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Bombardamenti Usa in Siria, dura reazione di Damasco, Mosca e Teheran

Se gli Usa effettueranno raid aerei in Siria senza prima il consenso di Damasco, il governo considererà le intromissioni militari statunitensi sul suo territorio come un ‘attacco diretto’. Non si è fatta attendere ieri pomeriggio la reazione alle parole del presidente statunitense Obama, che in procinto di andare in Arabia Saudita per mettere su la sua ‘coalizione internazionale contro il terrorismo’ ha affermato che Washington si prepara a intensificare i bombardamenti in Iraq e a iniziarli anche in Siria. Teoricamente il target è l’Isis ma appare evidente a tutti che il Pentagono potrebbe approfittare della situazione per tentare di buttare giù il governo di Assad.

Anche il governo russo ha reagito duramente all’annuncio di Obama: per Mosca un eventuale attacco Usa alla Siria, senza l’ok del Consiglio di Sicurezza dell’Onu, rappresenterebbe “un’aggressione” e “una flagrante violazione” del diritto internazionale, ha detto Aleksandr Lukasehvich, portavoce del ministro degli Esteri Sergej Lavrov.
La reazione di Teheran agli annunci della Casa Bianca lascia presagire anche un allentamento della recente collaborazione con Washington in Iraq contro le milizie jihadiste. “Nutriamo incertezze sulla cosiddetta coalizione internazionale, annunciata dopo il vertice Nato” ha detto il Ministro degli Affari Esteri iraniano, Marzieh Afkhan, all’agenzia di stampa ‘Irna’. “Ci si interroga sulla serietà e sulla sincerità di coloro che vogliono estirpare le vere cause del terrorismo” ha aggiunto accusando alcuni paesi della coalizione “di aver fornito sostegno finanziario ai jihadisti in Iraq e in Siria, perché speravano di costringere a cambiamenti politici che fossero più vicini ai loro interessi”.
Intanto la coalizione messa su da Washington sembra meno compatta e numerosa di quanto non apparisse in un primo tempo. La Turchia non parteciperà alle operazioni armate in Iraq e Siria, ha fatto sapere il governo di Ankara. “La Turchia non parteciperà ad alcuna operazione armata ma si concentrerà interamente sulle attività umanitarie” ha precisato la fonte che ha voluto conservare l’anonimato. Ma Ankara potrebbe comunque autorizzare l’uso della sua base militare di Incirlik, nel sud del Paese, anche se solamento per operazioni di natura puramente logistica. “La Turchia non sarà coinvolta in alcuna operazione di combattimento e non fornirà alcuna arma” ha detto la fonte.
Da parte sua la Gran Bretagna ha fatto sapere che non parteciperà alle operazioni aeree in territorio siriano mentre i suoi caccia e le sue forze speciali sono già attive nel nord dell’Iraq: lo ha dichiarato il ministro degli Esteri britannico, Philip Hammond. 
Intanto secondo le stime fornite dalla Cia – che d’altronde di Isis se ne dovrebbe intendere parecchio viste le frequentazioni – i miliziani arruolati nelle bande jihadiste che spadroneggiano in Iraq e in Siria sarebbero ormai tra i 20 e i 30 mila, di cui 10-15 mila stranieri, provenienti da decine di paesi diversi, Europa e Stati Uniti compresi. L’intelligence statunitense attribuisce l’incremento delle ultime settimane a «un reclutamento più intenso dal mese di giugno scorso, dopo le vittorie ottenute sul terreno e la proclamazione del califfato».  

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