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Terremoto a L’Aquila. Uno speciale di RCA

Sono passati esattamente otto anni dal 6 aprile 2009. Alle 3.32 un sisma di magnitudo 6 causò 309 vittime, migliaia di feriti e decine di migliaia di sfollati. Da subito la richiesta delle popolazioni colpite fu quella di far ripartire la ricostruzione da loro, dalle esigenze di chi i territori li viveva e li rendeva vivi. Le cose sono andate in modo diverso, purtroppo, e ad oggi la ricostruzione è ancora lontana dall’essere completata, tra errori, speculazioni e austerity.

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Mancata ricostruzione, speculazioni e devastazione sociale 

La mancata ricostruzione non riguarda solo il territorio, le case, le infrastrutture.  Da ricostruire, dopo il terremoto, ci sarebbe stato il tessuto sociale ed economico di una comunità che  era stata duramente colpita.  Questi i temi affrontati insieme a Fabio Carosone, del comitato 3e32 de L’Aquila, nella prima parte del nostro speciale.

Come annunciato speciale su quanto avvenne ormai 8 anni fa, la notte del 6 aprile 2009, alle 3e32, il terremoto che colpì l’Abruzzo, che costò la vita ad oltre 300 persone e mise in ginocchio un territorio. Con noi al telefono come primo ospite di questo nostro speciale di approfondimento Fabio Carosone, del Comitato 3e32 de L'Aquila. Fabio

Ciao, buongiorno a tutti e tutte.

 

Il 3e32 è un’esperienza che nacque all’indomani di quel tragico evento e ha seguito, con attenzione, quello che è avvenuto durante, prima ovviamente, durante e dopo. A noi interessa parlare del dopo, quello che doveva essere fatto e che non è stato fatto per restituire vita a un territorio su cui è stata anche fatta molta speculazione. E’ un po’ così quello che è successo in questi anni o siamo forse eccessivamente pessimisti?

