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Squali, conflitto, sardine

Le sardine vanno bene finché fanno rosicare la destra tolgono spazi mediatici a Salvini e Meloni. E stop.

È normale che non vogliano affrontare “i temi” perché sarebbero “divisivi”, quindi io la smetterei di chiedere al compagno teletubby Mattia Santori cosa ne pensa di questo o di quello: non lo sa, oppure è meglio per tutti che non ne parli in pubblico.

Daniele Detto Inox ieri mi ha detto che servirebbe l’arrivo degli squali. Lui viene da una famiglia di marinai e, tra le mie conoscenze, è uno dei massimi esperti di temi ittici. «Vedi – ha spiegato dopo il secondo bicchiere di vino prima di cena – gli squali non mangiano le sardine, ma i pesci che vogliono mangiare le sardine».

Mi è sembrata una cosa molto intelligente.

Nel senso che uno la può pensare come vuole sul conflitto sociale, ma è indubitabile che esista. E non nel senso dei poveri che ce l’hanno coi ricchi, ma nel senso dei ricchi che odiano i poveri e cercano (per lo più riuscendoci) di fregarli e massacrarli ogni giorno.

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1 Commento


  • Pasquale

    Il movimento delle sardine, nato qualche mese fa in Italia sta emergendo in tutta la sua forza espressiva e presenza fisica. Da un probabile stratagemma immaginato da quattro amici, presumibilmente per sostenere, in Emilia Romagna, la candidatura alle elezioni regionali di Stefano Bonaccini, si è trasformato rapidamente in un fenomeno di massa che ha riempito le piazze di tutta Italia. La caratteristica principale, ufficialmente, è quella di combattere l’odio diffuso che la destra ha contribuito a creare negli ultimi tempi e modificare i toni e il linguaggio in uso nella comunicazione in politica, nonché riempire i vuoti che la politica stessa ha prodotto. Una politica diventata cialtrona e becera per cui le sardine chiedono a gran voce una inversione di tendenza. Ma sappiamo bene che i problemi reali del paese non possono ricondursi a una semplice connessione con l’estetica, al contrario sono tematiche concrete, perché reali sono gli oppressi, i deboli e tutti i poveri che più degli altri pagano il prezzo della crisi e le conseguenze di un capitalismo disumano e spietato. Di sicuro e reale c’è la fisicità delle piazze, finalmente si scende di nuovo nell’arena, una spinta dal basso che fa ben sperare. Piazza San Giovanni è stata un bel colpo d’occhio, l’auspicio è che questo movimento non faccia la fine di tanti altri, girotondi, popolo viola, popolo arancione etc…ma che col tempo diventi la nuova sinistra, una vera sinistra che riesca a compattarsi per fare argine alla destra reazionaria che avanza. Un errore, però, non bisogna commettere. Demonizzare i Comunisti, quelli veri, come si è fatto con alcuni militanti a Firenze che stavano facendo semplice opera di volantinaggio, mezzo storico di comunicazione dei comunisti, o ammonendo qualcuno perché ancora, bontà sua, ha il coraggio di sventolare la bandiera rossa con la falce e martello, dimenticando che i comunisti non s’infilano nelle piazze, i comunisti nelle piazze, storicamente ci sono sempre stati. Per portare idee di uguaglianza sociale, libertà e lotta per i diritti. Come stanno facendo le sardine del resto. E’ un enorme abbaglio accodarsi al teorema della UE che equipara il comunismo al nazismo, è una disonestà oscurantista, una operazione di revisionismo storico. E’ solo superficialità, dice Thomas Mann e chi lo fa è solo apparentemente un democratico, ma nel profondo del suo cuore è già fascista e riserva tutto il proprio odio al comunismo. Questa ondata di rinnovamento crescerà e si espanderà, ci vorrà tutto il tempo che le sardine hanno bisogno, ma quanto prima si troveranno nella condizione di dover scegliere la loro collocazione politica come è naturale che sia. Combattere il capitale e tutto ciò che ne consegue in termini di precariato e sfruttamento oppure continuare a sostenere i governi borghesi dei quali anche ‘certa sinistra’ è stata parte integrante o addirittura, come nel governo attuale, protagonista. E’ inutile girarci intorno, non ci può essere impegno politico a sinistra prescindendo dalla lotta di classe. Ilva, Whirlpool e molte altre crisi aziendali sono lì a confermarlo. Bisogna sentire dal profondo ogni ingiustizia e stare davvero al fianco degli sfruttati, degli emarginati, dei migranti e di tutti i poveri per battersi e unificare la lotta contro le forze del male, contro la destra reazionaria, contro i poteri forti di una Unione Europea che ci vuole servi, e contro un sistema capitalistico che schiaccia sempre più la dignità dei lavoratori producendo impoverimento e rimarcando lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo. Una lotta senza se e senza ma, così come insegnano le rivoluzioni latinoamericane, per l’uguaglianza, i diritti e la Libertà e per costruire concretamente e realmente le basi per un mondo migliore.
    Pasquale Aiello

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