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Olimpiadi a Roma. A chi convengono?

Tutta la polemica che si è scatenata contro l’Amministrazione 5 Stelle di Roma, se parte anche da alcune ingenuità da parte di chi amministra oggi (ma almeno allo stato pare in sicura buona fede) è di sicuro strumentale ad ottenere, con una strategia da bastone e carota, il via libera, da parte dell’Amministrazione Capitolina, alla proposizione, al Comitato Olimpico Internazionale (CIO), della candidatura di Roma per le Olimpiadi e le Paralimpiadi del 2024.

Il via libero del Comune ospitante è condizione di fatto necessaria perché il CIO possa dare chances alla città ed allo Stato proponente di vedersi assegnate le OIimpiadi. Le follemente lucide dichiarazioni di Renzi di ieri e ieri l’altro, che fanno quasi dipendere il futuro prossimo di Roma dal fatto che vi si tengano o meno le Olimpiadi estive tra 8 anni, hanno fatto gettare la maschera al potere dominante in Italia, fatta di un intreccio tra imposizione pubblica e precisi interessi privati coinvolti.

Noi, che siamo appassionati sostenitori del movimento olimpico, pur nelle sue contraddizioni, e che ancora di più promuoviamo il movimento paralimpico, per il suo simbolismo, diciamo che questa scelta sarebbe esiziale per Roma e rischierebbe di ingabbiare l’Italia intera in un finto patriottismo, che interesserebbe a circoli ristretti, ma potrebbe bollare,con la complicità della stampa di regime dominante (per interessi del capitale che opera in Italia) come antitaliani tutti coloro che, auspicabilmente la maggioranza della popolazione, si battono per un cambiamento sociale e politico, contro ed oltre gli attuali assetti dominanti, partendo dalla necessaria cacciata del governo Renzi.

Con grande intuito, dunque, Beppe Grillo ed il gruppo dirigente nazionale del Movimento 5 Stelle hanno chiuso la porta ad ogni cordiale intesa col Comitato Olimpico Nazionale Italiano, il CONI, il quale è la testa di ponte, con la gestione Malagò, iniziata nell’ultimo quadriennio olimpico prima di Rio 2016, dell’operazione Roma 2024. Il Coni, differentemente dal governo Renzi, ha una buona immagine, con all’attivo una buona partecipazione alle ultime Olimpiadi, determinata da fattori storici di passione e competenza tecnica, che vanno ben oltre, in Italia, la effettiva diffusione della pratica sportiva di massa, la quale peraltro pure si allarga sull’onda dei successi olimpici.

Inoltre, a Rio, il Coni ha promosso iniziative in contatto con favelas e realtà del disagio urbano di quella metropoli, dando così ad intendere che una dimensione sociale dell’Olimpiade sia praticabile anche a Roma.

Riconosciamo a Malagò una capacità politica e di organizzazione sportiva non piccola; egli ha vinto nel 2013 le elezioni a Presidente del Coni, sconfiggendo la cordata fino a lì dominante, iniziata con Carraro, passato direttamente dalla Presidenza del Milan a quella del Coni negli anni “70, continuata con Pescante ed il suo successore Petrucci, fino al suo rivale, Pagnozzi, sconfitto; Pescante e Petrucci erano anche politicamente appiattiti sul rapporto con Berlusconi, Malagò ha ottenuto l’appoggio di alcune federazioni di sport meno praticati, attraverso uno spregiudicato rapporto con la Lega Nord, ma al contempo ha saputo adeguarsi al clima di “rigore finanziario e socialità sbandierata”, che caratterizza i governi italiani da Monti fino a Renzi, ha incassato il ritiro della candidatura, da parte di Monti, per l’edizione del 2020, ed ha ripreso a tessere a più livelli, italiani, europei, e nel mondo Brics, la sua tela per l’Olimpiade successiva.

