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Se i trattati non ci permettono di rispondere alla dignità della gente, cambieremo i trattati

Pubblichiamo l’intervento di Caterina Martins, coordinatrice del Bloco de Esquerda, forza politica portoghese che insieme a France Insoumise, Podemos, e successivamente altre forze della sinistra radicale scandinava, ha sottoscritto ad Aprile il patto di Lisbona a cui anche Potere Al Popolo ha aderito.

Questa relazione è stata fatta la scorsa settimana all’università autunnale di Podemos a Madrid, che ha visto invertenti di esponenti della Die Linke e della France Insoumise, ospiti dell’iniziativa.

Questo documento ci permette di apprezzare l’operato del “Bloco” in Portogallo e la prospettiva continentale di questa formazione, dando un prezioso contributo di conoscenza per il dibattito italiano su ciò che si sta muovendo in Europa.

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Grazie per l’invito a stare qui con voi, in questo spazio di discussione, costruzione e speranza. Stiamo vivendo dei giorni molto intensi. Nel nostro paese, in Europa e un po’ in tutto il mondo.

Mi ha emozionato molto entrare qui e vedere il pannello con la scritta “Marielle vive”. Chi è qui non dimentica la storia, rifiuta il fascismo e non esita: uniamo le donne brasiliane che hanno gridato nelle piazze e nelle strade “Ele nao!Ele nao”. Che il 28 Ottobre sia un giorno di speranza in Brasile.

Cari compagni e compagne,

ci siamo riuniti oggi per discutere il corso dell’Europa. Per questo vorrei parlarvi dei vari tipi di Europa che conosciamo. Sicuramente dell’Europa del sud: dove la direzione del governo europeo, dalla crisi del 2007-2008, ha praticato il suo progetto di austerità permanente; e dove riuniamo le nostre forze per rifiutare questo programma. Abbiamo fatto un cammino, ma ancora è quasi tutto da percorrere.

Abbiamo guardato ai vari tipi di Europa: l’Europa delle élites che hanno creato una crisi di cui non hanno mai mostrato la soluzione; l’Europa dell’estrema destra che, per non offrire qualsiasi alternativa economica, trova nell’odio la sua ragione politica. Ma ancora di un’altra Europa a cui non rinunciamo: quella dei popoli, che risponde dal basso, quell’Europa che oggi ci riunisce qui.

C’è che ci vuole imporre un dibattito impossibile sul male minore. Ci chiedono se preferiamo l’Europa della Merkel o l’Europa di Salvini. E’ un dibattito impossibile, anche perché l’Europa della Merkel ha creato quella di Salvini. La solidità di una democrazia dipende dai diritti del suo popolo. I diritti non sono un discorso astratto, sono concreti: lavoro degno, salario o pensione giusta, accesso alla sanità, educazione e casa.

Ogni volta che si fugge di fronte alle risposte concrete, ogni volta che salvare le banche è più importante di salvare le persone, la democrazia è sempre più fragile.

Gli ultimi anni ci hanno insegnato che di fronte a questa fragilità, la risposta dei conservatori, molte volte con la convenienza dei socialisti, è stata di cedere alla xenofobia per continuare a rifiutare i diritti.

Infatti non c’è opposizione tra il programma neoliberale dell’austerità e il programma della destra xenofoba. Non sono uguali ma non sono opposti. In verità l’Europa di Salvini non crea nessuna alternativa al programma economico del governo europeo. E quando mettono mano al programma nemmeno le destre estreme si coordinano: se alcuni gridano all’estremismo nazionalista, altri, come Orban, si appellano all’estremismo liberista in Ungheria. Ma adesso, quando Salvini dice che altri  paesi dovrebbero accogliere i rifugiati che arrivano in Italia, subito dopo vediamo Orban chiudere le frontiere dell’Ungheria e dire che i rifugiati non possono essere redistribuiti tra i paesi europei.

Se sono così simili ma sembrano avere programmi così diversi, è perché in qualche cosa convergono: l’autoritarismo e il conservatorismo, mantenere la disuguaglianza in tutta la società col marchio dell’economia, e lasciare i rifugiati morire in mare, chiudendo le porte dell’Europa a migliaia di persone le cui vite e speranze affondano nel Mediterraneo.

Se all’estrema destra resta solo l’odio, a noi non resta che combatterlo nella maniera più convita. E con scelte che rispondano alle persone.

In Portogallo, la destra è stata allontanata dal governo durante le elezioni del 2015. E’ stata la forza della sinistra che ha permesso un accordo inedito per la creazione di un governo minoritario del Partido Socialista, che è obbligato a negoziare con la sinistra. Abbiamo compiuto la nostra parte, abbiamo risposto alla nostra gente.

Abbiamo risposto alla nostra gente quando nell’accordo abbiamo inserito come condizione l’aumento del salario minimo come ha fatto Podemos in Spagna.

Ed anche per questo vi dico: che bello sapere che vengo da una paese in cui la sinistra, col contributo decisivo del Bloco, ha imposto un aumento del salario minimo e sono atterrata in un posto in cui la sinistra, col contributo decisivo di Podemos, ha imposto un aumento del salario minimo.

Il cammino prosegue. Qui stanno imponendo in un anno l’aumento che facciamo da 4 anni, e il Portogallo ha avuto e continua ad avere uno dei salari più bassi d’Europa. Dobbiamo andare più lontano. Ogni passo che facciamo, in ognuno dei nostri paesi, apre il cammino anche dall’altro lato della frontiera.