No, no, assolutamente. Innanzitutto ringrazio voi perché almeno da stamattina siete di fatto gli unici che ci state filando… Sinceramente, vedendo pure Rainews, Sky news, nessuno parla di questo ottavo anniversario del terremoto. Per carità, noi siamo i primi a dire che non possiamo fare i terremotati tutta la vita, però… Quindi vi ringraziamo per questo interesse che ci state dedicando. Come dicevi, ci apprestiamo a vivere questo ottavo anniversario con tantissima rabbia i corpo e anche frustrazione, purtroppo, derivante anche dal fatto che tutto ciò che avevamo detto nell’immediato post-sisma e denunciato poi si è puntualmente verificato. Molti al tempo non ci ascoltarono, tantissimi – soprattutto la stampa, i mass media, al tempo c’era la dittatura Bertolaso-Berlusconi che era fortissima – ci diedero addirittura dei non aquilani, provarono anche a dire che noi non eravamo aquilani, perché magari qualcuno aveva studiato fuori… La ricostruzione de L'Aquila è partita, questo sì, bisogna essere ottimisti. Sicuramente ci sono tantissime gru, tantissimi cantieri, poi – insomma – molta gente di Roma lo sa perché siamo vicini, quindi sicuramente ci sarete passati almeno una volta negli ultimi anni… Però purtroppo presenta tutte le criticità delle cosiddette grandi opere. L’Aquila, si può dire, è una sorta di Expo in grande, un Mose in grande, una Tav in grande. Girano tantissimi soldi, è vero, girano miliardi, questa è la città più finanziata d’Italia, è il più grande cantiere d’Europa al momento… Però ha prodotto pochissimi posti di lavoro, tantissimi appalti, la maggior parte degli appalti finiti in mano a poche grandi ditte, che poi spesso si costituiscono in Ati – Associazioni temporanee di Imprese – ma, insomma, bene o male sono sempre quelle due o tre grosse ditte che poi spesso non portano neanche a termine i lavori. Ad esempio c’è il gruppo Mantovani, che è anche indagato per il Mose, che qui ha abbandonato 30 o 40 appalti lasciando palazzi completamente rotti, si è intascata i soldi e non ha portato a termine i lavori. E quindi immaginate i proprietari, che stanno tuttora subendo ulteriori anni di ritardi, come possono stare… Ma la cosa più grave è che gli operai edili aquilani, quelli locali, sono in cassa integrazione, non lavorano se non ogni tanto… Un mesetto ti fai qualche pavimento, qualche rifinitura, così… C’è una disoccupazione dilagante. Tra l’altro lo stato ha pensato bene di fare anche una legge infame – quella della “sostituzione edilizia” – per cui ai proprietari che avevano casa gravemente danneggiata nel centro storico de L’Aquila (e il centro storico de L'Aquila, potrà sembrare strano, ma è uno dei primi sette d’Italia; sono 360 ettari, peraltro il progetto casa è 400 ettari, l’hanno fatto ancora più grande dellle new town) è stata data, sin da dopo il terremoto, la possibilità di rivendere la casa al Comune de L'Aquila. Ricevendo però i soldi in base al valore di prima del terremoto, perché altrimenti rotte varrebbero pochissimo e spesso sono centinaia di migliaia di euro, perché erano anche appartamenti di 2-300 mq, con la possibilità di ricomprarsela dovunque volevano. E qui c’è la battuta: gli aquilani si sono rifatti alla casa a Courmayeur. Perché è vero, alcuni se la sono comprata a Courmayeur. Quindi abbiamo una città ormai spopolata, perché giustamente, con la “sostituzione edilizia” molti se la sono comprata a Roma, a Siena, a Bologna, a Firenze, dove studiavano i figli. Credo che almeno 2-3000 persone nel centro storico hanno usufruito di questa sostituzione edilizia; quindi ci ritroviamo adesso con una città in cui si scoperchiano i palazzi, perché vengono portati a termine, ma senza abitanti dentro… Abbiamo cifre ufficiose, quindi non ufficiali, 20-25 mila abitanti in meno; poi magari hanno mantenuto la residenza però si sono trasferite comunque, anche perché il lavoro manca, quindi… Ecco, viviamo questo ottavo anno con tanta rabbia. Quella che poteva essere un’opportunità di rinascita – è brutto dirlo perché, per carità, le vittime ce l’abbiamo nel cuore, le conoscevamo tante, però purtroppo poi uno deve anche andare avanti, non può solo piangersi addosso e quindi… – poteva essere un’opportunità quella della ricostruzione. Invece abbiamo subito una sorta di dittatura, per cui sono calati gli speculatori qui su L’Aquila, anche con la complicità dell’amministrazione locale di centrosinistra a guida Pd, e la popolazione è stata estromessa. Una parte, bisogna dire, si è venduta completamente, per cui c’è un livello di corruzione elevatissimo. Ma l’ho detto: una sorta di Tav in grande, di Mose in grande… Là rubacchiano in pochi, qui in tanti, perché ovviamente è molto più grande come opera.

 

Fabio, una domanda. Tutto questo ci colpisce. Ricordo perfettamente – come radio frequentammo spesso dopo il terremoto quelle zone perché volevamo proprio capire da subito cosa sarebbe successo – mi parli di persone che se ne sono andate, di altre persone che si sono vendute e cercano di speculare su loro stesse, praticamente… Questo ci sembra l’indice del danno peggiore che è stato fatto alla città de L'Aquila e, paradossalmente, non dal terremoto, ma da chi l’ha gestito dopo.

