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Il diktat della troika: “abolite i contratti di lavoro”

Il rientro dal debito pubblico va fatto pagare a chi lavora e sta in pensione. Licenziamenti e abbattimento drastico dei salari sono un obiettivo spiegato chiaramente, attraverso tutti i media, non “un segreto inconfessabile”. Poiché questo coomunque non basterebbe, bisogna vendere patrimonio pubblico (immobili, territorio, aziende partecipate) e dare mano libera all’imprenditoria privata.

Suona familiare? E’ la lettera della Bce che era stata inviata anche al governo italiano e che ha motivato l’ultima (ma “ancora insufficiente”) manovra da 54 miliardi.

Il “governo europeo” sta prendendo forma ed è un governo politicamente irresponsabile (non viene eletto, non deve rispondere alle popolazioni), che redistribuisce le quote di ricchezza nazionali in termini che più di classe non si può. Togliere tutto al popolo e regalarlo a chi ne farà ciò che vuole, nella presunzione ideologica che ciò svilupperà “crescita”. Non è vero, naturalmente, specie in una crisi causata da un eccesso di capacità produttiva inutilizzabile. Ma intanto si ridefiniscono i rapporti tra le classi sociali, precipitando il lavoro nella condizione di minorità totale, senza possibilità di difesa contrattuali e senza argini all’abbassamento del salario. Misure da “guerra civile”, che affamano in senso stretto una quantità crescente di popolazione (si può vedere, sul piano teorico, l’analisi di Giorgio Gattei, su questo sito).

Esemplare, in questo senso, la richiesta di abolire il contrato collettivo di lavoro, accompagnata addirittura dal consiglio “procedurale”: “fatelo per decreto, perché una trattativa per un nuovo contratto così infame potrebbe andare per le lunghe e non dare i risultati voluti”.

Un’ultima notazione che riguarda l’Italia, dunque: la linea discriminante passa tra chi considera la “lettera della Bce” un “buon programma”, magari mediabile in qualche passaggio (con un po’ di “lubrificante”, direbbe la Marcegaglia), e chi organizza la mobilitazione generale per rispedirla al mittente. Non ci sono mediazioni possibili o accordi elettorali per aggirare un’alternativa disegnata – dalle istituzioni del capitale sovranazionale – come una lama di rasoio.

 

Le notizie di oggi sulla Grecia.

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Mentre a Lussemburgo ieri i ministri delle Finanze dell’Eurogruppo chiedevano al loro collega greco Evangelos Venizelos l’adozione, entro la fine del 2011, di nuove misure di austerità per portare il deficit statale entro gli obiettivi previsti dagli accordi presi fra la Grecia e i suoi creditori, ad Atene la troika (Fmi, Ue e Bce) faveva pressioni sul governo chiedendo l’abolizione del contratto collettivo del lavoro allo scopo di ridurre ulteriormente i stipendi nel settore privato per evitare di firmare un nuovo contratto che preveda la possibilità di tagliare le paghe.

Infatti, durante l’incontro della troika con il ministro del Lavoro e della Previdenza Sociale, i rappresentanti dei creditori hanno chiesto al ministro di intervenire fra le parti sociali – sindacati e imprenditori – per ottenere l’abolizione del limite minimo degli stipendi e addivenire ad un nuovo accordo per la riduzione dei stipendi come avviene negli accordi aziendali fra lavoratori e imprese.

Qualora ciò non fosse possibile, la troika ha chiesto al ministro di procedere unilateralmente all’approvazione di una legge a riguardo. Dal canto suo, la Confederazione Generale dei Lavoratori della Grecia (Gsee), il grande sindacato che raggruppa tutti i lavoratori del settore privato, ha definito la richiesta «un’estrema dimostrazione di sfrontatezza» da parte della troika.

 

Il Giappone sollecita Eurolandia a sbloccare gli aiuti per il salvataggio della Grecia, unica via «per stabilizzare l’economia globale». Secondo il ministro delle Finanze, Jun Azumi, al fine di «fermare il balzo dello yen sull’euro e stabilizzare l’economia globale, è opportuno fare progressi visibili nell’attuazione del piano a favore della Grecia». L’euro è crollato a 100,88 yen in mattinata, aggiornando i minimi degli ultimi 10 anni e mezzo.

Alcune decine di aderenti all’Adedy, il sindacato greco che raggruppa i dipendenti del settore pubblico, hanno occupato da questa mattina i ministeri dello Sviluppo Agricolo, quello del Commercio e quello delle Finanze in segno di protesta contro la sospensione temporanea del lavoro, misura decisa dal governo di Atene per ridurre di almeno 30.000 unità il numero degli impiegati statali chiesta dalla troika (Fmi, Ue e Bce). Secondo media locali, ci si attende che anche altri dicasteri e uffici pubblici vengano occupati dai manifestanti. Un’agitazione è in corso anche al ministero della Pubblica Istruzione. Un gruppo di studenti è riuscito ad entrare nell’edificio cercando di appendere un grande cartellone. I manifestanti protestano contro la nuova legge sull’Università della quale chiedono il ritiro.

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