito precedente”, come spiega Adrien Coldrey, economista presso la società di consulenza di Degest [4]. “Dunque, non ci sono più risorse per pagare questi interessi dal momento che sono stati utilizzati per l’investimento: bisogna quindi indebitarsi per pagarli. È un effetto valanga, che sembra come una situazione di sovra-indebitamento per un individuo”.

Negli ultimi dieci anni, questo onere del debito – 10,3 miliardi di euro soltanto di interessi – ha pesato più della manutenzione e dello sviluppo della rete – 7,2 miliardi di euro!

“Quando la SNCF prende in prestito 100 euro per la rete, ne può utilizzare solo 41. I rimanenti 59 vengono prelevati dal sistema finanziario”, afferma Arnaud Eymery, direttore del gabinetto Degest. Sono le banche, le compagnie di assicurazione e i fondi di investimento che prestano fondi a SNCF [5].

“Lavoriamo per finanziare le banche”

“In altre parole, per investire 100 euro sulla modernizzazione dei binari, la SNCF deve prendere in prestito 243 euro! Il costo aggiuntivo è considerevole. È una rendita per i mercati finanziari, anche se i tassi sono attualmente molto bassi”.

Se i tassi dovessero aumentare, l’assurdità di questa scelta economica sarebbe ancora più evidente. “Il peso dell’indebitamento fagocita i tre quarti della performance economica dello strumento industriale”, afferma Jean-Rene Delépine, di Sud-Ferrovie. “Lavoriamo per finanziare le banche. È una vergogna”. E più passa il tempo, più il debito cresce. “Se lo Stato fosse subentrato nel 2010, sarebbero stati generati solo 7,2 miliardi di euro di debito, contro i 17,5 miliardi attuali”, calcola Arnaud Eymery della società Degest.

Un’altra scelta politica assurda: nel 2006 il governo di Dominique de Villepin ha privatizzato le autostrade, causando un grosso deficit per il sistema ferroviario. Una parte delle sovvenzioni erogate dallo Stato alla SNCF proviene dall’agenzia di finanziamento degli investimenti nei trasporti in Francia, che è finanziata dalle royalties delle concessioni autostradali…

Per avere un’idea delle somme di cui oggi il sistema ferroviario viene privato, basta guardare l’ammontare dei dividendi che sono stati distribuiti agli azionisti delle società concessionarie autostradali (SCA) nel 2016: 4,7 miliardi di euro [6]!

“L’abolizione del progetto di ecotassa nel mese di ottobre 2014 (da parte del governo di Manuel Valls), previsto anche dalla commissione Grenelle per l’ambiente, con l’obiettivo di finanziare la costruzione dei treni LGV, ha di nuovo aggravato le finanze e dunque il trasferimento dei traffici su strada a quelli via treno”, aggiunge Arnaud Eymery.

Per gli utenti, il prezzo dei biglietti esplode

Il trasferimento del traffico su strada a quello su binari è una sfida cruciale di fronte al riscaldamento globale e al peggioramento dell’inquinamento atmosferico. Ma per gli utenti, il costo del treno schizza alle stelle. Perché per far fronte alla sua situazione finanziaria, la tariffa applicata da RFF alle società che gestiscono i treni – e quindi principalmente alla SNCF – è stata considerevolmente aumentata (+26% tra il 2007 e il 2013). “L’aumento è immediatamente ricaduto sul prezzo dei biglietti, che è aumentato del 20% tra il 2008 e il 2013”, afferma Arnaud Eymery. Risultato: i francesi abbandono il treno perché giudicato troppo caro.

A partire dal 2010, il traffico TGV è in calo. Si crea così un circolo infernale: la gente prende meno il treno, il numero di treni diminuisce, i pedaggi aumentano, così come i biglietti e gli investimenti necessari. Tra il 2010 e il 2016, il traffico ferroviario ha registrato un aumento dell’1% quando quello in automobile è balzato del 7% e il trasporto aereo del 17%.

