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Brexit e Trump accelerano la costituzione dell’Esercito Europeo

Dopo la Brexit, la “inaspettata” vittoria di Donald Trump negli Stati Uniti sembra aver fortemente accelerato dei processi comunque in atto già da un certo tempo. Almeno sul fronte delle alleanze e degli schieramenti militari.

Nel corso del Consiglio degli Affari Esteri dell’Unione Europea in corso a Bruxelles, la Gran Bretagna ha lanciato oggi un esplicito monito ai paesi europei esortandoli da una parte a pagare "la giusta quota" per far funzionare l'Alleanza Atlantica e dall’altro ad abbandonare l'idea di un esercito europeo, che invece sembra velocemente prendere piede all’interno della compagine dalla quale Londra è in procinto di separarsi.

Nel corso della sessione di oggi e di domani – che prevede anche un vertice dei Ministri della Difesa dei paesi aderenti – si discuteranno infatti anche i piani per una difesa comune europea, argomento divenuto di nuovo prioritario dopo la vittoria della Brexit nel referendum britannico e ancor di più alla luce dell’elezione alla presidenza Usa dell’outsider repubblicano che durante la campagna elettorale aveva definito ‘obsoleta’ la Nato lamentando l’eccessivo sforzo economico sostenuto da Washington, tanto da mettere in dubbio l’impegno statunitense nei confronti di quegli aderenti all’Alleanza che “non pagano i loro conti” o “non rispettino gli obblighi nei confronti degli Stati Uniti”. Trump minaccia addirittura di rimettere in discussione l’art.5 del Trattato atlantico, quello che impegna la Nato alla difesa collettiva e all’assistenza militare ai partner coinvolti in un conflitto.

Nel 2015 gli Usa hanno finanziato da soli ben il 72% dell’intera spesa necessaria a sostenere le attività della Nato e solo cinque Paesi su 28 rispettano l’impegno, adottato nel vertice dello scorso anno in Galles, di stanziare almeno il 2% del proprio Prodotto Interno Lordo per foraggiare l’attività dell’Alleanza militare egemonizzata da Washington.
La Gran Bretagna, che da sempre rema contro la costituzione di un esercito europeo, è uno di questi, ha sottolineato nei giorni scorsi il Ministro della Difesa di Londra Michael Fallon, mentre secondo il Telegraph la spesa per la difesa dei paesi europei membri della Nato sarebbe scesa in media dall’1,7 all’1,4% (dato che in realtà non include ingenti spese militari contenute nei bilanci di ministeri diversi da quello della Difesa). Londra accusa in particolare il Belgio, la Repubblica Ceca, l’Italia, il Lussemburgo, la Slovenia e la Spagna di aver dedicato alla guerra, lo scorso anno, meno dell’1% del proprio bilancio.

Una fonte di Whitehall ha riferito al Telegraph che l'elezione di Trump darà maggiore impulso alla volontà britannica di incoraggiare altri Paesi Ue a spendere di più per la Difesa. Perché, ha spiegato, finora gli Stati Uniti si sono incaricati di coprire i buchi di bilancio provocati dal mancato mantenimento degli impegni da parte di alcuni paesi europei, ma se la nuova amministrazione Trump “dice che si devono tirare su le maniche, questo li spingerà a concentrarsi”. “L'altra faccia della medaglia è rappresentata dal fatto che l'Europa allo stesso tempo sta affrontando problemi sempre più grandi a livello di sicurezza. Ci sono problemi più grandi anche rispetto ai tempi della Guerra Fredda" ha affermato una fonte del governo britannico riferendosi allo scontro tra Occidente e Russia.

Insomma Londra rifiuta in maniera energica la prospettiva della costituzione dell’esercito europeo, preoccupata che il progetto le faccia perdere il suo prezioso ruolo di ponte tra le due sponde dell’Atlantico e di potenza militare globale che bene o male ha rappresentato fino ad ora.
Ma è proprio la separazione della Gran Bretagna dall’Unione Europea ad aver convinto Bruxelles ad accelerare i tempi rispetto alla formazione di una forza militare indipendente da Washington, consistente dal punto di visto numerico e degli armamenti in dotazione, ed in grado di agire in tempi rapidi sia all’interno sia all’esterno dei propri confini. E la vittoria del miliardario americano ha ulteriormente convinto l’establishment continentale che è arrivata l’ora di passare all’azione.

