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Libia. Ma la «missione» Nato continuerà

Prima di proclamare «la liberazione della Libia», gli insorti del Consiglio nazionale di transizione e i loro sponsor internazionali dovranno aspettare ancora un po’. Qualche giorno di pazienza, poi quando anche Sirte sarà stata «liberata» si potrà procedere a celebrare la vittoria definitiva sulle forze di Gheddafi perché, come ha detto ieri a Tripoli il «presidente» del Cnt Mustafa Abdel Jalil, ammesso (al pari dell’italiano La Russa) alla conferenza stampa del ministro della difesa britannico Liam Fox, anche se qualche sacca di resistenza ancora persisterà – la più forte è sempre a Bani Walid, 130 km a sud della capitale -, con la conquista di Sirte gli insorti avrebbero il controllo di tutti gli accessi marittimi del paese.

Attenzione però. Perché se, come ha detto ieri il «ministro della difesa» del Cnt, Jalal al Digheili, la fine della guerra «è vicina», anche dopo la «liberazione» di Sirte la «missione» Nato non potrà dirsi ancora conclusa. E il sostegno, «nell’ambito della risoluzione Onu per proteggere i civili» – l’ha riconfermato il ministro Fox, che sbava per poter rimettere piede nella vecchia base inglese di Wheelus Bay, alle porte di Tripoli -, «continuerà» finché il regime del deposto Gheddafi «non rappresenterà più una minaccia per il popolo libico» (ossia potenzialmente a tempo indeterminato).
Per Gheddafi e i gheddafiani, come giusto e inevitabile, Fox ha decretato il «game over», ma l’amorevole protezione Nato sulla «nuova Libia» (il suo petrolio e le sue riserve d’acqua, una risorsa che presto diverrà più preziosa del greggio) la partita continua.
Al fianco di Fox, ieri a Tripoli gonfiava il petto anche il vecchio balilla La Russa, fiero di avere rimesso piede, giusto nel centenario del primo attacco coloniale dell’Italia giolittiana, a Tripoli bel suo d’amore, con vista sul balcone da cui si affacciavano i fascistissimi maresciallo Graziani e Italo Balbo. Giusta fierezza, anche se quell’ingrato di Obama indicando qualche giorno fa la campagna Nato di Libia come «il modello» per le prossime liberazioni da effettuare contro i cattivi, ha citato fra i liberatori persino Norvegia e Danimarca dimenticandosi dell’Italia. Errore.
Secondo i dati diffusi ieri da Analisidifesa, portale di politica e analisi militare, in questi mesi di guerra l’apporto degli aerei italiani è stato «determinante»: «2100 sortite» e «oltre 800 tra bombe e missili sganciati» dai caccia italiani che «hanno individuato più di 1500 obiettivi distruggendone oltre 500», per cui, tutto considerato, addirittura «l’80% delle missioni aeree alleate sulla Libia è stato lanciato da basi o navi italiane», un contributo che «vale quasi il 10% dello sforzo militare alleato» (oltre a un costo in sole armi impiegate «di circa 60 milioni di euro», ma per le guerre, perdon, per le «missioni di pace» italiane i soldi ci sono sempre).
Il dopo-guerra sarà lungo (e complicato), per la guerra ancora un po’ di pazienza. A Sirte «l’offensiva finale» cominciata venerdì degli insorti (con partecipazione Nato) procede a rilento per via della «feroce» resistenza (parole di Abdel Jalil) opposta all’avanzata verso il centro della città dai lealisti gheddafiani e dagli immancabili «mercenari» nero-africani (in questo caso indicati come «mauritani) che sarebbero asseragliati nell’area dell’università e nel centro di convenzioni Ouagadougou, dove Gheddafi – che aveva fatto della natia Sirte la «seconda capitale» – era solito ricevere leader e dignitari stranieri (anche Berlusconi ci è passato, nel marzo 2009, fra abbracci e salamelecchi vari alla «Guida»). L’inviato della Bbc scrive che le forze pro-Gheddafi oppongono «una straorinaria resistenza in difesa di quella che sembra una causa persa». Sembra ed è.
Fra i due fuochi decine di migliaia di civili intrappolati, senza acqua, cibo, elettricità, medicine; e migliaia che sono riusciti a fuggire da quell’inferno. Civili che secondo il «ministro dell’informazione» del Cnt, Mahmoud Shamman, sono tenuti «in ostaggio» dai gheddafiani ma che in ogni caso finiscono sotto il fuoco dei mortai e dei razzi che, scrive al-Jazeera, stanno piovendo sulla città sparati «dalle centinaia di veicoli adibiti a lanciarazzi».
Una situazione che rende patetico il rituale e tardivo appello lanciato dall’inviato speciale dell’Onu, Ian Martin, agli insorti e ai gheddafiani di «rispettare i diritti umani». Come sempre, diritti umani a geometria variabile.

da “il manifesto” del 9 ottobre 2011
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Le ultime notizie secondo l’Ansa

Forze del Cnt libico con almeno 100 veicoli sui quali sono montate armi pesanti, hanno lanciato l’assalto alla parte meridionale di Sirte, tragli ultimi bastioni fedeli a Muammar Gheddafi. Lo afferma un giornalista della Reuters sul posto.

I combattenti avanzano gridando ‘Allahu Akbar’, ‘Dio e’grande’. Secondo la fonte questa è solo una delle offensive in corso da più parti su Sirte.I combattenti anti-Gheddafi hanno preso il controllo di un’importante arteria stradale d’accesso a Sirte mentre sparatorie infuriano ancora nel centrodella città, roccaforte delle forze lealiste al vecchio regime.

Arrivati da est, i militanti del Consiglio Nazionale di Transizione sono riusciti a impossessarsi di questa lunga strada a due corsie, che controlla l’accesso da sud a Sirte, e stanno progressivamente avanzando verso il centro

.”Le ultime battaglie sono sempre le peggiori e le più terribili: oggi la lotta a Sirte è feroce”. Lo ha detto il presidente del Consiglio nazionale ditransizione libico, Mustafà Abdel Jalil, nel corso di una conferenza stampa a Tripoli insieme ai ministri della Difesa italiano e inglese, Ignazio La Russa e Liam Fox. Ieri, ha sottolineato, “ci sono stati 15 morti e 180 feriti”.

“I nostri combattenti – ha spiegato Jalil – devono affrontare i cecchini appostati sui palazzi della città. Chiedo alla comunità internazionale diaiutarci offrendo cure mediche ai nostri feriti, coprendo le spese con i fondi congelati”. Non appena “avremo preso il controllo di Sirte – ha proseguito il presidente del Cnt – verrà annunciata la liberazione della Libia. Serve il pieno controllo delle frontiere aeree, marine e terrestri: ciòvelocizzerà la formazione del Governo provvisorio”. Quanto a Gheddafi, ha osservato, “finché sarà libero costituirà un pericolo per la Libia e per il mondo intero”.

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