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Maxi-emendamento, voto di fiducia e Parlamento in discarica

Ormai è una tradizione: ogni anno, negli ultimi giorni di dicembre, il Parlamento fa finta di discutere un testo contenente la “legge di stabilità”, mentre il governo riceve da Bruxelles indicazioni perentorie su cosa debba contenere. Una volta finito il lavoro di riscrittura, lo stesso governo la presenta come “maxi-emendamento” che sostituisce in toto le vecchie carte, pone la questione di fiducia e le norme decisive per la vita della popolazione nel prossimo anno vengono approvate senza che neppure vengano lette. Figuriamoci discusse o contestate.

E visto che stavolta c’è il “governo del cambiamento” avviene esattamente la stessa scena. Anzi, ancora più evidente, perché si è perso un po’ di tempo nella finzione di una “trattativa” con l’Unione Europea, e quindi si è arrivati al voto parlamentare davvero in extremis.

Non che i governo targati Pd fossero migliori, semplicemente si evitavano la sceneggiata europea – accettando tutto senza discutere – e quindi c’era un po’ di tempo in più per inscenare un “dibattito parlamentare” che si concludeva nello stesso modo: maxi-emendamento e voto di fiducia.

Per capire che nessun parlamentare saprà esattamente cosa vota basta guardare i tempi.

Oggi alle 16 viene presentato il maxi-emendamento e subito l’aula comincerà a “discuterlo”. Se immaginate la scena, c’è da ridere. Ogni parlamentare riceve un elenco telefonico ricco di allegati e tabelle; neanche il tempo di aprirlo e si cominciano gli interventi.

Alle 22 si chiude la “discussione” e si fanno le “dichiarazioni di voto” da parte di ogni gruppo. Alle 23 si vota e a mezzanotte si chiude (hai visto mai che qualche onorevole debba saltare anche solo un giorno di festa per colpa di una quisquilia del genere…). Praticamente c’è più tempo per scrivere il tema di terza media…

Si potrebbero scrivere a questo punto interi libri sulla distruzione del Parlamento, ovvero del potere legislativo. Che, sia detto a futura memoria, è ancora il più importante tra i tre per definire una “democrazia”. Gli altri due, infatti – esecutivo, ossia, il governo, e la magistratura – sono comuni anche alle dittature.

Ma non ci sembra che sia più nessuna forza presente in questo Parlamento a preoccuparsi di questa deriva verso la discarica…

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