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Non sottovalutiamo le minacce di guerra nel Mediterraneo

Non dobbiamo in alcun modo sottovalutare le minacce di una guerra nel Mediterraneo. L’escalation militare annunciata contro la Siria ha tutte le caratteristiche per poter diventare un conflitto assai più esteso e devastante che coinvolgerebbe anche il nostro paese.

Diversamente dalle guerre a cui abbiamo assistito e contro cui abbiamo lottato in questi anni (Iraq, Afghanistan, Jugoslavia etc.), questa crisi sta mettendo in evidenza i crescenti contrasti tra le grandi potenze e il loro avventurismo.

In questi anni gran parte dei paesi del Medio Oriente o dell’Africa sono stati divisi, destabilizzati, bombardati. Ciò ha determinato uno scenario in cui è evidente come le maggiori potenze abbiano disgregato i paesi più deboli scatenandovi o sostenendo guerre civili, repressione, colpi di stato, immani sofferenze per le popolazioni civili. Si è arrivati al paradosso che un paese ricco di idrocarburi come la Libia oggi debba importare gas e petrolio perché gli impianti sono finiti in mano alle diverse milizie armate. L’Iraq continua ad essere devastato dalle divisioni etnico-religiose e da sanguinosi attentati contro i civili. L’Egitto ha subito un sanguinoso colpo di stato di militare che ha spodestato il governo oltranzista dei Fratelli Musulmani. I palestinesi sono stati divisi politicamente e territorialmente.

Purtroppo dobbiamo ammettere che le forze progressiste e democratiche in Medio Oriente sono ancora deboli o sono uscite indebolite dalla stagione delle rivolte popolari nel mondo arabo che avevano posto con manifestazioni poderose il problema della democratizzazione e di un nuovo ordine sociale. Le uniche forze in grado di indicare una alternativa di sistema politico ed economico all’autoritarismo di stampo religioso, politico, militare e alla subalternità alle multinazionali e alle grandi potenze, sono state schiacciate dalla normalizzazione intervenuta su tutto il Medio Oriente.

In questo rinnovato clima di guerra colpisce e preoccupa l’avventurismo dell’amministrazione statunitense di Barak Obama, che pure era giunto alla Casa Bianca sull’onda del ripudio delle guerre in Afghanistan e Iraq. Aver annunciato come inevitabile l’intervento armato contro la Siria, nonostante l’opposizione e lo scetticismo di larga parte dell’opinione pubblica internazionale e lo schieramento contrario di Russia e Cina, rischia di portare la situazione ad un punto di non ritorno.

La storia ci insegna che i tentativi di porre rimedio ad errori diStatiM  valutazione o ad azioni avventuristiche ne hanno prodotti altri ancora più gravi, soprattutto se gli scontri militari avvengono in un contesto di grave crisi economica mondiale come quello che stiamo vivendo.

Dobbiamo mobilitarci seriamente contro i rischi di una escalation di guerra nel Mediterraneo.

Con tutto il rispetto, non possiamo delegare questa funzione solo al Vaticano e non possiamo consentire che l’Italia sia complice di questa escalation consentendo l’uso delle basi militari USA e Nato nel nostro paese per l’attacco alla Siria o, come accaduto sistematicamente in passato, prenda parte all’intervento militare. Le ambiguità dimostrate dal governo Letta al vertice del G 20 e l’ambiguità delle forze che lo sostengono sulla subordinazione alla Nato, confermano che non si possono fare sconti a questo governo.

Rossa è solidale con i movimenti di massa che lottano contro le politiche antipopolari dei regimi autoritari e reazionari e che hanno scosso il Maghreb e il mondo arabo negli ultimi anni e con le forze rivoluzionarie anticapitaliste di quei paesi che sono impegnate nella lotta contro le politiche liberiste e contro il settarismo religioso, per la trasformazione in senso socialista dei loro paesi.

Salutiamo con favore le iniziative già messe in campo dai movimenti per la pace in Sicilia contro il Muos o a Vicenza contro le basi militari. Saremo nella piazze insieme a tutte le forze che nei prossimi giorni si batteranno per la pace e contro la guerra nel nostro paese, in Medio Oriente e nel resto del mondo.

 

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