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Libia. L’ostacolo al negoziato sono i ribelli di Bengasi

L’ organizzazione panafricana, ha denunciato oggi che lo stallo al negozoiato è dovuto alle condizioni poste dalle forze ribelli libiche, ovvero le dimissioni di Muammar Gheddafi e la formazione di un nuovo governo che non veda la partecipazione dei membri della famiglia del Colonnello.

Il segretario dell’Unione Africana Jean Ping ha detto che la sua organizzazione è l’unica che può svolgere un ruolo di mediazione per mettere fine al massacro in corso in Libia, ma allo stesso tempo ha ammesso che il piano è attualmente in fase di stallo.

L’intransigenza del CNT di Bengasi (sostenuto dalle potenze della Nato e da alcune petromonarchie del Golfo) rappresenta al momento un ostacolo insormontabile al negoziato. “La richiesta del nostro popolo dal primo giorno è che Gheddafi si deve dimettere”, ha ribadito Mustafa Jabril, portavoce del Consiglio nazionale transitorio libico di Bengasi. “Qualsiasi iniziativa che non risponda a questa domanda chiave non ci interessa. Muammar Gheddafi e i suoi figli se ne devono andare immediatamente”.

L’Unione Africana ha sottolineato più volte che la crisi libica deve essere risolta politicamente e non attraverso l’intervento militare, anche perchè questo non riesce ad apparire risolutivo. “Da parte nostra, non abbiamo mai condiviso la soluzione militare», ha detto il segretario della UA Jean Ping. “Dall’inizio, abbiamo sempre pensato che la soluzione in Libia andasse risolta politicamente e la nostra road map è chiara abbastanza riguardo la soluzione in Libia”. Nei cinque punti del piano di pace africano si prevede un immediato cessate il fuoco, la protezione dei civili, il passaggio degli aiuti umanitari per i cittadini libici e per i lavoratori stranieri che si trovano ancora nel paese. Il testo prevede anche la necessità di un dialogo urgente tra le parti, un “periodo di transizione inclusivo” e riforme politiche che “rispondano alle richieste del popolo libico.

L’Onu intanto ha riaffermato di non avere l’intenzione di chiedere ai militari dell’Unione Europea di proteggere i corridoi umanitari in Libia, temendo che eventuali minacce per il personale umanitario possano derivare proprio dalla presenza di soldati stranieri, ha detto la responsabile delle operazioni umanitarie dell’Onu Valerie Amos.

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