Ma, nel frattempo è esplosa Roma Capitale, di cui un prodromo negativo fu l’edizione dei Mondiali di nuoto del 2009, tenutasi nell’Urbe, di cui Malagò era presidente del comitato organizzatore, in stretto rapporto prima con l’Amministrazione Veltroni, poi con quella Alemanno (quella della indizione dei campionati e quella incarica durante la competizione). Malagò, che è stato campione italiano di calcio a 5, poi dirigente massimo del Circolo canottieri Aniene, proprio da dirigente imprenditore del nuoto e degli sport acquatici, ha avuto i picchi di visibilità, ma anche le ombre della sua gestione, che in seguito e fino ad ora lo hanno portato proprio in rotta di collisione con la Federazione italiana nuoto, presieduta da tantissimo tempo da Paolo Barelli, uomo della destra dinamica, in passato maestro di Fini nell’immersionismosubacqueo.

Ma, per la Carta Olimpica, è necessario che il Comune ospitante la manifestazione si assuma precisi oneri debitori, garantendo la solvibilità pro quota delle spese necessarie perché l’evento si svolga, spese che sono, almeno da Roma 1960, sempre lievitate per tutte le edizioni dei Giochi Olimpici estivi, e negli ultimi anni anche per quelli invernali.

Questo è lo scoglio insormontabile che Roma ha davanti verso l’organizzazione dell’Olimpiade, anche se nel progetto si parla di una Olimpiade diffusa, che prevederebbe anche eventi a Napoli, nelle Isole, a Milano, in Veneto, a Torino, in Emilia, anche seguendo le vocazioni sportive e valorizzando l’impiantistica e le condizioni naturali già presenti in alcuni di questi posti.

Veniamo ad alcuni costi delle più recenti edizioni, a parte Londra, perché i costi precisi ancora non sono noti.

Il record, pare, delle spese sostenute appartenga proprio alle ultime Olimpiadi invernali di Sochi, in Russia, sul Mar Nero, con 51 miliardi di euro, superando il precedente record di Pechino, Olimpiadi estive 2008, costate 40 miliardi di euro, più della somma preventivata dal governo locale e centrale cinese, che era intorno ai 30 miliardi di euro. Vi è però da dire che queste due edizioni delle Olimpiadi, gestite tutte con spesa pubblica quelle cinesi, viste le caratteristiche sociopolitiche della Repubblica Popolare Cinese, e con prevalenza di spesa pubblica, quelle russe, hanno visto una somma molto alta investita non tanto per gli impianti sportivi, e l’ospitalità degli atleti, ma per le infrastrutture cittadine, che, per es., a Pechino ( e forse in parte questa cosa sarà la migliore eredità pure di Rio 2016) ha visto fare un salto di qualità al trasporto pubblico locale e metropolitano, anche come risposta all’asfissiante inquinamento della capitale cinese.

Nel caso russo, le Olimpiadi di Sochi, con Putin ritornato al vertice della Russia, tradendo la promessa, precedentemente scritta nella Costituzione russa, del limite di due mandati presidenziali, anche in chiave di difesa dall’accerchiamento del più grande Stato del mondo da parte della Nato e della omologa Aseato, nel Pacifico, si sono tenute Olimpiadi invernali in una città sul mare, che gode di un clima pressoché unico nel panorama russo dato dalla bassa latitudine, dall'azione mitigante delle acque del Mar Nero e dalla presenza, immediatamente a nord della città, di una catena montuosa, contrafforti del Caucaso che la ripara dalle correnti settentrionali e rende gli inverni miti e piovosi, con temperature che non pregiudicano la crescita di piante come il tè e l'uva. A causa delle frequenti infiltrazioni di aria fresca settentrionale, inoltre, le estati non manifestano quei caratteri siccitosi tipici delle estati mediterranee.La temperatura media è di 14 °C.

Per di più, le Olimpiadi di Sochi hanno rappresentato, per la rinnovata Presidenza Putin, salutata anche da proteste sulla sua legittimità, un’occasione di consolidamento e di saldatura tra strutture statuali e poteri degli oligarchi privati, coinvolti sia negli investimenti fatti per far diventare Sochi, da località turistica dell’ex URSS, a meta di un più vasto turismo euroasiatico, sia nella gestione e nel rilancio di alcune federazioni sportive, come quella del bob, con risultati in seguito contraddette dalle vicissitudini fiscali di alcuni di questi oligarchi, ma vincenti a Sochi.

