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Le psicosi ricorrenti dei “fratelli dei boschi” baltici

Il Ministero della difesa lituano ha diffuso un comunicato, ripreso dalla Tass, secondo cui nel corso del 2016, nonostante l'anno sia stato complessivamente “più tranquillo” rispetto ai due precedenti, per 110 volte le forze aeree Nato con base a Zokniaj, nella contea di Šiauliai, hanno intercettato e “scortato” apparecchi russi che volavano in prossimità delle frontiere di Lituania, Lettonia o Estonia, sopra le acque internazionali del Baltico. Nel 2014 i caccia dell'Alleanza atlantica si erano levati in volo 140 volte e 160 volte nel 2015, mentre nel 2013 (nessun riferimento al golpe in Ucraina del febbraio 2014 e all'allargamento a est della Nato pare casuale) le volte erano state solo 47.

La Tass ricorda come la base aerea di Zokniaj, dal 2004, ospiti quattro apparecchi di paesi Nato, con rotazione ogni 4 mesi. A partire dal 2014, altri 4 aerei militari Nato sono basati in Estonia, a Ämari, una cinquantina di km a sudovest di Tallin. Al momento, a Zokniaj sono dislocati quattro Mirage 2000 francesi, cui il 5 gennaio daranno il cambio quattro F-16 Fighting Falcon olandesi. Ai pattugliamenti a rotazione sul Baltico partecipano, è bene ricordarlo, anche velivoli tricolori. Lo scorso settembre il sito warfiles.ru scriveva di due F-22 “Raptor” statunitensi atterrati alla base di Ämari, sottolineando come, prima di allora, la principale base Nato nel Baltico fosse considerata quella di Zokniaj, nel cui ammodernamento il Pentagono aveva investito alcune decine di milioni di $.

La scelta per la dislocazione di tali nuovissimi caccia, glossava il sito, sembra sia dovuta alla preferenza accordata dai piloti di diversi paesi (statunitensi, spagnoli, polacchi, tedeschi) per la vicinanza di Ämari alla capitale estone, a differenza della base di Zokniaj, lontana dai 150 ai 200 km dalle tre principali città lituane: Vilnius, Kaunas e Klaipėda.

Lo scorso ottobre, poi, aveva fatto scalo, prima a Ämari e poi a Zokniaj, anche un E-3A “Awacs” della Nato (di base a Geilenkirchen, un'ottantina di km a ovest di Colonia) che, in collaborazione con i reparti contraerei di Lituania, Estonia e Lettonia e a detta dei rispettivi Ministeri della difesa, costituisce parte del “sistema integrato di difesa”, aereo e missilistico, dell'Alleanza atlantica, a “garanzia dell'indipendenza dello spazio aereo del Baltico”. Dalla primavera 2014, lo E-3A ha effettuato oltre mille voli operativi, per garantire “la sicurezza delle frontiere orientali della Nato”.

Una garanzia che l'Alleanza atlantica intende allargare, nonostante che il segretario generale, Jens Stoltenberg, bontà sua, abbia dichiarato alla tedesca Bild che Russia e Stato Islamico “sono due cose estremamente diverse”, che “è importante mantenere il dialogo” con la Russia e che Mosca non rappresenta “una minaccia diretta per i partner dell'Alleanza”.

E nonostante ciò, il cosiddetto “anello Anaconda” continua a circondare le frontiere russe da nord a sud, con esercitazioni militari che si susseguono senza soluzione di continuità, voli e pattugliamenti navali, la dislocazione di uomini e postazioni missilistiche, come stabilito ufficialmente dal vertice Nato di Varsavia del luglio scorso: brigate e flottiglie plurinazionali in Romania e nel mar Nero, approntamento di una forza di pronto intervento di 40mila uomini, sistemi “Aegis” in Polonia e Romania, dislocamento permanente di 1.000 uomini ciascuno nei Paesi baltici (l'Italia parteciperà alla missione lettone), fino a 10.000 in Polonia, 1.500 rispettivamente in Romania e Bulgaria e, per la prima volta dalla fine della guerra, anche in Norvegia arriveranno truppe straniere, costituite da alcune centinaia di marines USA. E se al sud la Georgia è ormai da tempo un partner fidato dell'Alleanza, al nord si fanno sempre più insistenti le lusinghe a Svezia e Finlandia.

Ma, pur con tali schieramenti, i baltici non si sentono sicuri. E paiono non bastare a rincuorarli nemmeno le ricorrenti visite del falco yankee John McCain che, prima di recarsi in visita in Ucraina e poi in Georgia e Montenegro, insieme ai senatori Lindsey Graham (repubblicano) e Amy Klobuchar (democratica), aveva fatto tappa in Estonia, Lituania e Lettonia, a ribadire che, nonostante le mezze parole di Donald Trump sul possibile “alleggerimento” USA dagli oneri Nato, i repubblicani americani stanno con loro, contro la “minaccia russa” e a confermare la dipendenza di tali paesi dalle scelte Nato. Scelte che, a dispetto della forte crisi economica che li attanaglia, spinge i Paesi baltici a obbedire prontamente alla direttiva Nato di spendere nella “difesa” il 2% del PIL e partecipare alle missioni estere dell'Alleanza.

E, per sentirsi più sicura, anche la Lituania, sull'esempio dell'Estonia, addestra propri volontari alla “guerra partigiana” contro un eventuale attacco e occupazione del paese da parte del potente vicino orientale. I volontari, che nei fine settimana, come hanno dichiarato al corrispondente del The Times, si addestrano a contrastare uno “scenario tipo Crimea”, sembrano voler riportare in auge le gesta dei cosiddetti “fratelli dei boschi”, attivi dalla fine della guerra fino a buona parte degli anni ’50 un po' in tutti e tre i Paesi baltici, composti per lo più di ex legionari locali delle Waffen SS e responsabili dell’uccisione di alcune migliaia di civili sovietici.

Se in Estonia, la cifra di tali guerrieri sembra superare le venticinquemila unità, in Lituania ci si accontenta di 4.500 adulti e 6.000 giovani. In compenso, oltre alla reintroduzione del servizio militare (come in Estonia; la Lettonia si appresta a seguirne le orme) si pubblicano a ripetizione opuscoli con le “istruzioni per l'uso” della ricognizione contro il nemico: ricognizione assolutamente boschiva. Non solo: con l'orecchio e l'occhio sempre vigili, non si lascia passare il minimo segnale di “propaganda russa”: alla vigilia delle festività, la campana a martello è stata suonata dalla rivista Lietuvos rytas, scandalizzata per la vendita, nel negozio di libri russi “Knygų pasaulis”, a Vilnius, di giocattoli raffiguranti soldati e mezzi militari sovietici e russi. Immediata la sollecitazione alla massima vigilanza da parte del presidente della Commissione sicurezza e difesa del Sejm lituano, Arvydas Anušauskas, che dal 2011, in qualità di storico, si occupa della pubblicazione dell'archivio dell'ex KGB lituano: "Con tali giocattoli si vuol inculcare nei giovani, fin dalla più tenera età, una visione distorta della sciovinistica aggressività russa”. Parola di storico; dei soldatini in miniatura.

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