Dopo l'elezione di Trump, il presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker ha sostenuto che "gli americani, ai quali dobbiamo tanto, a lungo termine non garantiranno la sicurezza europea. Dobbiamo farlo da soli. Ecco perchè abbiamo bisogno di un nuovo slancio nel campo della difesa europea, con l'obiettivo di creare un esercito europeo". Ovviamente le giustificazioni non mancano: dalla minaccia terroristica in Medio Oriente e sullo stesso suolo europeo alla necessità di controllare le frontiere “assediate” da masse di profughi fino alle tensioni con la Russia.

Alla base del tentativo di accelerare il processo di formazione di una forza militare europea c’è una sorta di road map redatta da Federica Mogherini, Alto Rappresentante per la gli affari esteri e le politiche di sicurezza dell’Unione Europea. Per superare le resistenze dei paesi dell’Europa orientale maggiormente influenzati da Washington e quindi più restii a fare passi in avanti sulla via del distacco della tutela militare degli Usa, il nucleo duro dell’UE intende perseguire la tattica già adottata nella riunione ministeriale di Bratislava di settembre, sfruttando cioè quelle parti dei trattati europei che consentono l’adozione di “cooperazioni strutturate permanenti” tra alcuni membri su alcuni temi, in attesa che gli altri si adeguino.

Da superare ci sono anche le gelosie dei vari apparati militari statali, oltre che la competizione tra le varie potenze militari del continente.
Comunque Federica Mogherini si dice ottimista, e nella primavera prossima si appresta a presentare, su mandato dei governi dell’Ue, alcune proposte concrete che siano alla base del Rapporto annuale coordinato sulla difesa e che abbiano ricadute rapide anche sul fronte della stabilizzazione di un complesso militare-industriale comune che ha già fatto passi da gigante negli ultimi anni. L’obiettivo è aumentare da subito la cooperazione tra le forze militari dei diversi paesi, incrementando ad esempio la formazione e l’impiego dei battlegroups, unità multinazionali di intervento rapido che esistono dal 2007 ma che finora non sono mai stati utilizzati all’estero. E comunque Italia, Francia e Germania hanno già incassato la costituzione di una Guardia di Frontiera Europea alla quale demandare il controllo dei confini dell’Unione Europea, anche a scapito della sovranità dei singoli stati.

E sul fronte economico la prospettiva è quella di allettare i partner recalcitranti con la prospettiva di un’economia di scala europea sul fronte della Difesa, che sta a cuore soprattutto alla Germania, debole sul fronte prettamente militare ma che si propone come perno dell’operazione sul fronte finanziario, mentre il premier francese Valls propone che ogni membro dell’Unione destini al più presto il 2% del proprio Pil per sostenere la difesa europea.

Per ora invece Mogherini – secondo cui “La Nato resta la pietra miliare della nostra difesa collettiva” aggiungendo però che «occuparci della nostra sicurezza è nel nostro interesse e ci rende un partner più affidabile» – ha dovuto rinunciare alla proposta, emersa invece a Bratislava, di creare uno stato maggiore europeo di stanza a Bruxelles, idea che i paesi nell’orbita di Washington avversano frontalmente.

In questo contesto vari circoli politici britannici – in particolare inglesi, dalla premier Theresa May al leader dell’Ukip Nigel Farage – tentano di rimediare al prevedibile isolamento di Londra sulla scena internazionale rivolgendosi proprio alle nuove autorità statunitensi, vedendo nell’elezione di Trump un’occasione per rafforzare i rapporti con gli Usa e perseguendo una riedizione della partnership privilegiata esistente tra gli Usa di Ronald Reagan e la Gran Bretagna di Margareth Tahtcher. Inoltre il ministro degli Esteri britannico, il conservatore Boris Johnson, ha ipotizzato anche la necessità di un mega accordo commerciale con gli Usa dopo la Brexit, un modo anche per tentare di strappare condizioni non troppo dure nella trattativa sul divorzio con Bruxelles.

 

Marco Santopadre

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