Piuttosto che tassare l’autostrada per finanziare il trasporto ferroviario, molto meno inquinante, lo Stato sostiene di potersi autofinanziare a condizione che i lavoratori delle ferrovie lavorino di più e meglio. Tuttavia, importanti sacrifici sono già stati fatti. “Ogni anno, alla SNCF viene chiesto di risparmiare 1,5 miliardi di euro. E la principale fonte di risparmio è l’occupazione”, continua Arnaud Eymery. Tra il 2004 e il 2014, il numero di lavoratori delle ferrovie è diminuito. Questi ultimi sono passati da 175.000 a 154.000 dipendenti, cioè sono stati eliminati 2.000 posti di lavoro ogni anno.

Elevata produttività, aspettativa di vita ridotta

Secondo Degest, uno studio sui guadagni di produttività mostra, tra il 2004 e il 2014, un aumento più forte per i ferrovieri (+3,2% all’anno) che per l’economia francese nel suo complesso (+1,9%). Una tendenza che dovrebbe continuare nei prossimi anni a causa di contratti di performance firmati tra lo Stato e la SNCF. Non di meno, il costo di questa pressione sul lavoro è elevato. Alla SNCF, come altrove, i dipendenti sono costretti tra obiettivi sempre crescenti e risorse sempre più ridotte. Al punto che alcuni non possono più garantire adeguatamente una sicurezza sui binari (leggi la nostra indagine sull’incidente di Brétigny nel 2013). E che altri sono costretti ad offrire ai viaggiatori i biglietti più costosi [7].

Affinché i treni funzionino continuamente, la manutenzione viene svolta di notte, con la conseguenza che il lavoro notturno ha importanti effetti sulla salute. “Gli indici di morbilità, ovvero il numero di giorni di assenza di dipendenti per malattia o infortunio sul lavoro, sono aumentati con l’aumento della produttività”, osserva Arnaud Eymery.

L’aspettativa di vita dei lavoratori delle ferrovie è inferiore alla media nazionale, soprattutto per il personale esecutivo e quello di trazione. Questi ultimi muoiono quattro anni prima rispetto al resto della popolazione [8]. La federazione Sud-Ferrovie, alla quale la direzione rifiuta di fornire i dati, stima che circa cinquanta ferrovieri si suicidano ogni anno.

1269 euro, lo stipendio base di uno capo treno

Allo stesso tempo, le riorganizzazioni e lo sviluppo di nuove tecnologie portano ad un aumento dell’inquadramento professionale. “Creando tre entità nel 2014, sono stati creati tre tipi diversi di dirigenti di alto grado”, afferma Jean-René Delépine. “Questo aumenta automaticamente il monte stipendi in quanto i dirigenti sono più numerosi e meglio pagati”. L’aumento esponenziale dell’outsourcing ha anche portato ad un aumento del tasso di inquadramento. Per risparmiare, sarebbe possibile esaminare l’organizzazione del lavoro, o meglio… la sua direzione.

Nel 2017, gli undici membri del comitato esecutivo di SNCF-Réseau condividevano un compenso netto imponibile di 2,5 milioni di euro, con 38.000 euro in prestazioni in natura, una media di 19.000 euro al mese a persona. Nel 2017, Florence Parly, l’attuale Ministro delle Forze Armate, è stata pagata 52.000 euro al mese come direttore esecutivo responsabile del comparto SNCF-Voyageurs. In confronto, lo stipendio base di uno capo treno, che assicura il viaggio a bordo, è di 1269 euro netti, con diversi bonus.

Altre soluzioni per finanziare la rete

Come far uscire il sistema ferroviario da questo binario morto? Lo Stato potrebbe aiutare la compagnia, di cui è azionista, a lasciare il ciclo infernale dell’indebitamento e dotare il trasporto via treno di finanziamenti a lungo termine. La CGT propone di destinare 6 miliardi di euro di entrate dal TICPE (tassa interna sul consumo di prodotti energetici) per il finanziamento della rete ferroviaria nazionale. Nel 2016, tali entrate ammontavano a 28,5 miliardi di euro per i prodotti petroliferi [9]. La CGT propone inoltre di porre fine alle esenzioni e al rimborso parziale di questa imposta di cui beneficiano gli autotrasportatori o il settore dell’aviazione.