Un modello di rafforzamento del potere, di consolidamento della presenza nel Caucaso, attaccata da jiahdisti e movimenti separatisti, di nuova proposizione della Federazione Russa al mondo, che ha lasciato un forte debito allo Stato russo, oltre al fatto che è all’origine della contesa sportiva e politica sulla legittimità di alcune vittorie russe, olimpiche e paralimpiche, avvenute proprio in quella edizione, e che ha portato, di riflesso, due anni dopo all’esclusione dell’atletica russa dalle Olimpiadi di Rio e dell’intera delegazione russa dalle Paralimpiadi in corso di svolgimento.

E’ vero, come dimostrano Pechino 2008, Londra 2012,Sochi 2014, e la stessa edizione olimpica di questa estate brasiliana, pure nella grande confusione della vita politica e sociale brasiliana allo stato, che le Olimpiadi, dal versante sportivo, “ispirano una generazione”, secondo il motto rilanciato da Seb Coe a Londra 2012, e fanno fare un salto in avanti nei risultati di vertice al Paese ospitante, che dura oltre l’edizione ospitata, come a Rio ha dimostrato il risultato britannico ( ma fu così anche per l’Italia dopo Roma “60). Dal versante sportivo, le Olimpiadi possono rappresentare l’esplosione davanti al Mondo od il consolidamento organizzato di una pratica sportiva di massa con punte di vertice, in alcuni o tutti gli sport: di qui il sostegno che tante e tanti atleti italiani stanno dando al sostegno alla candidatura olimpica di Roma, anche rivolgendosi direttamente alla Sindaca di Roma, perché rimuova l’ostacolo comunale alla candidatura; da ultimi il grande Checcoli, duplice oro elegante del concorso completo di equitazione a Tokyo 1964, e poiProgettista di Architettura e Urbanistica in Italia ed in altri paesi, particolarmente nelle opere pubbliche quali scuole, servizi sociali ed impianti sportivi, ed il fresco laureato campione olimpico nella gara di nuoto più lunga in vasca, i 1500 m. maschili, Gregorio Paltrinieri, con lettere molto toccanti.

Ma, per un sistema Paese, quali i vantaggi dell’organizzazione di una Olimpiade? Il dibattito sul punto è aperto, e lo seguiremo con successivi interventi. Su due punti tutti gli esperti e gli studi convergono: l’indizione dell’Olimpiade aiuta il Paese che se ne fa promotore, negli anni prima, nel settore del turismo ed anche delle esportazioni, a far valere il suo “brand”. Ma per Noi cosa vuol dire rilancio delle esportazioni, se le imprese che operano nel nostro mercato sono quasi tutte di proprietà straniera, anche l’ENI, è mezza statale e mezza transnazionale ed anche nello sport addirittura da poco anche le principali squadre di calcio milanesi?

E poi, è il rilancio della domanda estera che può fare uscire dalla crisi la maggioranza del popolo italiano, nelle condizioni della competizione globale intercapitalistica o non invece un rilancio della domanda interna, basata su un rilancio della giustizia sociale, dei redditi da lavoro, che recuperino il decalage con quelli finanziari e su una grande, costosa(non compatibile coi vincoli U.E.), opera di manutenzione ambientale, geologica e naturalistica del nostro Paese, cui le vicende del sisma recente, ma anche gli effetti di semplici oggi scroscianti sempre più spesso ci richiamano? Abbiamo bisogno dell’ennesima grande occasione che, sub specie del volontariato, sfrutta il lavoro giovanile, e sospende alcune libertà democratiche, come a Milano con l’EXPO 2015, per poi lasciare alle spalle debiti, impianti inutilizzati, e terreni sempre appetibili alla speculazione edilizia, che sembra l’unico settore del capitalismo italico sempre attivo?

L’altra che le Olimpiadi sono occasione di guadagni ghiotti per le lobby fameliche dei costruttori e altre cricche in genere poco o nulla attente al bene comune e invece attentissime ai benefici che ne possono ricavare. Meglio di un terremoto, per intenderci. Anche qui c’è da fregarsi le mani e da fare parecchi quattrini. Essa in genere comportano pesanti perdite per la società e gli organismi pubblici, impegnati nell’organizzazione dei Giochi.

Non è casuale (fonte: La Gazzetta dello Sport, 11/9/2016) che, quando l’allora Sindaco di Roma, Ignazio Marino, giusto un anno fa, presentò l’idea di un poco invasivo villaggio olimpico per il 2024, pensato dall’assessore all’urbanistica Giovanni Caudo, oltre Tevere, tra le due strade consolari romane, la Salaria e la Flaminia, che avrebbe lasciato in eredità alla città un parco fluviale e gli edifici ove trasferire, quasi a costo zero, l’intero Tribunale di Roma, oggi frammentato ed ospitato in sedi inadeguate, tale progetto non fu raccolto da Malagò e da Montezemolo, “nominato” presidente del comitato organizzatore dai soliti noti imprenditori, che lo vedono come una porta girevole tra business puro e business sportivo. Ed ovviamente Renzi non ne fece cenno nel presentare la precandidatura, eppure Marino aveva impegnato il Comune di Roma, in quella fase preliminare.

Ed invece si è andati avanti con l’idea costosa e speculativa, già in fase progettuale, del Villaggio olimpico a Tor Vergata, lo stesso posto dove fu progettata e costruita solo in parte la Vela di Santiago Calatrava, l’archistar autore di molti degli impianti olimpici contemporanei, che non fu completata per i Mondiali di nuoto del 2009, e resta lì a perenne memoria di una pessima organizzazione, legata ad appetiti speculativi ed a sperperi di denaro, come quelli della Protezione Civile impegnata inopinatamente nella preparazione di quell’evento sportivo.

Non è un caso che al dossier Roma 2024 sia interessato Caltagirone, i cui giornali, a Roma come a Napoli, elevano un peana al giorno per Renzi e contro i Sindaci eletti con tanti voti di queste due città, che a Roma mettono bastoni fra le ruote alla gestione dell’acqua, con ACEA, di cui Caltagirone è socio di minoranza, ed a Napoli stanno facendo ostacolo a che la proprietà dei suoli Cementir, ancora una volta di Caltagirone, abbia premi inopinati nella riqualificazione del quartiere inquinato di Bagnoli, come previsto dalla prima versione del Decreto Renzi per il commissariamento di Bagnoli.

Infine, le Olimpiadi, ci ha detto in agosto un recente articolo di Tim Hartford sul Financial Times, giornale serio che però non è proprio un organo di esaltati altermondialisti, provocano quasi sempre spese infinite e dissesto finanziario.

L’articolo, che “stranamente” non ha trovato spazio sulla nostra stampa mainstreaming libera e obiettiva, afferma che “ospitare le Olimpiadi è come costruire una chiesa per un unico, magnifico matrimonio. Le costose strutture saranno usate al massimo della loro capacità solo per un breve periodo. Poi resteranno sottoutilizzate o, nel migliore dei casi, saranno riconvertite in modo intelligente, ma con altre spese”. E ancora “in base a una stima ragionevole, ospitare le Olimpiadi oggi costa almeno dieci miliardi di dollari. Tenuto conto di questa cifra, è praticamente certo che un’Olimpiade comporti delle perdite. Una città, infatti, può aspettarsi entrate per quattro miliardi di dollari: uno dalla vendita dei biglietti, uno dagli sponsor e uno dalla tv”. Falsificazione dei dati e reclutamento a peso d’oro di “esperti al di sopra delle parti” disposti a magnificare gli effetti dell’impresa costituiscono per questi motivi, prosegue Hartford, prassi comunemente utilizzate dagli sponsor e dagli amministratori pubblici loro asserviti. E gli esempi non mancano.Il triste esempio della Grecia, che ospitò a caro prezzo la manifestazione sportiva prima di sprofondare nelle sabbie mobili del debito ed essere commissariata dai creditori, costituisce del resto un monito preciso e ineludibile. Roma ha bisogno di ben altri investimenti che facciano i conti con i problemi irrisolti della nostra metropoli, dai trasporti ai rifiuti, dalla casa alla cultura.

Ed allora, in attesa che il CIO riveda più in profondità il gigantismo olimpico, dato su cui ha cominciato ad operare con la rotazione di alcune discipline sportive, che peraltro si affermano in proporzione diretta all’emergere sul palcoscenico della storia sportiva di popoli sempre meno negletti, e sempre più protagonisti, persino coi disabili in Paesi ove ancora si patisce la fame, oggi bisogna rifiutare la candidatura, che puzza di speculazione, porterà debiti e promuoverebbe, sul piano sociale, il modello socialmente regressivo in cui il nostro Paese è bloccato ed impoverito da decenni, a beneficio di pochissimi

 

Virginia Raggi è stata eletta dai cittadini romani proprio per dire questo NO.

Però, a fine luglio, la Raggi ha sbagliato a non accogliere la proposta di Stefano Fassina, Consigliere di opposizione non preconcetta nell’Assemblea Capitolina, di un referendum cittadino in materia. La motivazione addotta dal gruppo consiliare Cinque Stelle per giustificare la propria astensione in materia pare sia stata che già c’è una proposta sulla quale i Radicali stanno raccogliendo le firme. E però poi quella raccolta di firme, non supportata dalla messa a disposizione di autenticatori comunali anche in orari diversi da quelli di ufficio, abortirà, poiché non ha i mezzi economici per l’autenticazione delle firme.

Ecco un punto vero su cui i Cinque Stelle stavolta si sottraggono ad un vero e proprio pronunciamento popolare, che definitivamente avrebbe detto sì o no al Coni, al Governo degli affari di Renzi ed al CIO, DA PARTE DEL POPOLO ROMANO:questa è una critica che mi sento di fare loro.

Nel 1960 l’Italietta, con le Olimpiadi romane, i cui costi a Roma ancora si pagheranno per qualche anno, come ha ricordato proprio Virginia Raggi alla Festa del Fatto, celebrò la definitiva uscita in avanti, con il neocapitalismo su cui si spaccò la letteratura, tra Calvino, Volponi e Pasolini, ed il PCI, tra Amendola ed Ingrao, con un Togliatti sempre meno dentro questa storia, per ragioni anagrafiche, dal dopoguerra e dal familismo postfascista. Uscì in avanti finalmente con bei successi sportivi, come quelli di Berruti e Benvenuti, che segnavano il passo in avanti rispetto al dubbio cattolico sulla valorizzazione del corpo a scuola.

Ma usciva in avanti soprattutto grazie ad un evento: la maratona, vinta dal soldato dell’Imperatore d’Etiopia Abebe Bikila, che arrivava al traguardo davanti al marocchino Radi, passando,nel suo percorso, davanti alla FAO, che durante il fascismo era l’edificio che ospitava il Ministero delle colonie e concludeva sotto l’arco di Costantino, solo 24 anni dopo che da Roma era partita l’infame aggressione colonialista al suo Paese: quel giorno, la vittoria di Bikila a piedi scalzi, nella stessa Olimpiade in cui iniziava l’epopea di Cassius Clay, spazzava via ogni superficiale senso di superiorità italica verso l’Africa e da quel momento, e fino ad oggi, la maratona, dopo la vittoria di Bikila, è cambiata ed è diventata sempre più africana in quasi tutte le successive edizioni olimpiche, con qualche eccezione, del tedesco est Cierpinski, ed italiana, Bordin, nel 1988, Baldini nel 2004.

Ecco: inspire a generation avverrà quando l’Italia del terzo millennio sarà più giusta, socialmente avanzata, non più razzista ed allora una rinnovata Olimpia la potrà toccare, per decisione delle sue masse popolari, sempre più sportive, non per imposizione affaristica di pochi.

 

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1 Commento


  • Roberto

    Le cementiadi sono solamente uno spettacolo costosissimo, e sinceramente non ne vedo l'utilità. 

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