Menu

Portogallo. Niente “governo delle sinistre”, governeranno i figli di Troika

L’Italia attuale fa schifo, soprattutto dal punto di vista istituzionale e costituzionale (il disastro sociale interessa pochi, noi tra quelli). Ma non siamo soli, grazie alla luminosa civiltà politica che promana dall’Unione Europea.

In questi giorni il Portogallo, andato al voto tre settimane fa facendo perdere la maggioranza assoluta alla coalizione di destra “Portogallo Avanti”, si trova in una situazione davvero originale.
Anibal Cavaco Silva, presidente della Repubblica, si è infatti rifiutato di affidare al leader del Partito Socialista il compito di formare un governo, anche se si era assicurata la maggioranza assoluta nel parlamento portoghese grazie ad un accordo con i comunisti e la sinistra radicale europeista ma critica nei confronti dell’austerity. 
In Italia silenzio assoluto. Non così in Inghilterra, dove l’amore per l’Unione Europea è sempre stato molto fiacco e ancora peggio sta andando dopo oltre otto anni di crisi (anche inglese) senza una soluzione in vista. Un articolo del Telegraph, che non è affatto un quotidiano di sinistra, lancia invece l’allarme: L’Eurozona passa il Rubicone escludendo dal potere la sinistra anti-euro”. Registrando che incombe una crisi costituzionale, dopo che alle sinistre – alcune delle quali, i comunisti, mettono in discussione l’Ue e l’Euro mentre altre, i socialisti, si sono impegnate a rispettare “gli impegni presi con i creditori”, cioè l’austerità – è stata negata la prerogativa tutta parlamentare di formare un governo.

Non è un dettaglio, in regime democratico-parlamentare: se prendi più voti alle elezioni hai quel diritto. Puoi riuscirci o fallire, ma hai il diritto di provarci. Se invece ti viene vietata la democrazia è praticamente finita.
E invece no. Il presidente Cavaco Silva, di destra, ma soprattutto fedele esecutore dei diktat della Troika ha dato il compito di formare il governo a una coalizione di minoranza, ossia senza i voti indispensabili in parlamento. La speranza è che un pezzo, il più reazionario, della pattuglia parlamentare del Partito Socialista voti l’ennesimo bilancio lacime e sangue della destra, se proprio non si può formare una più tranquillizzante – per i poteri forti – e duratura “grande coalizione”.
Il cronista Ambrose Evans-Pritchard registra che “Per la prima volta dalla creazione dell’unione monetaria europea, uno Stato membro ha compiuto il passo esplicito di vietare partiti euroscettici di assumere l’incarico per motivi di interesse nazionale”. Quesito politicamente interessante: chi decide quale sia l’“interesse nazionale” se non la maggioranza uscita dalle elezioni?
Per Cavaco Silva e la Troika la risposta è chiara: solo i conservatori (o comunque i servi) possono governare un paese dell’eurozona, perché la priorità è “soddisfare Bruxelles e placare i mercati finanziari esteri”. La popolazione pensi ad altro (calcio, gossip, lotto, ecc), ma non si azzardi a interferire.

Insomma “La democrazia deve passare in secondo piano davanti al più alto imperativo delle regole e l’adesione all’euro”. Certo, per un inglese è più semplice scriverlo. Però fa effetto, vero?

La motivazione di Cavaco Silva risulta sconcertante per qualsiasi liberal-liberista anglossassone affezionato a certe antiche consuetudini. “In 40 anni di democrazia, nessun governo in Portogallo è mai dipeso dal sostegno delle forze anti-europee, vale a dire forze che hanno fatto campagna per abrogare il trattato di Lisbona, il Fiscal Compact, il patto di crescita e stabilità, oltre a smontare l’unione monetaria e portare il Portogallo fuori dall’euro, e pretendere oltretutto lo scioglimento della NATO”. Naturalmente il riferimento è alla coalizione tra comunisti e verdi, la CDU, che proclama apertamente la necessità di mettere in discussione la permanenza del Portogallo all’interno dell’Eurozona e anche dell’Unione Europea, per recuperare sovranità e possibilità di combattere la crisi con ricette efficaci e che non mandino milioni di lavoratori e pensionati in rovina. O non li costringano ad emigrare non solo nei paesi del nord, come avvenuto negli ultimi anni, ma addirittura nelle vecchie colonie, Brasile e Angola in testa.

