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Acqua: nonostante ‘l’effetto Monti’ il popolo blu non molla

Ieri pomeriggio il popolo blu, quello dell’acqua pubblica, è tornato a scendere in piazza. Un corteo che è partito alle 15 da piazza della Repubblica per concludersi in Piazza Bocca della Verità, esattamente nel luogo che ospitò i festeggiamenti dopo la vittoria dei quesiti che chiedevano la fine del processo di svendita ai privati dell’acqua e dei servizi pubblici locali e l’inizio di un processo di ripubblicizzazione. Il Forum Nazionale dei Movimenti per l’Acqua ha chiamato a raccolta i comitati locali e tutte quelle forze sociali, politiche, sindacali e associative che sono state protagoniste di una battaglia iniziata quasi in sordina e che ha poi visto una crescita esponenziale di partecipazione culminata proprio con la vittoria di Giugno. Molte presenze – i comitati locali, le associazioni ambientaliste, i sindacati di base e qualche coordinamento romano di centri sociali – ma anche qualche assenza importante, soprattutto nei ranghi del centrosinistra sulla cui base forse sta pesando l’effetto Monti, con una opinione pubblica  che dopo decenni di antiberlusconismo fa ancora fatica a leggere la natura di classe del governo capitanato dall’uomo della Goldman Sachs.
Alla fine in piazza sono scesi 15-20 mila persone. Quella di ieri è stata indubbiamente la manifestazione meno partecipata da quando il movimento per l’acqua ha lanciato la sua sfida ai poteri forti e agli appetiti delle multinazionali. Ma non la meno importante se, vinti i referendum,  oggi il problema è difendere e imporre la volontà popolare ed estendere la mobilitazione anche agli altri servizi pubblici locali – in primis i trasporti – che oggi proprio il governo ‘tecnico’ vorrebbe smantellare e regalare ai privati. La partita oggi si gioca a livello nazionale ma anche e soprattutto a livello locale.
Mentre il serpentone colorato si avvicinava alla meta abbiamo rivolto alcune domande a due portavoce del movimento per l’acqua: Marco Bersani (Attac) e Fulvio Vescia (Unione Sindacale di Base)

 

Qual è il vostro giudizio su come sta andando la manifestazione. I numeri non sono enormi, che cosa ha pesato secondo voi?

Marco Bersani: In realtà siamo soddisfatti dei numeri perché il combinato disposto del 15 ottobre e del governo Monti non favorivano il poter fare una manifestazione. Invece riuscire a scendere in piazza in una maniera tranquilla e colorata con sostanzialmente tutto il popolo dell’acqua che è tornato in pista per dire che indietro non si torna ci sembra un buon risultato.

Fulvio Vescia: Avevamo molti dubbi sulla riuscita della manifestazione qualche settimana fa perché in una fase politica come questa è difficile poter fare previsioni dopo il 15 ottobre e in piena era Monti, con molta gente che non ha ancora capito dove vuole arrivare il nuovo premier. Che però già ha fissato dei paletti ben precisi, tra i quali la privatizzazione e la liberalizzazione dei servizi pubblici e dei beni comuni. Quei servizi e beni comuni che il 12 e 13 giugno 27 milioni di persone hanno dichiarato indisponibili alla messa a mercato e che quindi non devono essere privatizzati e che in conseguenza di quel referendum in caso siano stati in questi anni consegnati ai privati devono essere riportati sotto il controllo pubblico. Oggi non ci sono masse oceaniche in piazza ma è una manifestazione più che dignitosa, partecipata non tanto da soggetti politici e sindacali in quanto tali ma dalla gente che chiede il rispetto del proprio voto di giugno, di recuperare il senso di una democrazia sostanziale che in questo paese si è persa da anni.

 

In questi mesi a livello territoriale si sono sviluppati numerosi conflitti con molte amministrazioni comunali e locali in generale che nonostante i chiari risultati referendari attuano o con ritardo quanto disposto nei quesiti o addirittura accelerano i processi di privatizzazione…

Marco Bersani: In questi anni sulle privatizzazioni si sono costruiti veri potentati locali trasversali alle forze politiche, e quindi nonostante la base elettorale di alcuni partiti come ad esempio il PD stia con i referendari e abbia lavorato sui referendum occorre aprire una battaglia vera in quei partiti perché vanno sconfitti questi potentati e va immaginato un futuro diverso in cui si esca dalla crisi a partire dai beni comuni.

Fulvio Vescia: A livello locale c’è una situazione molto schizofrenica, è vero quello che tu dici però ci sono anche segnali positivi. Ad esempio ci troviamo di fronte al fatto che il Tar della Lombardia  ha di fatto abolito la legge che l’amministrazione regionale guidata da Formigoni aveva varato per privatizzare l’acqua, a Napoli l’amministrazione comunale ha ripubblicizzato l’acqua. Però in effetti in molti comuni siamo di fronte a un processo inverso, come nel caso dell’acquedotto pugliese nella regione di Nichi Vendola, o a Torino dove purtroppo realtà politiche di centrosinistra che avevano sbandierato il loro Si ai referendum oggi invece, dove governano, si comportano in maniera diversa. Questo non ci meraviglia, anzi conferma l’importanza di costruire un movimento per i beni comuni indipendente dal quadro politico. In questo quadro in cui la politica trasversalmente è spesso sottomessa agli interessi privati si conferma l’importanza del movimento per l’acqua pubblica e per la ripubblicizzazione di tutti i servizi.

 

In questi mesi anche le altre multi utilities sono finite pesantemente sotto attacco prima del governo Berlusconi e ora di quello Monti, con una Unione Europea che ‘suggerisce’ una privatizzazione totale dei servizi pubblici locali. Si può saldare e come la battaglia per l’acqua pubblica con quelle di chi si batte per la difesa dei servizi pubblici?

Marco Bersani: Noi abbiamo sempre detto che quello dell’acqua era un paradigma di tutti i beni comuni e servizi pubblici locali. Credo che la risposta dell’Unione Europea e della Banca Centrale sia abbastanza chiara: questo modello economico è in crisi irreversibile e quindi l’unica possibilità di sopravvivere per loro è garantirsi dei mercati a rendita perenne e periodica, per questo i servizi sono sotto attacco. Noi speriamo che l’esempio della battaglia per l’acqua possa aiutare ad estendere la mobilitazione dall’acqua a tutti gli altri beni comuni perché se si riesce a fare un ragionamento complessivo su cosa vuol dire lo spazio pubblico, su cosa vuol dire l’intervento pubblico in economia, sugli enti locali di prossimità e soprattutto sulla partecipazione dei cittadini allora si trova una modalità di uscita dalla crisi che sia diversa da quella che ci impongono i poteri forti.

Fulvio Vescia: L’USB da tempo lega la battaglia contro la privatizzazione dell’acqua a quelle contro la svendita dei servizi pubblici. Su entrambi dobbiamo chiedere l’applicazione dell’esito referendario che dispone anche che le multi utilities debbano rimanere pubbliche. Per quanto riguarda l’acqua uno dei due quesiti imponeva l’abolizione della remunerazione garantita per il capitale investito, il che suppone che la bolletta dell’acqua venga gonfiata per soddisfare le richieste di profitto da parte dei gestori privati. Oggi parte ufficialmente la campagna di ‘obbedienza civile’ con cui chiederemo a livello locale e nazionale l’abolizione di questo ricarico sulle bollette. Una seconda fase, in cui si confermasse la sordità generale nei confronti delle nostre richieste, sarà quella di un passaggio più radicale che potrebbe essere quello dell’autoriduzione delle bollette.

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