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Ucraina. La ‘rivolta’ dei battaglioni neonazisti

Il regime ucraino nato dalla spallata di piazza – Maidan – trasformatosi in golpe violento, fatica sempre di più a controllare i suoi cani. La situazione economica peggiora di giorno in giorno e il paese è ostaggio dei rappresentanti della Nato e delle istituzioni finanziarie internazionali che hanno commissariato il governo e l’amministrazione statale con decine di loro rappresentanti diretti. E anche sul fronte militare, proprio mentre si fa più fondata la sensazione che l’estate porterà un riesplodere dei combattimenti su larga scala sul fronte orientale, le cose finora sono andate malissimo per i ‘nazionalisti’, che hanno dovuto incassare ripetute sconfitte militari e un numero impressionante di diserzioni e defezioni dalle forze armate, anche in quelle regioni occidentali dell’Ucraina tradizionalmente più fedeli all’ideologia banderista che anima i nuovi padroni di Kiev.
Più la situazione macera, più il presidente Petro Poroshenko e il premier Arseni Yatseniuk (alleati e competitori, il primo più vicino all’Unione Europea e il secondo legato a doppio filo alla Nato e a Washington) devono fare i conti anche con le schegge impazzite prodotte dal golpe, in particolare con i battaglioni di volontari appartenenti all’area ultranazionalista e spesso di ideologia neonazista, in molti casi impossibili da tenere al guinzaglio. I battaglioni punitivi sono stati assai utili per seminare il terrore nelle regioni orientali e per sostituire spesso un esercito regolare che ha scarsa motivazione a portare avanti un conflitto contro le milizie popolari del Donbass animate invece da una determinazione che deriva in buona parte dal fatto di dover difendere le proprie case e le proprie comunità proprio dalle razzie e dai bombardamenti di Kiev.
Ma i battaglioni di volontari – integrati o meno che siano nella Guardia Nazionale poco cambia – continuano a rappresentare un elemento di instabilità con cui il governo fatica a fare i conti. Per loro costituzione – in molti casi i miliziani provengono da partiti e gruppuscoli di estrema destra, spesso anche dall’estero (Russia compresa), quando non sono stati reclutati nelle prigioni del paese in cambio di un cospicuo sconto di pena – i battaglioni sono poco inclini a rispettare la gerarchia e la catena di comando. E spesso sono animati da una ricerca della gloria o del bottino che poco hanno a che vedere con i piani dei generali di Kiev. Per non parlare del fatto che molti dei battaglioni in questione sono stati creati, finanziati e manovrati dagli oligarchi il cui interesse è quello di aumentare il proprio potere – politico ed economico – a scapito proprio del governo centrale e dei propri competitori. 
Il problema è tra l’altro, che molti dei battaglioni in questione hanno avuto la lungimiranza di mandare dei propri rappresentanti in parlamento, in alcuni casi facendoli eleggere in partiti apertamente di estrema destra come Settore Destro, ma più spesso infilandoli nelle liste dei partiti ‘rispettabili’ del regime. E così la pattuglia parlamentare legata all’estrema destra combattente gode di una certa consistenza e di un certo potere di ricatto nei confronti di un governo che deve fare continuamente i conti con la rissosità delle formazioni che compongono la maggioranza.
Dopo aver negato a lungo che la presenza di elementi neonazisti e ultranazionalisti all’interno del regime e delle forze militari di Kiev fosse consistente e preoccupante, nelle ultime settimane anche alcune agenzie di stampa e media italiani hanno dovuto cominciare a correggere il tiro. D’altronde ormai l’entità del pericolo nero in Ucraina – un pericolo anche per gli apprendisti stregoni dell’Unione Europea che probabilmente dopo avere usato l’estrema destra fascista e nazista contro il precedente regime pensavano di poterla mandare in soffitta senza particolari problemi – è davvero sotto gli occhi di tutti. A Kiev il tandem alla guida del regime fatica non poco a tenere sotto controllo gli alleati più radicali, sia al governo che in parlamento, e soprattutto al fronte. Non tutti i gruppi che combattono più o meno autonomamente contro le popolazioni del Donbass sono stati assorbiti nell’esercito e nella Guardia nazionale, entrando spesso in contraddizione con le gerarchie militari che fanno capo da un lato al ministro della Difesa Stepan Poltorak e dall’altro a quello degli Interni Arseni Avakov.
A dare i maggiori grattacapi al regime sono stati fin dall’inizio di quella che ancora oggi viene definita una “operazione antiterrorismo” (Ato) gli estremisti di destra di Pravy Sektor, integrati nei battaglioni Aidar, Azov, Dnipro e altri minori. Ultimamente il governo ha cercato di lanciare un segnale colpendo una compagnia minore riconducibile alla galassia neonazista, quando ha fatto arrestare Ruslan Onyshchenko e altri 7 membri della famigerata ‘unità Tornado’, responsabile di stupri, omicidi, saccheggi e torture. In manette è finito anche Andrei Medvedko, membro del battaglione Kiev 2, candidato alle ultime elezioni per il partito di governo Svoboda (quello che fino a qualche anno fa si chiamava Partito Nazionale Socialista) e accusato di essere coinvolto nell’omicidio del giornalista Oles Buzina, avvenuto lo scorso aprile, al quale avrebbe partecipato anche Denis Polishchuk, legato invece a Pravy Sektor. 
Recentemente Avakov è stato protagonista di un duello a distanza con Dmitri Yarosh, leader di Pravy Sektor e deputato alla Rada, proprio sul ruolo dei battaglioni dell’estrema destra ultranazionalista e fascista che rifiutano di integrarsi pienamente nella Guardia nazionale o nell’Esercito. E non certo perché Avakov sia un ‘democratico’ intimorito dagli eccessi ideologici e criminali dei miliziani, ma perché l’autonomia dei battaglioni punitivi costituisce una minaccia alla stabilità dello stesso regime che li ha scatenati contro il Donbass e le popolazioni delle altre regioni orientali dell’Ucraina che si oppongono alla deriva sciovinista ed etnicista della Giunta di Kiev.
Dopo le minacce di scioglimento e le voci della formazione di un comando parallelo dei battaglioni a Dnepropetrovsk con la benedizione dell’oligarca Igor Kolomoisky, il compromesso è stato raggiunto con il mantenimento di una certa autonomia per Pravy Sektor e Yarosh è stato nominato consigliere del ministero della Difesa. Il che non ha impedito al leader dell’estrema destra di ordinare a un drappello dei suoi squadristi, due settimane fa, di assalire i partecipanti al Gay Pride di Kiev, scontrandosi con gli agenti di polizia in assetto antisommossa che lo stesso Arseni Avakov aveva inviato a protezione della piccola marcia per accreditarsi agli occhi dei propri sponsor occidentali. E’ finita con duri scontri tra polizia e fascisti e con numerosi arresti, ma Yarosh è rimasto al suo posto.
Le pressioni contro il regime ucraino affinché si disfi degli elementi più impresentabili provengono ormai da più parti, anche da quei paesi occidentali che finora hanno chiuso non uno ma tutti e due gli occhi. Un ruolo ce l’hanno sicuramente avuto, in Europa, i tardivi ma influenti rapporti di Amnesty International e di Human Rights Watch, che hanno accusato soprattutto i battaglioni punitivi di continue e pesanti violazioni dei diritti umani, omicidi e torture. Nel suo ultimo rapporto diffuso alla fine di maggio Amnesty International – che come al solito cerca una legittimazione bipartisan accusando, seppur in misura minore, anche le milizie del Donbass – ha chiamato in causa soprattutto le milizie che fanno riferimento a Pravy Sektor e già lo scorso anno aveva puntato il dito contro il battaglione Azov e Oleg Lyashko, uno dei suoi “fondatori”, arrivato poi parlamento con il suo Partito radicale, ora alleato nel governo con le formazioni di Poroshenko (il Blocco Presidenziale) e Yatseniuk (Fronte Popolare). Il battaglione, che raggruppa esponenti di altri gruppi minoritari della destra estrema come i Patrioti Ucraini e l’Assemblea socialnazionale, è diventato troppo ingombrante pure a Washington, a tal punto che il Congresso statunitense ne ha rifiutato qualche giorno fa il (ri)finanziamento.
Sembrano davvero lontani i tempi – eppure accadeva solo pochi mesi fa – in cui i grandi media internazionali – Repubblica, Corriere e Rainews 24 compresi – dedicavano non poco spazio allo struggente saluto alle proprie fidanzate da parte dei valorosi combattenti del Battaglione Azov in partenza per il fronte…

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