Non sarà facile. Ogni misura di avanzamento che otteniamo in Portogallo è stata la mira degli attacchi della destra e della Commissione Europea. Ci hanno detto che avrebbe creato disoccupazione, che era una misura irresponsabile, che avrebbe creato il caos nell’economia. Nulla di più falso. Non solo non creò disoccupazione ma l’aumento del salario e delle pensioni ha fatto crescere l’economia, ha spinto il paese in avanti, ha consolidato i conti della sicurezza sociale e ha reso giustizia a tante persone. E se impariamo dal ricatto europeo, oggi c’è una certezza: se la destra e la Commissione Europea ci dicono di ritirarci, è per questo stesso motivo che dobbiamo avanzare.

Domani, lunedì il governo portoghese consegnerà nell’ Assemblea della Repubblica l’ultimo Bilancio dello Stato della legislatura. Negoziamo molto questo bilancio, non sprechiamo un minuto per andare più avanti. E perché l’abbiamo fatto abbiamo oggi cinque garanzie: sappiamo che le bollette della luce possono abbassarsi per la prima volta in Portogallo, che le tasse universitarie diminuiranno di 200 euro nel prossimo anno, sappiamo che l’IVA degli spettacoli culturali si riabbasserà al minimo fiscale, sappiamo che si inizia a fare giustizia le lunghe carriere contributive durante questa legislatura e che tutti i riformati hanno, alla fine di questi tre anni, nel minimo.

Ognuna di queste garanzie ha il marchio del Bloco da Esquerda e di tutte le persone che non si arrendono e lottano tutti i giorni. Sono piccoli passi, dobbiamo ancora fare molto, ma per ora è buono quello che abbiamo fatto.

Esigenza massima e negoziazione permanente. Ci hanno detto molte volte, durante questa legislatura, che stavamo tirando la corda. Stavamo e qui siamo, per tirare la corda che tiene il recupero dei redditi in Portogallo e che risponde alle esigenze della nostra gente.

Perché la nostra gente è questa: sono i lavoratori che hanno visto il salario minimo aumentare e che devono vedere il loro vincolo con lo Stato, sono i giovani per cui studiare all’università deve essere un diritto e che pagheranno meno le tasse nel prossimo anno, sono le persone che hanno cominciato a lavorare da bambini e necessitano di giustizia per la loro pensione, sono gli anziani che hanno lavorato tutta la vita e che hanno visto oggi la loro pensione aumentare (e di come abbiamo bisogno di andare più avanti perché ancora in Portogallo le pensioni sono molto basse), sono le famiglie per cui l’energia è un bene essenziale e possono vedere adesso la bolletta della luce ridotta.

Questa è la nostra gente e quasi tutto è da fare.

Il cammino che abbiamo fatto è troppo timido per rispondere alle enormi ingiustizie che persistono e la vulnerabilità a una nuova crisi finanziaria è enorme. Ma il Partito Socialista in Portogallo, come nel resto d’Europa, si tiene allineato con l’ortodossia neoliberale europea e ripete, a ogni cambiamento strutturale: l’Europa non lo permette, i trattati europei non lo permettono.

E’ esattamente qui che dobbiamo rispondere. E per il Bloco è molto importante che rispondiamo insieme: se i trattati non ci permettono di rispondere alla dignità della gente, cambieremo i trattati.

Siamo arrivati a discutere molto tra di noi e mi sembra che ci sono quattro idee fondamentali per questo periodo.

La prima è la ricostruzione dei diritti del lavoro e dello Stato Sociale. Le condizioni della democrazia. Ricostruire non è tornare al passato. E’ assicurare lavoro e salario degni, la salute e l’educazione pubblica, la casa come una parte dello Stato Sociale. Farlo non riproducendo il passato, ma imparando. Un’organizzazione del lavoro e uno Stato Sociale per il nostro secolo. Sapendo che con la tecnologia ogni persona può lavorare meno ore e meno anni e cin questo modo promuovere il pieno impiego, che un salario e una pensione migliori è la prima linea della lotta alle disuguaglianze, che la scuola o la salute devono promuovere l’uguaglianza di genere, rispettare la diversità funzionale e combattere tutte le discriminazioni.

La seconda idea che forse è la prima, è lanciare una strategia economica che ponga al centro le necessità dell’ambiente. “De-carbonizzare” l’economia e pensare al territorio. Non possiamo chiudere gli occhi davanti alle alterazioni climatiche. E non basta dire che siamo preoccupati abbiamo la necessità di costruire la forza per cambiare.

La terza idea, che è la condizione per realizzare le due precedenti, è che possiamo spingere per la democrazia solo combattendo la finanziarizzazione dell’economia, la concentrazione della ricchezza, il crimine economico, l’evasione fiscale. Abbiamo bisogno di assicurare il controllo pubblico dei settori strategici dell’economia, perché se non facciamo nulla, non importa per quale partito votiamo. Le decisioni saranno prese dal potere economico che comanda nell’energia e nell’acqua, nei trasporti, nelle infrastrutture, in ognuno dei nostri Paesi. E se le decisioni continueranno a essere prese dal potere finanziario che domina l’economia, non sarà possibile finanziare né uno Stato Sociale del Ventinesimo secolo né rispondere alle alterazioni climatiche. Portare la democrazia per davvero e riscattare il potere dei popoli sui suoi beni comuni.

Infine, la quarta idea che è un compromesso fondamentale: che non faremo nessun cammino voltando le spalle ai popoli con autoritarismo. Siamo fatti di solidarietà e democrazia.

Crediamo nell’autodeterminazione, nel dialogo e nel multilateralismo. Non abdichiamo alla pace per il commercio di armi. E sappiamo che nel mondo nessuno è straniero.

Sentiremo dire molte volte che questo è un cammino impossibile. E’ impossibile solo se desisteremo nel farlo. Sarà sì difficile, ma siamo vicini a riunire le forze per farlo.

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