In realtà la situazione è molto diversa. Come ricorda Rui Tavares, un eurodeputato verde, Cavaco Silva “Sta dicendo che non permetterà mai che la formazione di un governo che contiene gente di sinistra e comunisti”, pur sapendo che i comunisti e il Blocco di sinistra hanno convenuto di abbandonare le loro richieste di uscita dall’euro e dalla Nato, nonché alla nazionalizzazione delle leve fondamentali dell’economia. Tutto in nome della cacciata della destra dal potere, ritenuta una priorità non rinviabile (quello che è accaduto in Grecia con il voltafaccia di Syriza non ha insegnato proprio nulla?).

Il discorso del presidente sembra quello che Napolitano deve aver fatto ogni giorno ai suoi interlocutori, senza però mai consegnarlo – come fa Cavaco Silva – alle telecamere. “Questo è il momento peggiore per un cambiamento radicale dei fondamenti della nostra democrazia”. In realtà sta facendo esattamente questo, mentre nega il mandato a formare un governo a chi ha vinto le elezioni. Ma “la democrazia”, per lui, non è quella cosa scritta nelle costituzioni dell’occidente e consegnato ai manuali universitari. È un’altra cosa, del tutto differente: l’obbedienza alla Ue e al Fmi.

Dopo aver effettuato un programma oneroso di assistenza finanziaria, che ha comportato pesanti sacrifici, è mio dovere, nei miei poteri costituzionali, fare tutto il possibile per evitare falsi segnali inviati alle istituzioni finanziarie, gli investitori e i mercati“. Il popolo non può capire, si fa attrarre da promesse di miglioramento irrealizzabili, cosa volete che ne sappia…

Ci ha tenuto comunque a precisare che “la grande maggioranza del popolo portoghese non ha votato per i partiti che vogliono un ritorno allo scudo o che sostengono una prova di forza traumatica con Bruxelles”, anche per mettere una foglia di fico davanti al suo golpe. Persino il giornalista britannico è obbligato a ricordargli che – se numericamente il dato è vero, tenendo conto dei voti andati a micropartiti non euroscettici – comunque il popolo si era espresso chiaramente votando “per porre fine ai tagli salariali e all’austerità della Troika.” Con il 50,7%.

Il premier conservatore, Pedro Passos Coelho, dunque, ha ottenuto il primo incarico a formare un governo, ma la sua coalizione di destra nel suo complesso assicurato solo 38.5% dei voti, perdendo 28 dei seggi che aveva.

Il leader socialista, Antonio Costa, ha reagito con rabbia (anche perché le correnti di destra del suo partito ne approfitteranno per fargli le scarpe al prossimo congresso, approfittando del proprio non esaltante risultato elettorale): “E ‘inaccettabile di usurpare la competenza esclusiva del parlamento. I socialisti non si prendere lezioni da professore Cavaco Silva sulla difesa della nostra democrazia”.

Secondo la Costituzione portoghese, non ci possono essere nuove elezioni fino alla seconda metà del prossimo anno visto che il paese è all’interno del cosiddetto ‘semestre bianco’ in attesa dell’elezione del prossimo presidente della Repubblica. Si rischia dunque quasi un anno di paralisi, che non risolverà il problema del conflitto con Bruxelles (è facilmente immaginabile che un governo di minoranza sarà sottoposto a un duro scontro sociale) e tantomeno quello con “i mercati”.

Il Portogallo non è al momento più sotto il controllo diretto della Troika, quindi non rischia una crisi di finanziamenti a breve termine, avendo riserve di liquidità superiori a 8 miliardi. Ma già ora il FMI considera il paese come “altamente vulnerabile” se non riuscirà a mantenere il programma di “riforme”, attualmente considerato in “fase di stallo”.
Il debito pubblico è 127p% del PIL e il debito totale (sommando quello pubblico e quello privato) è al 370%, peggio che in Grecia. Le sole passività nette con l’estero assommano a più del 220% del PIL.

Ricorda dunque Evans-Pritchard: “I socialisti europei dono si fronte a un dilemma. Stanno finalmente accorgendosi della verità sgradevole – l’unione monetaria è un autoritario progetto di destra, che ha infilato il suo guinzaglio alla democrazia, ma se agiscono sulla base di questa intuizione in ogni caso rischiano di vedersi impedito l’accesso al governo”.

La conclusione, alla fine, gliela lasciamo volentieri: “Bruxelles ha creato un vero mostro”.

- © Riproduzione possibile DIETRO ESPLICITO CONSENSO della REDAZIONE di CONTROPIANO

Ultima modifica: stampa

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *