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Con le donne e gli uomini di Almaviva, in lotta contro tre tradimenti

A Roma manifestano le tante, tante donne e gli uomini licenziati in tronco da Almaviva. Sono oltre 1600, ma altri ancora ne verranno se non verrà fermata la macchina mostruosa che sta devastando la vita e il futuro di migliaia di persone e delle loro famiglie. Tutte e tutti costoro sono vittime di tre tradimenti.

Il primo è quello dell'azienda. Almaviva dichiara 45000 dipendenti, solo 12000 dei quali sono in Italia. L'azienda è cresciuta in poco più di dieci anni, con il suo padre padrone Tripi che ha saputo raccogliere le dismissioni Telecom e, grazie a legami politici ed imprenditoriali in tutti i palazzi, costruire un monopolio dei call center delle grandi aziende e di tante amministrazioni pubbliche. Ai lavoratori Almaviva veniva presentata come il futuro tecnologico già realizzato, la porta d'accesso nel magico mondo dell'Information Technology, con il solito coro di intellettuali e politici venduti che ne tessevano le lodi. In realtà il lavoro ai call center è sempre stato duro, snervante, faticoso e sottopagato. Quando la realtà brutale di quel mondo emerse in un libro di Michela Murgia e poi in un film di Paolo Virzì, Tripi protestò in una intervista affermando che nella sua azienda non era così. Il film si concludeva con il brutale licenzia della protagonista, interpretata da Sabrina Ferilli e ora Tripi, come da copione, tradisce ogni promessa e licenzia migliaia di persone. E impone a tutte la altre di tagliarsi salari che spesso non superano i 600 euro al mese e di accettare un regime poliziesco di controllo sulle ore e ore passate al telefono. Altrimenti spostiamo tutto in Albania o altrove, ha minacciato il super tecnologico imprenditore del 2000, capace di far soldi solo con il ritorno all'800. 

Il secondo tradimento è quello del governo, che ha coperto con supercazzole e arroganza la sua assoluta ignavia e non ha fatto nulla per impedire i licenziamenti. 

Almaviva opera con imprese e servizi pubblici o controllate dal pubblico, si poteva minacciarla di rompere le commesse, oppure all'opposto garantirgliene di migliori. Un governo che trova dalla sera alla mattina 20 miliardi per le banche, con un piccolo sforzo dovrebbe arrivare a evitare i licenziamenti di migliaia di persone. E invece no, la viceministro Bellanova, esaltata nel suo partito come infaticabile sostenitrice del lavoro, ha solo messo il suo timbretto sugli ordini di servizio aziendali. Così alla fine Almaviva, con imprimatur ministeriale, ha potuto formulare il suo ricatto: se firmate una cambiale in bianco per ridurvi salari e diritti, io rinvio di qualche mese la decisione sui licenziamenti. Rinvio, si badi bene, non annullamento. Cioè Almaviva si riserva di dire alla fine di marzo 2017 : peccato, non vi siete massacrati abbastanza, ora faccio io. 

I rappresentanti sindacali di Napoli hanno chinato la testa di fronte a questa infamia, quelli di Roma no e , subito dopo il Natale, Almaviva ha spiccato 1666 lettere di licenziamento. Lettere partite con il pubblico appoggio del ministro dello sviluppo economico (si fa per dire) Calenda, noto perché è il solo rimasto in Europa a sostenere il TTIP. D'altra parte il ministro Poletti, l'uomo dei voucher, non afferma forse che è solo l'impresa che crea lavoro? Se lo crea, lo può anche distruggere immagino pensi il ministro, che degnamente fa parte di un governo che con ogni suo atto tradisce il lavoro ed i suoi diritti. 

Il terzo tradimento, il più triste e penoso, è quello dei vertici di CGILCISLUIL. Camusso, Furlan e Barbagallo hanno partecipato alla trattativa con una combattività inferiore a quella di Fantozzi di fronte al capufficio. E di fronte al ricatto aziendale han solo saputo dire alle lavoratrici e ai lavoratori, prima di fuggire: accettatelo. 

Così migliaia di donne e uomini di Almaviva sono finiti in mezzo ad una strada. E ora quella strada in cui li hanno cacciati la ferocia dell'azienda, la complicità del governo, la viltà dei leader sindacali, ora quella strada la percorrono con le loro manifestazioni. Sostenute dal sindacalismo di base e dai giovani precari dei ClashCityWorkers.

Le lavoratrici e i lavoratori licenziati da Almaviva non si arrendono, vogliono lavoro e diritti e per questo intendono diventare la persecuzione sociale, politica e anche morale di chi li ha traditi. Fanno bene e noi dobbiamo sostenerli e fare tutto il possibile per amplificare, e fare diventare insostenibile per il palazzo, la loro denuncia.

 

* Foto di Patrizia Cortellessa

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