Indubbiamente. Le parole che ha detto dopo il terremoto di Amatrice il Vescovo di Rieti – siamo atei, però… – “fa più danni l’uomo… quello che distrugge è l’uomo e non tanto il terremoto che, di fatto, è un evento naturale”. In molti altri paesi non produce neanche tutti questi danni, se ce la vogliamo dire tutta. Sì, la devastazione peggiore è stata quella dell’uomo. Già si iniziò con le new towns, che purtroppo furono applaudite da tanti, anche a sinistra, con la complicità dell’amministrazione comunale che oggi dice di non volerle più. Però noi abbiamo ancora le foto in cui tagliavano il nastro assieme e si facevano la foto all’inaugurazione di queste new town; tra l’altro le zone erano state fatte scegliere ad architetti de L'Aquila… E ci chiediamo come abbia potuto, gente de L'Aquila, scegliere zone addirittura ai piedi del Gran Sasso, a 1000 metri. Qui siamo a 700… a volte se qui piove, lì nevica, sta proprio sotto il Gran Sasso. O addirittura in zone sperdute… Spesso le hanno messe di fronte al paese, però appunto il paese sta dall’altro lato della strada, quindi poi per andarci devi attraversare una strada un po’ brutta. Un progetto case vicino Paganica, o in una zona che si chiama Roio, ha sicuramente provocato tanta depressione, perché ci hanno messo persone anziane, sole, disperse tra le montagne qui vicino… ha sicuramente prodotto conseguenze psicologiche rilevanti. La comunità si è un po’ frantumata. Con queste 19 new town, oltre che i villaggi Map (i map sono i moduli abitativi provvisori, quelli che adesso si cominciano a vedere ad Amatrice…) spesso costruiti a due km da un paese. Per carità, per Roma 2 km non sono molti, ma immaginate un paese, piccolo… A due km è già tutto distante… Comunque la cosa principale è stata la mancanza totale di lavoro… Dopo un terremoto, soprattutto in una città universitaria, come è L’Aquila, dovrebbe veramente favorire un po’ tutte le mansioni, compreso l’antropologo… Qui abbiamo la facoltà di lettere e anche antropologia, per esempio… Al giorno d’oggi che uno magari si chiede a che può servire l’antropologo… Ecco, qui serve. Infatti c’è un prof. di antropologia che negli anni subito dopo il terremoto ha indicato tutti i rischi che si potevano correre con le new town. Insomma, può servire tutto. E invece niente. Pochi grandi gruppi si sono presi la città con la complicità delle autorità locali e una parte di popolazione che lucra… Perché comunque i soldi girano... Io sono rimato colpito da questa cosa e purtroppo, è brutto dirlo, avverrà anche ad Amatrice, ad Accumuli, a Visso…

 

Certo, è un modello…

Sì, le stesse manifestazioni che stanno facendo ora, le facevamo anche noi. Poi, quando arrivano i soldi tantissima gente, non si sa come, impazzisce. Al posto delle pupille c’è l’euro. Addirittura anche gente che ha avuto lutti. Io, in momenti di scoramento, dico: è finito il mondo, perché se addirittura pure i parenti delle vittime arrivano a rubacchiare siamo proprio alla frutta… Comunque ci sono forme di resistenza, questo bisogna dirlo. Stiamo portando avanti queste denunce, perché adesso una parte di popolazione per fortuna si è accorta che non può far andare la ricchezza in poche mani, nelle mani di pochi ingegneri, pochi tecnici… Qui vengono staccate parcelle di 3-400 mila euro al mese per i tecnici, non è che stiamo parlando di bazzecole. Non è possibile, anche perché poi non ridanno neanche nulla al territorio. Qui abbiamo lo sport in crisi totale. Siamo la patria del rugby e L’Aquila rugby è retrocessa, abbiamo il sociale completamente devastato. Neanche a dire che “stanno prendendo soldi, però un minimo lo ridanno con…” No. Tra l’altro si lavora anche al minimo di operai. Per esempio nei cantieri ci sono proprio i cartelli con scritto: personale al completo. Poi magari sono dentro in cinque...

 

Capiamo perfettamente Fabio. Il ritratto che hai dato è esaustivo ed è purtroppo quello che temevamo. Otto anni sono tanti, ti chiedo l’ultima battuta poi ci salutiamo. Otto anni sono veramente tanti. Non dico che si poteva ricostruire una città per intero, ma quasi. Che prospettive vedi adesso, sulla base della tua esperienza?

Secondo me c’è da provare a collegare tutta l’aria del Centro Italia, perché di fatto Amatrice stava proprio qui dietro, in linea d’aria è vicinissima, così come Montereale, Capitignano, i centri del gennaio scorso. Quindi collegare le lotte delle aree interne, soprattutto. Noi, e non solo noi, pensiamo che ci sia ormai un disegno per un neourbanesimo: spopolare i piccoli centri. E lo stiamo vedendo con i nuovi crateri sismici dove, appunto, dopo otto mesi ancora non hanno una casetta, una piccola stalla… Insomma, cose ridicole… Quindi c’è questa strategia di spopolare, probabilmente, derivante anche dal fatto che, come saprete, la Tap passa qui tramite la Snam… Non so se c’è stato un ingegnere con la squadra e il righello… Ma quel tocca tutti gli epicentri degli ultimi terremoti del 6 aprile dal 2009 ad oggi, proprio tutti. Passa anche qui, e poi risale per Amatrice, Montereale, Visso, Norcia … Sembra fatto aapostaO l’ha fatto un criminale, oppure… Quindi è ovvio che è una strategia per mandarti via, perché non ci scordiamo che il 6 aprile del 2009 qui saltò il gasdotto. Quindi immaginatevi cosa può succedere… Perché qui i terremoti ormai sono una costante, non è che ci saranno tra 2-300 anni… Siamo tra le montagne, gil Appennini sono in movimento, poi insomma pure a Roma siete abbastanza impauriti perché è vicino…

 

Si sentono bene…

Anche ai Castelli. Ah, arriva anche in Emilia, la Snam… Quindi tocca anche il cratere sismico emiliano, l’hanno proprio fatto apposta…

 

Tutti se li fa…

È da unire queste lotte, questa unica battaglia per il diritto alla vita anche nelle aree interne. Non esistono solo le grandi città. Io ho vissuto a Roma, è una bellissima città, però penso che se uno poi vuole stare in un altro posto, ha il diritto… Non esistono solo Roma, Milano, Napoli… Ci sono tanti bei posti minori, forse anche più vivibili, e però non so, ci sarà questa strategia… Per carità, io non sono assolutamente complottista, ci mancherebbe… Però probabilmente esiste un qualche motivo che induce a spopolare, perché altrimenti non si capiscono tutti questi ritardi nel ricostruire, nel dare i soldi solo con il contagocce. Quindi si potrebbe provare a fare questo, rivendicare questo. Inoltre qui a L’Aquila l’11 giugno si vota, e pure quello è importante. Noi stiamo pensando, non tutti, di provare a costruire una coalizione sociale indipendente che punti abbastanza in alto. Anche perché qui il centrodestra non esiste più, perché ovviamente mangia con il centrosinistra… Mandano avanti loro, quindi che gliene importa di gestire, “tanto comanda il Pd, mangiamo assieme”. Il movimento 5 Stelle si è spaccato in due, non gli daranno neanche il simbolo, molto probabilmente, anche perché è una patata bollente, dopo Roma non se l’assumono… Noi non siamo elettoralisti convinti però, insomma, pure quello può essere un passaggio, almeno a livello comunale… Guardiamo all’esperienza di Napoli che sta portando tutti positivi, pensiamo… Parlando con i compagni de L'Asilo Filangieri, o dell’ex Opg, ci hanno detto che è importante quell’esperienza…

 

Un tentativo forse merita di essere fatto. Noi Fabio ti ringraziamo, ci risentiremo sicuramente, questa ultima cosa che ci hai detto ci fa venire un po’ i brividi ma è lo spunto di indagine eccezionale questa questione del gasdotto della Snam che, guarda un po’, passa proprio per tutti i territori sismici. Buon lavoro. Grazie della corrispondenza.

