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Il Decreto di Ferragosto del Ministro Minniti

Nei giorni scorsi è stato prodotto un Decreto Ministeriale che puntualizza ed affina alcune modalità di intervento e di applicazione della Legge Minniti. Pubblichiamo una nota informativa, redatta dal compagno Rosario Marra di Napoli, utile sia ad una comprensione più particolareggiata dell’attuale normativa repressiva, sia alle prossime iniziative di mobilitazione e di lotta che andranno costruite su questo importante versante del conflitto sociale e politico.

Sono passati vari mesi dall’entrata in vigore della Legge Minniti e, quindi, è ovvio che a questo punto ci si concentri soprattutto sui passaggi attuativi della stretta securitaria, del resto, l’attivismo del Ministro non consente distrazioni di tipo estivo e i recenti fatti di Piazza Indipendenza a Roma stanno lì a dimostrarlo.

Pertanto si segnala, per chi non avesse avuto l’opportunità di conoscerlo, il Decreto Ministeriale dello scorso 15 agosto e la direttiva ad esso allegata sui “comparti di specialità delle forze di polizia e sulla razionalizzazione dei presidi di polizia”.

Innanzitutto un’annotazione sullo strumento normativo scelto, quello del decreto, ossia non ci troviamo di fronte alla solita circolare ed è chiaro che ciò serve a dare maggior forza alla direttiva ad esso allegata che qui analizzeremo soltanto nelle parti di maggior interesse per chi è impegnato nei quotidiani conflitti metropolitani.

Infatti la direttiva si caratterizza perché al suo interno, pur in un felpato linguaggio burocratese, si fa una chiara scelta di priorità verso le aree metropolitane che “vanno considerate come del tutto peculiari”… insieme ai “Comuni che ne compongono l’hinterland anche per effetto delle dinamiche di conurbazione. Tali ambiti urbani dovranno formare oggetto di una valutazione specifica che tenga conto anche della necessità di assicurare una presenza delle forze di polizia su territori assai “dilatati” e fortemente differenziati dal punto di vista delle caratteristiche urbanistiche e socio-economiche fattori questi che sono suscettibili di incidere sulle condizioni della sicurezza pubblica”.

L’indicazione, quindi, è quella di un’analisi del territorio molto dettagliata perché, per fare l’esempio dell’area napoletana, cui appartiene chi scrive, un conto è Nola (Comune di una zona interna) altro è Sorrento (Comune turistico della zona costiera) oppure un conto sono le isole pedonali del centro storico di Napoli, altro le periferie di Ponticelli o Scampia.

Si tratta, quindi, di una politica flessibile che vuole modellarsi sui diversi contesti socio-economici all’interno di quella filosofia che Minniti ha definito il “passaggio dal controllo del territorio al territorio sotto controllo” e ciò, sotto il profilo dell’iniziativa politica, può generare difficoltà nella costruzione di una risposta generale anche all’interno di una medesima area metropolitana.

Strettamente legata alla centralità metropolitana è il previsto ulteriore inglobamento delle polizie locali nelle logiche securitarie, sia perchè si prevede un apposito accordo-quadro con l’ANCI, sia perchè si opta per una forma di “ministerializzazione” delle stesse, in quanto nei “piani coordinati di controllo del territorio” si prevede “il contributo delle Polizie Locali secondo linee-guida definite, con appositi atti d’indirizzo tecnico, dal Capo della Polizia”.

E’ evidente che gli atti d’indirizzo “tecnico” avranno anche un forte valore politico che influirà sull’autonomia dei Corpi di Polizia Municipale che si avviano verso una sorta di co-dipendenza, gerarchico-formale, dal Sindaco e sostanzial-funzionale, direttamente, dal Ministero dell’Interno.

Insomma, ancora una volta, si stabilisce l’equazione che la centralità del conflitto è connaturata alla centralità della repressione!

In altri termini, nella direttiva si prosegue in quella particolare attenzione verso le aree metropolitane già contenuta nel Decreto-base e la sua legge di conversione.

Infatti, sappiamo che una delle “innovazioni” del D/L n. 14/2017 è stata l’istituzione del Comitato Metropolitano co-presieduto da Prefetto e Sindaco Metropolitano (a differenza del Comitato Provinciale per l’Ordine e la Sicurezza pubblica presieduto dal solo Prefetto), che non ha compiti operativi o politico-amministrativi, ma ha una valenza tutta politico-istituzionale mirante a coinvolgere in una cogestione subalterna delle politiche repressive i Sindaci Metropolitani, cui si aggregheranno i Sindaci di quei Comuni della Città Metropolitana specificamente interessati alle tematiche da discutere.

In realtà, come recita la norma, il Comitato metropolitano avrà compiti di analisi, valutazione e confronto sui temi della sicurezza urbana.

E’ veramente paradossale che ci si ricordi delle Città Metropolitane in chiave repressiva quando la maggior parte di questi Enti per il bilancio di previsione 2017 hanno avuto tali difficoltà finanziarie che s’è dovuto procedere con una specifica deroga normativa sulla scadenza di chiusura dei documenti contabili.

C’è da dire, a parziale “scusante” del nostro, che è vero quando afferma che le tematiche della sicurezza urbana sono di “sinistra”, infatti, per restare al tema qui trattato, l’inglobamento securitario delle polizie locali ebbe una svolta proprio col Governo Prodi quando nel marzo 2007 venne firmato il “Patto per la Sicurezza” tra Ministero dell’Interno e ANCI (un accordo ancora in vigore).

Naturalmente bisognerebbe chiedere al Ministro di “quale” sinistra parla, ma questa è tutta un’altra storia e non rientra nelle specifiche finalità di questa nota.

Facciamo questo richiamo “storico-politico” al governo Prodi e al Ministro dell’Interno di quel periodo per affermare che sia riduttivo pensare che Minniti e il PD si siano avviati su questa strada soltanto o prevalentemente per rincorrere la destra perché essi stessi, in buona misura, hanno lo stesso humus culturale e politico.

Insomma è come il “Pacchetto Treu”, anch’esso fatto da un Ministro di centro-sinistra che aprì la strada alla precarizzazione del mondo del lavoro e ai successivi interventi del governo Berlusconi.

A questo punto, i prossimi mesi e l’evoluzione della situazione sia internazionale che interna ci diranno fino a che punto l’attuale blocco di potere potrà spingersi sulla strada della militarizzazione del territorio, quali contraddizioni si potranno aprire al proprio interno (si pensi agli interessi economici dietro la politica della città-vetrina che, oggettivamente, ne esce danneggiata) o quali livelli di aggregazione sociale e politica si potranno mettere in campo, nel frattempo la risposta del corteo romano dopo gli scontri di Piazza Indipendenza sembra un buon segnale da articolare e generalizzare ancora meglio.

Per concludere, è da ritenere che occorra agire non soltanto sul piano della mobilitazione e della controinformazione denunciando ancora di più la strumentalità del clima securitario, ma offrire pure sostegno ad eventuali forme di resistenza politico-istituzionali delle poche Amministrazioni democratiche esistenti (“ribelli”???…), anche per contrastare l’ANCI che si sta dimostrando molto zelante nell’applicare il decreto per le parti di competenza.

Comunque, ne discuteremo ancora con l’imminente ripresa settembrina.

 

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