La confederazione sindacale propone anche di istituire un “pagamento supplementare regionale per il trasporto”: calcolato a partire dalla busta paga e pagabile da società con almeno undici dipendenti, questa tassa fornirebbe alle regioni da 500 a 850 milioni di euro all’anno per finanziare le linee locali. “Sul modello del Livret A creato per finanziare l’edilizia sociale, proponiamo la creazione di un nuovo conto esentasse che offre un prodotto di risparmio sicuro, i cui fondi sarebbero centralizzati dalla Caisse des Dépôts et Consignations”, suggerisce ancora la CGT.

Sviluppare il treno per salvare il clima

Da parte sua, il sindacato Sud-Ferrovie propone di riunire le tre entità che attualmente costituiscono la SNCF in un’unica e sola società, che permetterebbe di condividere il capitale proprio di ciascuna di esse: quello SNCF-Mobilités ammontava a 15 miliardi di euro, mentre quello di SNCF-Réseau è in negativo di 12 miliardi. “Avremmo così un’entità che inizierebbe con un capitale proprio positivo di 3 miliardi”, riassume Jean-Rene Delépine. La fusione porterebbe a una condivisione dei margini operativi, alleggerendo il carico legato al rimborso del debito e migliorando la capacità di autofinanziamento.

Questa riunificazione avrebbe, secondo Sud-Ferrovie, un altro vantaggio: risparmiare sui costi operativi legati alla moltitudine di contratti tra le due entità. Ad esempio, quando SNCF-Réseau chiude una linea per svolgere dei lavori, compensa SNCF-Mobilités che non può più far passare i suoi treni. “Queste transazioni creano contenziosi e portano a sovra-costi organizzativi mostruosi”. Per non parlare delle migliaia di filiali create dalla SNCF, una vera e propria stratificazione organizzativa i cui reali effetti economici e sociali sono ancora da determinare.

In termini climatici, il settore dei trasporti è uno tra quelli più emettitori di gas a effetto serra. Privilegiare le modalità di trasporto meno inquinanti è quindi essenziale. Uno studio condotto in Europa dal gruppo olandese CE Delf mostra un costo sociale e ambientale nove volte superiore per l’auto che per il treno. “Penso addirittura che in Francia, dove il parco diesel è molto importante, queste cifre siano ancora più alte”, ha detto Arnaud Eymery. Di fronte alle immense sfide poste dai cambiamenti climatici, il treno potrebbe essere considerato un bene piuttosto che un peso. Questo purtroppo non è il significato delle conclusioni del rapporto Spinetta, che funge da base per la futura riforma ferroviaria.

Note
[1] L’audit effettuato dall’École Polytechnique de Lausanne è disponibile
qui (in francese).

[2] Gli altri due stabilimenti pubblici industriali e commerciali (EPIC) del gruppo non hanno debiti “preoccupanti” per il momento. Stiamo parlando di “Epic de tête” (la holding che controlla tutti) e SNCF mobilités che gestisce i treni (e che ha anche centinaia di filiali).

[3] Parigi-Strasburgo, Parigi-Bordeaux, Parigi-Rennes, tangenziale Nîmes-Montpellier.

[4] Nel 2013, il gruppo Degest ha stilato un rapporto ben documentato per SNCF in vista della riforma ferroviaria del 2014. Le principali conclusioni di questo rapporto sono riportate qui (in francese). Il rapporto è disponibile qui (in francese).

[5] Vedi qui (in francese) l’analisi di Degest sul costo del debito.

[6] Per una sintesi dei conti delle concessioni autostradali, vedi qui (in francese).

[7] Vedi l’indagine su Salute e lavoro (in francese) realizzata da Eliane Patriarca nell’ottobre 2017.

[8] Aspettativa di vita a 60 anni: 24,9 anni per la Francia nel suo complesso; 20,3 anni per il personale di esecuzione del SNCF, 22 per il personale di trazione.

[9] Il TICPE è il quarto gettito fiscale dello Stato dietro l’IVA, le imposte sul reddito e le imposte sulle società.

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1 Commento


  • Marco

    A occhio e croce, mi sembra la situazione italiana. Ma , in verita’, da noi il.processo è in fase molto piu avanzata….

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