Grazie a voi.

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Prevenzione e gestione dell’emergenza: una occasione persa

Il tema della prevenzione (la zona colpita dal sisma del sei aprile, come l’area intorno ad Amatrice, sono zone sismiche) e della gestione dell’emergenza è salito alla ribalta dell’attenzione mediatica immediatamente dopo il 6 aprile del 2009. Per poi sparire, e ricomparire dopo una nuova tragedia. Cosa si è imparato, e cosa si avrebbe dovuto apprendere, dall’esperienza drammatica del 2009? Ne abbiamo parlato con Stefano Zordano, Vigile del Fuoco e sindacalista dell’USB nella seconda parte dello speciale.

Intervista Stefano Zordano Vigili del Fuoco

Grazie Stefano Giordano, vigile del fuoco Unione Sindacale di Base. Sono otto anni che l’Aquila e l’Abruzzo sono stati colpiti dal terremoto, abbiamo appena parlato con un abitante dell’Aquila, fa parte di uno dei vari comitati che ci ha raccontato dei ritardi incredibili, della speculazione ad altissimo livello che è in corso sulla città, sul capoluogo abruzzese, su tutti i territori del cratere. Per quello che riguarda la sicurezza… il centro Italia è stato colpito qualche mese fa da un altro sisma che ha avuto conseguenze altrettanto drammatiche, nonostante lo sforzo di chi ha prestato i soccorsi. Si parla moltissimo dell’effettiva competenza e del coraggio e della passione degli operatori, in primis i vigili del fuoco; si parla un po’ meno del fatto che forse c’è un problema alla base. Io ricordo che quando mi raccontarono del terremoto, della notte del 6 aprile in Abruzzo, parlavano di un numero esiguo di vigili del fuoco in servizio. Mi pare che da questo punto di vista la situazione non sia migliorata, anzi è forse anche peggiorata, visto che adesso abbiamo l’austerity. Dal punto di vista della sicurezza dei territori, l’esperienza del 6 aprile del 2009 ha insegnato qualcosa?

E’ un’analisi che corrisponde perfettamente a quella che è una situazione reale che attanaglia prima di tutto il cittadino, perché non bisogna dimenticare che comunque ci sono degli obblighi da parte dello stato nei confronti del cittadino, anche se sono estremamente inadempienti dal punto di vista della previsione futura. L’Italia è un paese che utilizza le emergenze come un salvadanaio da poter spendere senza una regola ben precisa. Mi piacerebbe che ci fosse un’analisi dell’Ufficio grandi rischi, da cui i Vigili del Fuoco sono esclusi. Questa è un’altra contraddizione da sottolineare chiaramente…

 

Sembra assurdo…

Questa è un’analisi di quello che è l’emergenza, di quello che è costata l’emergenza degli ultimi 20 anni; e di quello che sarebbe costato, invece, un piano previsionale per la salvaguardia, la prevenzione e la previsione. Questi dovevano essere i pilastri fondamentali della politica. Mentre invece il pilastro scelto dalla politica è stringere anche i vigili del fuoco nella nella morsa della spending review, utilizzare continuamente delle opere depressive dal punto di vista economico, salariale, di assunzioni sul territorio nazionale. E’ veramente inaccettabile e vergognoso, politicamente, che ci sia un pompiere ogni 15 mila abitanti, con un’età media che supera i 49 anni. Questo è un omicidio politico, intendo dire, nel senso che comporta delle conseguenze estremamente gravi su tutto il territorio… Io sono operativo a Genova e l’altro giorno in una squadra in partenza, l’età media era 52 anni; e c’erano due partenze a fronte di 860 mila abitanti. In questa situazione come si può pretendere di impartire una prevenzione sul territorio? L’altro giorno parlavo di dissesto idrogeologico con un sindaco di un paese che mi diceva: “io avevo chiesto due milioni e mezzo per mettere un assetto idrogeologico di sicurezza nei confronti dei cittadini, non me l’hanno dato, poi la frana ha causato 12 milioni di spesa per l’emergenza. Allora la domanda sorge spontanea: non è che nell’emergenza ci siano dei poteri occulti, degli interessi che vanno oltre quello che è la sicurezza del cittadino? Noi è da anni che chiediamo la riforma della Protezione civile, dove i vigili del fuoco devono essere inseriti di diritto; abbandonando definitivamente quel luogo angusto che è il ministero dell’interno e non un comparto autonomo. In quell’ambito, praticamente, i vigili del fuoco sono falciati tutti i giorni sotto tutti gli aspetti; mentre invece, facendo una riforma della Protezione Civile vera, che guardi veramente negli occhi il cittadino dentro un progetto di prevenzione, previsione, salvaguardia e protezione, dove tutti gli organi non sono messi in competizione ma in una grande sinergia, finalizzata a proteggere il cittadino e il lavoratore… questa è la nostra soluzione. Però a volte le soluzioni in Italia vengono ascoltate come fossero irraggiungibili perché non ci sono i soldi, mentre in realtà i soldi ci sono. Perché rifaccio l’esempio del sindaco di prima: se poteva spendere 2 milioni e mezzo per mettere a posto il suo paesino, non succedeva nulla; e invece non sono stati dati e magari questo ha causato morte, disperazione e aumento della spesa pubblica.

 

Una domanda. Scopro adesso il fatto che i vigili del fuoco siano esclusi dalla commissione grandi rischi, non riesco a capire il motivo. Ma esiste un motivo pratico perché avviene questo? Perché è una cosa completamente priva di senso, al mio occhio di cittadino…

Se uno pensa a come sono stati organizzati i vigili del fuoco… I vigili del fuoco sono un ufficio di collocamento delle cariche prefettizie. Noi siamo il più grande collocamento delle cariche prefettizie. Se io vado da un cittadino e dico: scusa, ma i prefetti cosa ci stanno a fare nei vigili del fuoco? I vigili del fuoco devono essere un corpo tecnico, altamente specializzato, dove praticamente la burocrazia viene abbandonata definitivamente per dare professionalità e servizio al cittadino. Mentre invece noi siamo blindati in una tra le più grosse concentrazioni prefettizie di tutto il pubblico impiego; abbiamo 180 prefetti nei vigili del fuoco, dove tirano le fila di quello che è l’organizzazione del soccorso. Capite bene che così diventa “normale” che non ci sia nessuno di noi ai “grandi rischi”, perché siamo comandati da cariche prefettizie. La massima aspirazione di un dirigente è quella di diventare prefetto nei vigili del fuoco. Non è quello di diventare un tecnico altamente specializzato, ma diventare prefetto. Veramente è un corpo che sta prendendo una forma assolutamente non conforme a quello che dovrebbe essere il supporto tecnico. Siamo blindati dentro questa struttura e negli ultimi terremoti abbiamo dato la più brutta espressione di soccorso… In prima battuta, nell’ultimo terremoto, avevamo 450 unità presenti. E sappiate che le unità presenti vengono selezionate secondo alla fascia: prima fascia, seconda fascia, terza fascia… Quindi anche nel terremoto ci sono differenziazioni economiche nei confronti dei lavoratori, pure se poi, quando sono lì, i vigili del fuoco sappiamo tutti come si comportano. Abbandonano l’orologio e magari dormono in un sacco a pelo, per strada; perché comunque logisticamente abbiamo perso anche quella autonomia che, tanti anni fa, avevamo; allra noi utilizzavamo dei camper, ecc… In Francia, ad esempio, hanno copiato assolutamente la nostra posizione di qualche tempo fa, utilizzando delle roulotte. Noi invece abbiamo abbandonato i camper e abbiamo esternalizzato la logistica a terzi; e così ci siamo ritrovati a dormire per strada, durante l’ultimo terremoto…

 

Questa è un’altra notizia che la dice lunga. Un’ultima domanda, Stefano. Se fosse stato utilizzato meglio quello che poteva insegnare il terremoto del 2009 in Abruzzo, si sarebbero risparmiate delle vittime? Parlo in primis di prevenzione nei territori colpiti, Amatrice, Accumoli, ecc. E’ possibile dire una cosa del genere?

Dire che non sarebbe morto nessuno o che ne sarebbero morti di più non si può dire. Ma le percentuali di quanti rimangono in vita si innalzano, sicuramente. Ad esempio qua in Liguria, con il dissesto idrogeologico, abbiamo attivato una convenzione. Noi siamo contrari alle convenzioni, ma dovete sapere che per una nostra particolare “grammatica burocratica” non era permesso ai vigili del fuoco di andare a lavorare in servizio preventivo, secondo un regolamento che ha stabilito l’indice di mortalità nella nostra regione; quindi questo abbassa sicuramente le percentuali. Nei terremoti abbassa la percentuale. Se si parla di previsione e prevenzione e di una sinergia tra la ricerca, tra la mente e chi opera manualmente sul territorio, sicuramente si raggiunge l’obiettivo principale che è quello di salvaguardare i nostri cittadini.

 

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La situazione, otto anni dopo

Frammentazione del territorio, scomposizione della compagine sociale: sconfitta delle istanze di chi vuole, o voleva, ricostruire dal basso? Ne abbiamo discusso con Alfonso De Amicis, attivista e residente all’interno del “cratere”, nella terza ed ultima parte dello speciale.

Intervista ad Alfonso De Amicis

Con noi al telefono Alfonso de Amicis. Buon giorno…

Buongiorno pure a te…

 

Sono otto anni che l'Aquila, il territorio che è stato colpito dal terremoto devastante: oltre 300 vittime, tantissimi feriti e la distruzione di un territorio e forse anche di un tessuto sociale. Quello che è venuto fuori è anche questo: la ricostruzione, che doveva essere, nelle parole dell'allora premier Berlusconi insieme all'allora capo della Protezione Civile Bertolaso, “rapida” e anche “rivoluzionaria” dal punto di vista delle modalità, si è trasformata in una speculazione incredibile sul territorio e, di fatto, nella perdita di un importante pezzo di tessuto sociale dell'Aquila e dei paesi intorno. E' un po' questa la situazione ad oggi o stiamo esagerando nella visione pessimistica?

No, no, non state esagerando. La situazione purtroppo è questa, ma per essere corretti e precisi la responsabilità non è solo di Berlusconi ma anche di chi è venuto dopo …

 

Certo, assolutamente…

 

Lo dico perché se no ci limitiamo a fare il tifo, come spesso avviene qui a L'Aquila. La responsabilità è che prima Berlusconi veniva qui a L'Aquila perché lui aveva questa vocazione ad incentrare se stesso e quindi spettacolarizzava tutto. Ma dopo, quando è venuto soprattutto il Pd, e in grazia di dio di Fabrizio Barca, in pratica siamo passati dal linguaggio dell'olgettina al linguaggio della finanz, in pratica. Adesso la sequenza, sia dal punto vista legislativo che dal punto di vista politico, è che oggi obbediamo più di ieri all'austerità europea, quindi non si possono spendere più di determinate cifre…. In un anno, i finanziamenti devono essere centellinati, le pratiche devono passare per alcune strutture che stanno lì – loro dicono – per risparmiare o per evitare che ci sia la malversazione. Ma, fondamentalmente, il discorso è questo e quindi la situazione è molto molto più pesante. Io abito in un paese a 7 km da L'Aquila, dove la ricostruzione non è mai partita; le frazioni sono tutte quante abbandonate e sono 8 anni che io passo davanti alla mia casa che sta lì, immobile, come nella canzone di Guccini. Questa è la realtà.

 

Quanto hanno influito le politiche di austerity intervenute già dal governo Monti sui percorsi di ricostruzione dei territori colpiti dal sisma? Immaginiamo che abbiano avuto un intervento rilevante rispetto alla caduta delle prospettiva di ricostruire la città come era…

Hanno influito tantissimo… Intanto è stata usata la vicenda della ricostruzione, dal punto di vista urbanistico, per spostare praticamente la rendita ancora di più verso le classi agiate, i grossi proprietari. Perché il centro storico lo stanno ricostruendo, ma stanno ricostruendo le case appartenenti a questi grossi immobili… Invece con questa storia del terremoto in pratica c'è stata tutto un movimento, che non è stato per nulla carsico, ma abbastanza evidente, che ha spostato gli interventi verso la rendita e quindi allontanando la ricostruzione dei quartieri più poveri e delle frazioni. Ma soprattutto i soldi non vengono stanziati con dei flussi finanziari continui; ogni anno devi passare attraverso le forche caudine del Cipe… Naturalmente c'è tutto un armamentario ideologico-amministrativo per cui adesso, a otto anni dalla botta, non solo la ricostruzione fisica delle case tarda ma, soprattutto, è sul piano sociale, sul piano degli interventi produttivi, che manca tutto. Quello che sta subendo Amatrice, purtroppo, noi lo stiamo subendo già da prima.

 

La collettività sta sviluppando una consapevolezza rispetto a questo? Ci hanno raccontato, in interviste precedenti, che c'è addirittura chi preferisce speculare sulla ricostruzione. Parliamo proprio di cittadini de L'Aquila. Ci si rende conto di quanto sia necessario, forse, ripartire dal basso per dare una scossa e riappropriarsi dei percorsi di ricostruzione della città oppure c'è meno consapevolezza rispetto a questa esigenza?

Io penso che sia stata una sconfitta forte di tutti noi, dai movimenti organizzati e anche dei soggetti come me, che la penso in maniera un po' diversa da come in generale la pensano tutti. Diciamo che adesso noi andremo a votare l'11 giugno, ma tutto il movimento che c'è stato, che si era sviluppato subito dopo il sisma, ora è parcellizzato, polverizzato. Non risente solo di una situazione locale… Devi immaginare che adesso la città si è allungata ulteriormente, mentre prima era un centro che fungeva da elemento coordinatore, sia sul piano urbanistico che sul piano politico; oggi non c'è più nulla e quindi è una situazione di grave crisi economica, la situazione che si è aggiunta con il terremoto, c'è una polverizzazione pazzesca e su tutto questo purtroppo non esiste una forza – né organizzata, né di movimento . capace di offrire un percorso alternativo. Non la voglio buttare in politica, ma se tu non metti in discussione le politiche che ci sono verso le autonomie locali – che è uno degli elementi su cui per esempio la Bundesbank aveva chiamato la Comunità europea ad accelerare alcuni processi di privatizzazione, di interventi perché alcune spese venissero assorbite dal sistema finanziario, ecc – se tu non metti in discussione queste cose qui, sai benissimo che anche con il problema del terremoto aggraveremo la situazione. Purtroppo è questa la realtà e anche nei processi istituzionali, purtroppo, non c'è una forza politica capace ormai di opporsi a questa devastazione sociale, economica e culturale. Io la vedo in maniera molto molto pessima, negativa. Purtroppo siamo in una situazione deficitaria sul piano politico, culturale e sociale.

 

Grazie per il tuo intervento e il tuo contributo. Grazie e buon lavoro, ci sentiamo presto.

Grazie a voi.

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